Oggi, e non per la prima volta, la musica si integra con altre forme di pensiero rendendo necessaria una conoscenza omnicomprensiva del mondo. In una visione di questo tipo i vari aspetti del processo musicale vengono presentati e messi in relazione tra loro e tra le cose che sono al di fuori di loro.
(Walter Branchi, Verso l'uno)
A chi non conoscesse ancora Giacinto Scelsi, basterebbe un rapido sguardo ai titoli di alcune sue composizioni per sospettarne ipso facto una certa familiarità con materie apparentemente lontane dalla musica quali l'antropologia, le religioni o l'esoterismo. La nascita del Verbo, Uaxuctum oppure Hurqualia, giusto per citare alcuni esempi, testimoniano infatti un chiaro interesse per linguaggi provenienti da ambiti disciplinari diversi e da culture distanti sia nel tempo che nello spazio. Ma la mistica giudaico-cristiana, come nel primo caso, o la cultura dei Maya e quella sanscrita come negli altri due, furono soltanto alcuni tra i settori d'indagine di questo compositore eccentrico e sfuggente alle classificazioni, «intriso di pensiero orientale, refrattario al successo e pudico fino all'invisibilità» [1].
Una frase contenuta nell'autobiografia Il sogno 101 – originariamente registrata nel 1973 su nastro magnetico, ma con l’esplicita indicazione che fosse pubblicata almeno quindici anni dopo la sua scomparsa – ne chiarisce più di ogni altra le inclinazioni e certe attitudini artistiche: «Vivo a Roma in una casa situata di fronte al Palatino la quale poggia esattamente su un'ideale linea di demarcazione tra Oriente e Occidente, e questo – per chi intende – spiega la mia vita e la mia musica».
Giacinto Francesco Maria Scelsi nacque a La Spezia nel 1905. Il padre Guido era tenente di vascello, proveniente da una famiglia di origine siciliana che aveva giocato un certo ruolo nelle vicende dell'Unità d'Italia; la madre, Donna Giovanna d'Ayala Valva, era originaria invece di Taranto, ma risiedeva abitualmente nel castello di Valva, in Irpinia. Fu in quest'ambiente elitario e appartato che il piccolo Giacinto, con la sorella Isabella, trascorse gran parte dell'infanzia e ricevette le prime basi di un'istruzione d'altri tempi, divisa fra gli insegnamenti di un precettore e quelli di un maestro di scherma. In seguito, il ragazzo non ebbe modo di frequentare scuole superiori e studi musicali regolari, limitandosi, per quanto riguarda quest'ultimo aspetto, alla sola improvvisazione sul vecchio pianoforte di casa.
Quando poi la famiglia si stabilì a Roma, le inclinazioni musicali di Scelsi furono invece assecondate da Giacinto Sallustio, un vecchio allievo di Ottorino Respighi. Negli anni Venti, incominciò a frequentare anche il mondo artistico e letterario, e a tale periodo risale l'inizio dell'amicizia con Jean Cocteau, Norman Douglas e Virginia Woolf, che lo introdurranno ai movimenti culturali internazionali dell'epoca. Furono numerosi anche i soggiorni all'estero, specialmente in Francia e in Svizzera, e fondamentale risultò il viaggio compiuto nel 1927 in Egitto, dove ebbe modo di entrare in contatto per la prima volta con musiche di concezione non europea.
La prima composizione di Scelsi fu Chemin du coeur, del 1929. Il 20 dicembre 1931, in prima assoluta alla Salle Pleyel di Parigi e sotto la direzione di Pierre Monteux, venne eseguita Rotativa, l'opera che lo rivelerà al mondo musicale internazionale. Negli anni Trenta si alternarono per Scelsi frequenti viaggi all'estero e un'intensa attività creativa. Nel 1937 organizzò a sue spese quattro concerti di musica contemporanea presso la Sala Capizucchi di Roma, facendo eseguire opere di giovani compositori italiani e moltissimi stranieri, fra i quali Meyerowitz, Hindemith, Schönberg, Šostakovič, Prokof'ev e Janáček, allora quasi del tutto sconosciuti in Italia.
Ma eventi di questo tipo ebbero tuttavia breve durata, giacché l'entrata in vigore delle leggi razziali ostacolò la diffusione di opere di autori ebrei e costrinse Scelsi a un graduale allontanamento dall'Italia. A questo periodo risalgono i suoi interessi per altri linguaggi e tecniche compositive, come la dodecafonia, della quale ebbe i primi rudimenti da un allievo di Schönberg, il viennese Walter Klein, o le teorie di Alexandr Scrjabin, alle quali fu introdotto dall'amico Egon Köler, che lo ebbe in cura per un certo periodo e che pare lo abbia iniziato alla cromoterapia.
All'entrata dell'Italia in guerra, nel 1940, il musicista si trovava in Svizzera, e lì rimase durante tutti gli anni del conflitto. Nonostante le ovvie difficoltà storiche, Scelsi continuò un'intensa attività culturale, sia poetica che compositiva, e iniziò un lavoro di tipo teorico fondamentale per gli sviluppi futuri della propria musica. Durante questo forzato soggiorno in Svizzera, vi furono esecuzioni di sue opere, come il Trio per archi, eseguito nel 1942 e diretto da Edmond Appia, e varie altre opere per pianoforte eseguite da Nikita Magaloff.
Alla fine del secondo conflitto mondiale Scelsi ritornò in Italia, stabilendosi a Roma. Dalla Svizzera era tornato con un pesante bagaglio di problemi e una profonda crisi psichica, ma nulla gli impedì di portare a compimento alcuni lavori già precedentemente iniziati: il Quartetto per archi, eseguito a Parigi nel 1949 e La nascita del Verbo, eseguita sempre nello stesso anno, sotto la direzione di Roger Désormières. Furono anni travagliati, durante i quali Scelsi trovò un valido aiuto anche nella poesia, nelle arti visive e nei suoi interessi per il misticismo orientale e l'esoterismo. L'editore francese Guy Levis Mano di Parigi pubblicò i tre volumetti Le poids net, L'archipel nocturne e La conscience aïgue, che per tanti anni rimasero le sole opere edite.
I suoi interessi per l'arte informale trovarono una degna cornice nell'attività della Rome-New York Art Foundation, diretta dalla sua compagna di vita di quegli anni, l'americana Frances Mc Cann. Inoltre, la grande amicizia che lo legò a Henri Michaux svolse probabilmente anche funzione di stimolo nella ricerca musicale. Questo coincise con la sua adesione alle filosofie orientali, alle dottrine zen, allo yoga, alle problematiche dell'inconscio, e anche nel campo della musica iniziarono anni di intensa sperimentazione. Alla base delle più significative opere del periodo troviamo infatti l'improvvisazione su strumenti tradizionali usati in maniera non ortodossa, l'uso di nuovi strumenti come l'ondiola, capace di riprodurre i quarti e gli ottavi di tono, una strumentazione di figure determinate dal caso, e soprattutto una maniera di suonare in uno stato privo di condizionamenti e molto vicino al vuoto dello zen.
Tale fascinazione contribuì non poco ad alimentare questo nuovo procedimento compositivo che, annullando la dimensione melodica, si proponeva di concentrare l’elaborazione musicale unicamente sul timbro. Isolato con le sue metamorfosi, il singolo suono perdeva il ruolo di semplice punto all’interno di una composizione, per caratterizzarsi come essenza stessa della composizione, continua elaborazione di una singola frequenza. Un minimalismo ante-litteram, costruito attraverso un massiccio utilizzo della tecnica degli armonici e dei quarti di tono, ottenibili solo dagli strumenti a corda e a fiato (motivo per cui il musicista accantonò sempre di più il pianoforte). Come scrisse egli stesso nel 1953: «La musica non può esistere senza il suono. Il suono esiste di per sé senza la musica. È il suono ciò che conta».
Impossibilitato psichicamente e fisicamente al lavoro minuzioso di trascrizione delle proprie improvvisazioni, Scelsi decise di registrate tutto su nastro magnetico e di avvalersi di collaboratori che, sotto la sua guida, riportassero tutto nero su bianco. Il lavoro non si esauriva con la traslazione delle musiche registrate. Vi si aggiungevano infatti istruzioni per l'esecuzione, accorgimenti per dare al suono determinati valori espressivi, costruzione di sordine per gli archi fatte realizzare apposta su suo disegno, strumenti a corde trattati come percussioni, filtri sonori per deformare il suono degli strumenti a fiato, l'uso della voce quale elemento di rottura della struttura sonora, basi di registrazione preesistenti a mo' di traccia all'esecuzione, ecc. Particolarmente originale fu anche il suo metodo di orchestrazione, che consisteva nell'accoppiare strumenti simili.
Una volta trovato questo mondo di suoni a lui più congeniale, Scelsi cominciò un vero processo di occultamento della produzione giovanile, da lui considerata ormai di tipo accademico. La rivelazione di questa nuova fase fu l'esecuzione dei Quattro pezzi su una nota sola, eseguiti al Théâtre National Populaire di Parigi nel dicembre 1961, sotto la direzione di Maurice Le Roux. Tutto ciò dovette senz'altro disturbare il mondo accademico, il quale si dimostrò sempre più ostile nei confronti del compositore. L'ostracismo non gli impedì tuttavia di partecipare a progetti importanti, come nel caso dell’associazione Nuova Consonanza e dell’omonimo gruppo di improvvisazione, cui aderirono tra gli altri Franco Evangelisti, Aldo Clementi, Egisto Macchi e un giovanissimo Ennio Morricone.
Agli ultimi anni di vita risalgono le pubblicazioni della sua opera di tipo teorico e letterario, affidate alla casa editrice Le Parole Gelate, e la pubblicazione sistematica della sua imponente produzione musicale, grazie alla Editions Salabert di Parigi. Scelsi continuò a comporre sempre più a rilento, spesso rielaborando opere precedenti, come nel caso di Anagamin (1965), Ohoi (1966) e Natura Renovatur (1967). Ma non mancarono opere di un certo rilievo anche nel decennio successivo, composte spesso per organici sui generis, come nel caso di Tkrdg del 1968 per coro di sei voci, chitarra elettrica e percussioni. E a questo periodo risale anche il capolavoro Knox-Om-Pax, un'opera mastodontica per coro e orchestra.
Fino a poco prima di morire, il nove agosto del 1988, Scelsi non abbandonò mai del tutto il proprio lavoro, e la sua ultima composizione, oltre ad assumere il carattere del commiato sin dal titolo (Un Adieu), lo vide ritornare significativamente al pianoforte solo, quasi a voler chiudere un cerchio, quello con il quale usava firmare le proprie opere.