Paola Schirru
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Paola Schirru

Mi chiamo Paola Schirru e sono sarda. Ho sempre pensato che il mio nome mi caratterizzi appieno: deriva dal latino Paula, femminile di Paulus, e significa “piccola”, “non grande” e, per esteso, “modesta”, “umile”. L’umiltà e la semplicità mi rappresentano, in tutto. Sono un’ex insegnante di Lettere delle Superiori che ha abbandonato il lavoro non per ripudio verso la professione, ma perché ha capito che preferiva fare altro piuttosto che stare dietro la cattedra.

Come già anticipato, sono sarda e orgogliosissima di esserlo. A volte la Sardegna è entrata nell’immaginario collettivo come terra di banditi e simbolo di arretratezza. È una terra meravigliosa, non solo nelle parti costiere e in un mare invidiabile da ogni punto cardinale, ma anche nelle zone interne da cui provengo: il Sarcidano. Il mio paese è Orroli, oggi le anime è facile contarle perché si è grandemente spopolato: chi è andato via alla ricerca di migliori lidi lavorativi e chi è morto, con assenza di ricambio generazionale. Ammetto che sia un paese che offre poco, ma nuraghi, lago e campagna incontaminata compensano altre mancanze.

Ogni sardo è profondamente ancorato alla sua terra e io non faccio eccezione. Proprio per conservare le tradizioni del mio paese, mi sono iscritta all’Associazione culturale, tutta al femminile, Is femminas de Arrolli: le femmine/donne di Orroli, dalle sessantenni alle bambine di otto/nove anni. Il termine “Arrolli” (Orroli) significa quercia perché il mio paese ne è ricco, ma nella denominazione data all’Associazione vuol anche significare che noi donne siamo forti, dure e resistenti come la quercia.

Non sono mai stata una femminista e mai lo diventerò, ma amo la cooperazione e il confronto fra donne. Singolarmente amo anche autrici che sono diventate icone del movimento femminista, come la pionieristica giornalista Nellie Bly e le scrittrici Virginia Woolf e Sylvia Plath. Donne diverse tra loro, seppur le ultime due accomunate dall’arte dello scrivere e dalla malattia, emancipate e coraggiose… Anche se, talvolta, il coraggio ha insoliti modi per manifestarsi.

Virginia Woolf e Sylvia Plath sono le uniche scrittrici che io ami per il loro stile spesso aspro. Prediligo gli scrittori: Primo Levi, Giuseppe Pontiggia, Mario Benedetti e Eduardo Galeano sono tra i miei preferiti e penso che il mondo sia incredibilmente povero senza di loro. Scrittori differenti nei generi e nelle tematiche, ma non, a mio avviso, nello stile. Il “labor limae”, la cesellatura e la scarnificazione della parola che però si fa pregna di molteplici significati è la loro dedizione e la semplicità (solo apparente) la loro missione.

Il cinema è, al pari della letteratura, un’altra mia passione. Son cresciuta con i film di Vittorio de Sica, Luis Malle ed Alfred Hitchcock, ma con gli anni sono diventata onnivora e ho abbandonato qualsiasi preferenza registica, attoriale e di genere. Probabilmente, dovendo scegliere il mio regista preferito attuale direi Matteo Garrone; per la poliedricità e la trasversalità degli argomenti affrontati.

Ho amato fino alle lacrime Io, capitano per la fusione perfetta tra onirismo e realismo e per la totale assenza di retorica. Un capolavoro di sensibilità, che l’America e gli Oscar non sono stati in grado di cogliere, ma che l’Italia, con i David, ne ha riconosciuto tutta la maestria. Io, capitano è entrato nell’Olimpo dei miei film, assieme a I bambini ci guardano, Arrivederci, ragazzi, Via da Las Vegas, Le vite degli altri, Resistence. Il coraggio di un mimo, Rapito… Seguo molto la politica e ho un mito, un punto di riferimento assoluto di integrità morale ed onestà intellettuale. Un uomo che, ancor prima di essere stato uno Statista eccelso, era soprattutto una persona stupenda, umile e semplice. Un uomo giusto: Olof Palme. Pacifista e mediatore ONU. E chissà quanti Olof Palme servirebbero oggi per cambiare le sorti del nostro piccolo mondo violentato.

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