A mia nonna, Francesca Serra,
morta il 3/6/1950,
durante i festeggiamenti in onore di Santa Caterina,
dopo lunga e penosa malattia.
A soli 34 anni.
I costumi sardi sono tutti bellissimi e diversi tra loro, come lo è la lingua sarda. Fu il tedesco, Max Leopold Wagner (1880-1962), il maggior studioso della linguistica sarda, ad individuarne le varietà. Al di là delle quattro principali: Logudorese (unanimemente considerato il sardo per eccellenza, usato da poeti e scrittori), Campidanese, Gallurese, Sassarese e altre micro-varietà che corrispondono alle specificità di ogni paese. Capita, infatti, che anche tra paesi vicini, si usino vocaboli completamente diversi. La Sardegna non è smeralda solo nella costa. È una terra affascinante ovunque e, per quanto piccola, molto eterogenea nei paesaggi.
È la terra di Antonio Gramsci, di Emilio Lussu, di Salvatore Satta, di Giuseppe Dessì, di Sebastiano Satta. È la terra che ci ha regalato un premio Nobel: Grazia Deledda. Scrittori e attivisti che non hanno certo bisogno di presentazione. È la terra di Michela Murgia (vincitrice dei Premi Campiello, Dessì e Super Mondello per Accabadora) e anche lei non ha bisogno di presentazioni.
Non avrebbe bisogno di presentazioni neanche Matteo Porru, classe 2001, padre sardo e madre veneta, con -all’attivo- più di 20 libri e vincitore del Premio Campiello Giovani 2019 e primo italiano ad aver vinto il prestigioso premio letterario svizzero Prix du Livre de Montagne con il romanzo Il dolore crea l’inverno (2023). Matteo Porru ha fatto della sua malattia, il cancro, la chiave di svolta della sua vita. A 12 anni, talento precoce, ha cominciato a scrivere durante la degenza in ospedale per non annoiarsi. La sua storia è raccontata nel docufilm Matte su Raiplay.
La Sardegna è di Stanis Dessy, di Francesco Ciusa, di Giovanni Dotzo. È di Costantino Nivola, scultore che da Orani arrivò in America, conobbe Jackson Pollock, il maestro del dripping, sposò Ruth Guggenheim e nel 1975 divenne membro onorario della Royal Academy of Fine Arts dell’Aja. Lui, semplice muratore. È la terra dello scultore Pinuccio Sciola che, di questa terra spesso ostile, è riuscito a far suonare persino le pietre.
La Sardegna ha dato i natali anche a due Presidenti della Repubblica: Antonio Segni (1962-1964) e Francesco Cossiga (1985-1992). Un altro Presidente, Giovanni Gronchi, ci ha onorati della sua presenza durante la visita nell’isola nel 1958.
Il Presidente Gronchi, in quell’occasione, ha benedetto anche il mio, il nostro paese, per l’inaugurazione della Diga Mulargia. Chi fosse curioso di vedere queste foto deve semplicemente digitare su Google: “Giovanni Gronchi visita diga”, oppure consultare l’archivio del Quirinale.
La diga del lago Mulargia ha dato sicuramente tanto lavoro e benefici al paese. Solo una volta, sono riuscita ad andare quasi in fondo, fino a dove era accessibile. È uno spettacolo incredibile, tra l’umidità delle felci e tutto quel verde sembra di essere in Irlanda. Perché la Sardegna è così: ha un paesaggio cangiante. La strada è impervia e pericolosa. I massi circostanti, franosi. Il terribile incidente sul lavoro del guardiano della diga, cittadino orrolese, tempestato da un temporale di sassi che ha accartocciato la macchina, consentendogli di salvarsi per pochi centimetri, ne ha preceduto un altro: un operaio di 24 anni, sistemando la rete di protezione rocciosa, è morto sfracellandosi al suolo da 80 metri d’altezza nel 2015.
Una delle innumerevoli morti sul lavoro per le quali ancora troppo poco si fa. È notizia del 12 marzo 2025 che le morti sul lavoro in Italia siano 60. 33,3% in più rispetto allo scorso anno. Alle morti bianche ha dedicato un delicatissimo film, Ride (2018), Valerio Mastandrea alla sua prima regia. Si chiude con questa dedica: “A chi resta”.
Il Lago Mulargia regala uno spettacolo unico e raro. In questi ultimi anni, inutile negarlo, di lago è rimasto ben poco a causa della siccità che non era così nera dagli anni Novanta. Però del nostro lago non posso dire solo in senso positivo: è stato una trappola per molti. Tragedie personali e collettive. “A chi resta”.
Noi, Is Femminas de Arrolli, nasciamo il 31 agosto 2023, dall’idea della Vice Presidente Sonia Piras, artista del cucito e anche ideatrice di uno dei nostri loghi riproducente il fiore centrale del nostro corsetto, posto nella schiena. Il battesimo dell’Associazione è stato a Laconi per la Festa di Sant’Ignazio. Io, al tempo, non era ancora battezzata.
Noi femminas, ancorate al nostro territorio più delle querce che ci rappresentano, non siamo “canne al vento”, non ci piegheremo mai. Siamo 33 donne appartenenti a generazioni differenti, diverse e uguali allo stesso tempo. Accomunate non solo dal giusto dovere di mantenere vive le tradizioni del nostro paese perché, se muoiono le tradizioni, muore tutto; ma anche dalla serietà, sincerità ed integrità, in ogni aspetto. Non facciamo politica nel senso più comune del termine. Non ci interessa.
Facciamo, però, politica nel senso etimologico più intimo e profondo: “fare il bene comune”. Una prova di questo è il progetto “Ricuciamo il nostro territorio” - patrocinato dal Comune di Orroli - in cui Sonia, sarta, e un’altra componente del gruppo, Ilaria Anedda, ricamatrice, divulgano le loro rispettive Arti ottenendo risultati davvero sorprendenti.
Un’altra prova è la camminata che organizziamo in occasione della Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne, il 25 novembre. Si snoda dalla piazza centrale, piazza Caduti, fino all’unica chiesa campestre del paese (il cui nome ho citato nella dedica). Questa passeggiata è legata anche ad altre attività, ma come tutte le camminate e le marce che si svolgono contemporaneamente in tutto il mondo, il senso non è il punto d’approdo, ma il percorso che si fa. Ricordare e onorare.
E, con il nome dell’Associazione Is femminas, “non a fini di lucro” manteniamo alto il nome di un’associazione culturale che deve conservarsi tale, come tutte alte e le altre organizzazioni senza scopo di lucro. Alto il suo nome.
C’è una canzone che amo moltissimo e che ascolto più volte tutti i giorni: è “Vietato morire” di Ermal Meta - cantante albanese che ha vissuto sotto una dittatura tra le più cruente dell’Est Europa - e, nel cui video, c’è proprio una passeggiata; prima iniziata in solitaria e a cui si aggiungono, in un susseguirsi, sempre più persone. Donne e uomini. Cito il significato della canzone come lo dà wikipedia.
Il brano è di speranza ed è dedicato alla madre, che trovò il coraggio di troncare ogni rapporto con il marito e di trasferirsi con i tre figli in Italia, lasciandosi il passato alle spalle.
Io, quest’anno, per motivi personali, purtroppo, non vi ho potuto partecipare; mentre il primo - pur non facente parte dell’Associazione - l’ho vissuto. E della giornata di domenica 24/11/2024 - che ha anticipato di un giorno quello della ricorrenza ufficiale - non posso, purtroppo, raccontare nulla perché il dovere di un professionista è raccontare ciò che si conosce. Ho però visto alcune foto nella nostra chat di gruppo e devo dire che is femminas hanno organizzato tutto alla perfezione, compreso un buffet a cinque stelle: abbiamo abili cuoche tra noi. Era tutto allestito perfettamente, tutto di rosso, il colore del sangue delle vittime. Le loro gocce, unite, sarebbero sufficienti ad avvolgere il mondo. Si son vendute anche le gerbere, fiore-simbolo di sensibilizzazione per la violenza di genere. Questo lo so perché ero presente alla riunione organizzativa.
L’idea è venuta alla giovane Giorgia Pisano che è stata nominata -da un’altra associazione orrolese, la A.S.D. Arrubia di Calcio A5- come figura di Responsabile Safeguarding in base al Decreto Legislativo 11 aprile 2006, n. 198 che richiede, riportando dal Comunicato Stampa della Società Sportiva:
“La riforma dello sport ha introdotto un nuovo adempimento a carico delle società sportive tramite l’articolo 16 del Decreto Legislativo 39/2021 che richiede la predisposizione dei modelli organizzativi e di controllo dell’attività sportiva e dei codici di condotta a tutela dei minori e per la prevenzione delle molestie, della violenza di genere e di ogni altra condizione di discriminazione” prevista dal succitato articolo. Come ha detto Giorgia dopo la sua nomina: “Speriamo che la mia figura non serva mai”.
Abbiamo delle giovani davvero molto valide nel nostro gruppo, a dimostrazione che la Generazione Z non è tutta “gioventù bruciata”. Un’altra componente del gruppo, Sofia Pisano, 14 anni, con un progetto scolastico contro la violenza di genere ed indetto dalle Proloco italiane, è vincitrice del premio EpliBriamoci per la Sardegna. Premiata il 23/04/2024 al Senato della Repubblica Italiana con il tema “No alla violenza sulle donne”, scelto tra 1.400 elaborati (il video è presente sulla nostra pagina Instagram, non ancora ufficiale).
Ha avuto, poi, la premiazione regionale nella persona dell’On. Piero Comandini, Presidente del Consiglio della Regione Sardegna, alla Biblioteca Comunale di Orroli. Sono veramente orgogliosa di questa ragazzina, anche se ancora non ho letto il tema.
Altre attività per il bene comune sono la visita alla Casa di Riposo per anziani del paese e quella al Reparto di Pediatria dell’Ospedale Brotzu di Cagliari, il 15/12/2003.
Pur con colori diversi, abbiamo unici ideali che ci uniscono. Il rispetto per le diversità, per l’uguaglianza, la carità e il tentare di cambiare qualcosa in un posto che, parafrasando le parole di Papa Francesco il giorno della sua elezione, viene dalla fine del mondo. Certo non è il centro del mondo, ma è il nostro mondo e che, Is femminas de Arrolli, sotto l’inflessibile dirigenza della Presidente Cristina Sulis, deve rappresentare. Un posto che vuole che la luna spunti sempre dal monte e che non si inabissi negli anfratti dello stesso.
E per il nostro mondo facciamo passeggiate, camminate, processioni spesso faticose che mi fanno sentire meno stanca solo quando siamo cullate dalla musica dell’organetto. E per il nostro mondo costrette talvolta ad indossare, per vari motivi, bottoni non autentici, noi esportatrici di autenticità. Perché in certe zone del mondo, sono i bimbi a farli.
Noi i bimbi li teniamo tra le braccia, non volendo mai che siano le loro a lavorare per noi.
E per il nostro mondo si è ballato alla Fiera Internazionale dell’Artigianato a Milano nel dicembre 2023 e a giugno 2024 in un circolo di sardi a Maastricht. Io non faccio parte del settore danzante del gruppo; preferisco solo camminare, e contare i miei passi.
Io personalmente, affronto sempre queste processioni religiose con spirito laico. Il rosario d’ordinanza per me ha significato perché me l’ha regalato una persona cara. Devo essere totalmente sincera, io non penso al Santo che stiamo celebrando. Per me, dentro di me, ogni processione è 25 novembre. Ma non penso solo alle donne, penso anche ai loro figli. C’è violenza più grande del perdere la propria madre? E per le madri perdere i loro figli?
E penso anche e soprattutto alle bambine e ai bambini violentati e per le cui violenze non esiste una Giornata Internazionale che li ricordi. Non so se mi son mal documentata, ma mi risulta solo una Giornata Europea per la protezione dei minori contro lo sfruttamento e gli abusi sessuali il 18 novembre. Europea e non Internazionale.
La pedofilia è il più grande crimine dell’umanità contro l’umanità. I bambini profumano di rose che, per chi ci crede, si dice sia l’odore dei santi. Quelli che celebriamo con le nostre processioni e col nostro bellissimo costume.
Lo scialle del gruppo è di tre tipi: lungo, nero e con le frange, con coloratissimi ricami e che tanto ricorda quegli spagnoli, inevitabile retaggio della dominazione spagnola (e di conseguenza dei suoi costumi) dal 1479 al 1714. Viola, e marron, il più semplice. Le camicie sono di cotone o lino grezzo. Pezzo forte del costume è su cossu, coloratissimo, che anticamente fungeva da reggiseno. Su cossu varia per colori; l’unico elemento costante di tutto il gruppo de Is Femminas de Arrolli è la gonna. Pesantissima, credo circa 5 kg., è di una bellezza unica: è fatta esattamente come un ventaglio.
Le pieghe sono talmente sottili che, per quanto grossa e voluminosa, può essere contenuta dentro una calza autoreggente, che ne preserva l’integrità. Un’altra cosa che mi piace di queste gonne ventaglio/fisarmonica è l’accostamento di colori: rosso e blu, rossoblù come il Cagliari Calcio.
Con la nostra gonna rossoblù giochiamo la partita più bella, a fine maggio, in occasione della Festa di San Nicola quando rappresentiamo Su Sciugariu. Su Sciugariu è il corredo della sposa e che si doveva portare nei cesti poggiati sulla testa. Ogni cesto conteneva un oggetto diverso ed indispensabile per la sposa: fazzoletti, tappeti, paioli vari ed altro. Noi rappresentiamo questo antico rito, fedelmente a com’era in antichità, camminando -in fila indiana- sul ciottolato che caratterizza il rione di San Nicola. Su Sciugariu è stato proposto dall’Associazione per rivivere e far rivivere alla comunità orrolese e ai turisti le fasi iniziali dello sposalizio della nostra antica usanza.
Per me è stato un momento realmente emozionante. È stato come immergermi in un’altra epoca, priva delle comodità di quella attuale. Un’esperienza stupenda che ho vissuto con sentito impegno. E devo dire grazie a tutte queste femminas per avermi coinvolto perché, fino ad ora, non ho mai “vissuto” appieno il mio paese. Certo, questa tradizione non mi era sconosciuta. Ma una cosa è conoscerla, un’altra è viverla. Festeggiamo un Santo, ma festeggiamo anche un rione.
Un abitante di questo rione, a turno, ci concede gentilmente la sua casa, una casa che deve essere rustica, ove allestiamo una mostra etnografica legata, solo ed esclusivamente, al territorio orrolese.
Questo rione ha avuto anche la sua tragedia. Silvia Schirru, nel libro Raccontando Orroli, raccogliendo le testimonianze di un’epoca che fu, con rigore, serietà, ma anche leggerezza (perché la vita è tutto), accoglie il dramma di Rosa Loi. Queste le parole.
All’età di undici anni persi mia sorella Maria Carmen, che ne aveva solo sedici. Era il 6 gennaio 1949 e mamma l’aveva mandata a dormire a casa di una vicina che doveva partorire. Non stavamo mai fuori casa, neanche da nonna, ma la vicina aveva bisogno di una persona che la aiutasse con i due bambini piccoli. Non era di Orroli e poteva chiedere aiuto solo a noi. Intorno alle due del mattino, mentre tutti dormivano, la sua casa crollò, uccidendo mia sorella e i due figli della signora. Lei invece riuscì a scappare.
Io vorrei che quest’anno, per la Festa, oltre ad omaggiare il Santo, Su Sciugariu fosse dedicato alla memoria di Maria Carmen, che su sciugariu non l’ha mai potuto avere.
C’è una persona a cui penso spesso quando camminiamo, una persona che per 148 giorni non ha potuto camminare, bendata e con una catena al piede: Giovanni Natale Sanna, vittima dell’Anonima Sequestri Sarda nel 1987. Era il Capo (ai tempi la parola Dirigente non si usava) dell’Ispettorato Agrario di Nuoro e capo di mio padre, perito agrario. Perito.
Per le vittime dell’Anonima Sequestri Sarda, per quelle che sono tornate e per quelle che tornate non sono, io la processione la farei anche scalza. C’è forse qualcuno più martirizzato di loro, dentro e fuori?
A piedi nudi, come quelli delle donne che prima di noi hanno battuto i nostri stessi percorsi. Le ave delle ave delle ave delle ave de Is femminas de Arrolli di cui onoriamo la memoria e i cui nomi si sono persi nella notte dei tempi.
I nostri sono: Cristina Sulis (Presidente), Sonia Piras (Vice Presidente), Carol Sirigu (Direttivo), Michela Pisano (Direttivo), Elena Aresu (Direttivo), Caterina Marcialis, Jenny Vargiu, Giorgia Pisano, Alessandra Orrù, Alessandra Serra (ideatrice di un altro logo), Alice Pani, Angela Mulas, Maria Antonietta Atzori, Chiara Deidda, Claudia Pani, Denise Cavalleri (con la piccola Rachele) Eleonora Loi, Eleonora Pisano, Eleonora Serra, Gaia Sirigu, Giorgia Anedda, Grazia Prasciolu, Greta Pitzalis, Ilaria Anedda (con la piccola Caterina), Jenny Pisano (con i piccoli Rebecca e Riccardo), Laura Pisano, Lorena Atzori, Maria Pisano, Marika Vargiu, Martina Loi, Maria Ignazia Piras, Raffaela Pisano (preziosa reporter a S’Ischiglia di Bonorva 09/03/2025), Sofia Pisano, Stefania Orgiana, Paola Schirru.
Piccola nota: il lettore noterà che il cognome predominante de Is Femminas è Pisano, retaggio del periodo pisano, la cosiddetta Sardegna pisana (1215-1326), quando la nostra isola subì l’influenza politica e militare da parte di Pisa.
E infine, voglio ricordare un altro cognome che ha il nome nel destino come Piras, albero del pero (e di cui già ho detto nell’articolo su Pereira). Sono importanti i nomi, ma anche i cognomi perché sono il primo vincolo alla terra d’origine.
La nostra è la Sardegna operosa del progresso, del progresso e del sacrificio, fatta di braccia operose, femminili e maschili; e non la Sardegna stereotipata, confezionata apposta per il turista nel pluripremiato film Ballo a tre passi di Salvatore Mereu che dipinge una Sardegna contemporanea in cui ratti infarinarti escono dai cassetti, in cui i bambini di 7/8 anni si stupiscono nel vedere il mare per la prima volta. E ancora, quando in un matrimonio in un ovile, un gruppo di pastori guarda libidinosamente una giovane suora. Non è questa l’immagine che io e Is femminas de Arroli vogliamo esportare, donne volenterose ed operose che devono tenere alto il mito e la leggenda: la Sardegna si dice sia l’impronta del piede di Dio. E da quell’impronta dobbiamo far nascere un nuovo mondo.
Siamo chiamate ad onorare le ave delle ave delle ave de Is fennimas de Arroli, ma anche i posteri dei posteri dei posteri dei posteri.
A mio padre e agli altri Schirru che non ci sono più,
e a Marcello Boi,
mio grande amico e mio grande fisioterapista.