Nonostante ci fossero molti porti nell’Italia Meridionale e che fossero scali molto importanti nessuno presenta la ricchezza di testimonianze che ci sono a Benevento per questo motivo il viaggio nella Benevento egizia non può concludersi facilmente e deve continuare con il dio Apis.

Il dio secondo gli egizi rappresentava la rinascita del dio Ptah creatore del cosmo. Il dio Apis era imparentato con Osiride e svolgeva funzioni funerarie ma era anche legato a diverse divinità egizie come simbolo di fertilità. La città emblema del suo culto era Menfi e lì venivano fatte feste per celebrarlo scegliendo l’animale che presentava una macchia a forma di triangolo sulla fronte, a forma d’aquila sul collo o di mezza luna sul fianco. La funzione del dio Apis era la mediazione tra il mondo terreno e quello degli dèi ed era intermediario tra il dio Ptah e i suoi fedeli, in più aveva anche il compito di trasportare nel mondo dei morti carri carichi di grano.

Il Dio Apis si manifestava con un toro e si fondeva con Osiride fino a diventare Oris-Apis che inviava oracoli attraverso i sogni. Questa unione diede vita al Dio Serapide e l’immagine del toro venne inserita nelle raffigurazioni che lo riguardavano. Serapide è un Dio di provenienza greca, Signore dell’Universo, Dio dell’oltretomba, della fecondità, della guarigione e del Sole. È adorato insieme a Iside per la sua natura costituita da diverse personalità e si diffonde in Egitto durante il periodo tolemaico (305 a.C.).

Nel II secolo a.C. i culti egizi raggiunsero Roma e si collegarono alle idee rivoluzionarie dei Gracchi; infatti, grazie a Gaio vennero approvate le leggi sul grano e quelle che estendevano la cittadinanza romana ai latini e agli italici. Questo portò a gravi conflitti e consolidò l’aristocrazia che ormai rifiutava le esigenze della plebe e degli italici.

Ai culti alessandrini si associarono aspirazioni politiche provenienti dal popolo e che avevano come fine ultimo la rivoluzione sociale. Per questo motivo i culti egizi inizialmente non erano ben visti ma successivamente simbolo di rivoluzione. In più diversamente dai culti romani, che erano soggetti al destino, il culto di Iside faceva riferimento all’individuo che rendendolo consapevole delle sue colpe lo muovevano alla penitenza. I culti egizi si diffusero in tutto l’Impero Romano ma rimasero presenti a lungo a Benevento forse per la presenza del culto di Iside ma anche perché mostravano molta misericordia e possibilità di redenzione.

Nel 1629 a Benevento venne ritrovata, oltre il fiume sabato in località Casale Maccabei, una grande statua in granito rosso che presentava una lavorazione grezza la cui provenienza era sicuramente egizia. La statua rappresentava un bue, forse il Bue Apis e viene attribuita non a scultori romani ma egizi. È stata posta su un piedistallo e collocata in viale San Lorenzo vicino al Santuario della Madonna delle Grazie, patrona della città, dove un tempo sorgeva una delle otto porte della città (Porta San Lorenzo). L’animale presenta corna e fronte sbrecciate e le corna rotte a causa degli agenti atmosferici per questo poco riconoscibile

L’accostamento della scultura al Dio Api è stato fatto dall’egittologo Émile Etienne Giumet mettendola in relazione con il tempio di Iside e dandole una possibile collocazione al suo interno.

Molti studiosi dubitano che la scultura egizia rappresenti il Dio Apis, in essa mancano diverse caratteristiche che la identificherebbero come il disco solare sopra le corna e l’indicazione del sesso. Inoltre, il materiale conferma la fattura egizia ma la rappresentazione la daterebbe alla fine del II secolo quindi alla tarda età imperiale, in questo modo, sarebbe verrebbe spiegata la caratteristica iconografica delle zampe non rappresentate in movimento. Se l’ipotesi fosse corretta lo scultore egizio non ricorderebbe le caratteristiche iconografiche del Dio Apis e giustificherebbe la mancanza di attributi del Dio.

Dopo la scoperta il Bue venne visto come simbolo del popolo Sannita come ricordo della sua grandezza e delle vittorie, per questo venne posto su un piedistallo su cui era impressa la scritta (visibile ancora oggi):

BUBALUM
INTER PLURIMAS URBIS
DEVASTATIONES ASSERVATUM
BELLICAE SAMNITUM
FORTUNAE MONUMENTUM
A. D. M.DC.XXIX

[Bufalo, tra le devastazioni di molte città, preserva dalla guerra sannita, alla sorte il monumento. Anno domini. 1629]

Quello su cui gli studiosi sono d’accordo è la sua provenienza egizia e che faceva parte del ciclo di sculture che adornavano l’Iseo.

Le sculture egizie ritrovate a Benevento assumono una notevole importanza perché, a differenza di quelle trovate in luoghi diversi, queste possono esser facilmente datate. Dalle testimonianze e dalle iscrizioni sono facilmente databili e attribuibili ai tempi di Domiziano ma non sempre i reperti egizi sono seguiti da indicazioni ed è per questo che le opere egizie rappresentano un punto di riferimento per comparare i diversi ritrovamenti. Questo aspetto viene messo in risalto da Hans Wolfgang Müller che denuncia il poco interesse da parte del mondo scientifico verso questi reperti di cui solo gli studiosi beneventani come Zazo, Rotili e Meomartini sono consapevoli dell’importanza di tale patrimonio.

Secondo l’archeologo tedesco, proprio Benevento, data la posizione logistica del capoluogo sannita, è al centro della diffusione del culto di Iside in Campania, perché è qui che si affermarono all’inizio, per poi diffondere in tutta la penisola la diffusione del culto riuscendo a raggiungere l’intero Impero.

Oggi la collocazione in viale San Lorenzo del Bue Apis, chiamata dai cittadini la bufala, è messa in discussione dalle autorità locali e si pensa di spostarla all’interno del museo ARCOS (Museo d'arte contemporanea Sannio) dove sono conservati molti dei reperti trovati nel territorio sannita. Il motivo del trasferimento è la protezione di un reperto importante e identitario per la comunità beneventana dagli agenti atmosferici ai quali è esposto quotidianamente. Il gesto vuole tutelare e conservare ciò che la storia ci ha tramandato. Il luogo in cui è posizionato da sempre però perderebbe di identità, che abita in quel quartiere sente la sua presenza come una presenza benevola e di buon auspicio. Questo rende la scelta molto difficile e delicata.

Non conosco le reali intenzioni dell’amministrazione ma credo che il modo per non eliminare il carattere identitario di un quartiere sia non eliminare la sua storia spostando semplicemente quello che ha di più caro altrove. Forse ispirarsi a soluzioni applicate in casi noti di sculture preziose poste nel luogo storico in copia e il cui originale protetto nei luoghi adeguati potrebbe essere un’idea.

Benevento e il Sannio hanno una storia molto antica e fondamentale per la storia del nostro paese, per questo motivo deve esserne fiera e anche se non sempre è stata valorizzata e non sempre le è stata dato il giusto riconoscimento può andare avanti a testa alta essendo orgogliosa della solidità culturale che porta in sé. Non tutte le città italiane possono vantare una storia così antica e la presenza di beni unici nel loro genere e non si parla solo dei reperti scoperti in città ma anche dei siti UNESCO che la città può vantare.

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