Salvatore Incardona nasce a Vittoria, in provincia di Ragusa.
Dopo la maturità, si forma accademicamente presso l'Università di Pisa. Vi consegue dapprima la laurea in Lettere moderne, con una tesi – L'erotismo comico-grottesco nei romanzi di Kafka – che prefigura già i suoi futuri studi in ambito germanistico.
Sotto la guida prima di Luciano Zagari e poi di Luca Crescenzi, intraprende un percorso di specializzazione in letteratura tedesca e filologia moderna, studiando in parallelo presso l'Università di Augsburg, in Germania, e quella di Pisa; la tesi che discute alla fine di questo percorso – Figurazioni e trasfigurazioni della finis Austriae nel romanzo Die Andere Seite di Alfred Kubin – gli permette di entrare in contatto con numerose personalità della germanistica e della cultura universitaria in generale.
All'interno dell'ateneo pisano, ancora sotto la guida del prof. Crescenzi, consegue infine il dottorato di ricerca in Letterature europee moderne, percorso germanistico, ma con una tesi di stampo prettamente comparatistico dal titolo Il rapporto fra mistica e scienza nella cultura del Novecento.
La sua carriera post-universitaria inizia all'interno di alcuni periodici di filosofia e critica letteraria (Studi Germanici, Ctonia), come pubblicista per la rivista Tratti, e in seguito, in qualità di consulente e curatore, per numerose case editrici (fra cui ArteStampa e Carocci). Per quest'ultima cura e traduce Bildantropologie (Antropologia delle immagini) il conclusivo e più importante saggio del tedesco Hans Belting.
Negli anni successivi, trasferitosi a Bologna, firma numerosi articoli per il Wall Street International Magazine (in seguito Meer), partecipando attivamente alla nascita e al lancio della testata. All'interno di questo spazio informativo, i suoi articoli hanno via via abbracciato numerosi campi, dalle letterature alla critica d'arte, dalla fotografia alle arti visuali, spesso in un quadro d'insieme che, tendente all'abbattimento delle barriere degli studi specialistici, ha cercato e cerca tuttora di mettere in luce l'imprescindibile interscambio culturale fra i vari media entro cui si articolano il pensiero e l'arte.
Parallelamente a queste attività, traduce alcuni testi di André Malraux e collabora a tutte le ultime pubblicazioni di Gianni Salvaterra.
Trasferitosi nella città di Imola, è poi attivo sia come insegnante di lingua tedesca, presso una privata associazione, che in qualità di docente di scrittura.
Rientrato in Sicilia, nella sua città natale, intraprende la carriera di insegnante di tedesco e di lettere, lavorando nel frattempo come direttore artistico presso l'associazione culturale Démodé. Qui, affiancato da alcuni collaboratori, promuove numerose attività, fra cui concerti di artisti nazionali e internazionali, mostre pittoriche e fotografiche, presentazioni di libri, giornate di studio, conferenze, reading poetici, e, in occasione del ventesimo anniversario della morte di Gesualdo Bufalino, una settimana di incontri e manifestazioni dove sono presenti la Fondazione Culturale intitolata allo scrittore siciliano e alcuni fra studiosi e artisti.
Di fianco alla passione per gli studi umanistici, si segnalano anche quelle per la musica e per la fotografia, principalmente analogica. Il suo percorso musicale comincia con lo studio del basso elettrico, in ambito prettamente rock, ma nel tempo si allarga sia in direzione di altri strumenti – soprattutto chitarra, sintetizzatori e sax tenore – che verso altri linguaggi, come il jazz e il minimalismo.
In tal senso, è attivo all'interno di numerosi progetti musicali che spaziano dall'ambient al post-rock, con uno spiccato interesse per la composizione, fra cui si ricorda la colonna sonora originale del documentario Shyphozoa (Life in the Depths).
In ambito fotografico, si definisce un solitario e un appartato, preferendo lasciare questa disciplina all'intimità del suo sguardo e a quello di pochissimi altri accoliti. Il mezzo in questione, tuttavia, fuoriesce occasionalmente dalla sua turris eburnea per fare capolino altrove.
E se ogni biografia è anche una confessione, bisogna dichiarare infine che l'autore in oggetto è pure un bibliomane incallito e impenitente, e che, pertanto, la torre d'avorio appena menzionata è altresì una biblioteca sotto i cui gremiti e pesantissimi scaffali egli rischia giornalmente di restare intrappolato.