La Reale tenuta di Carditello, grande dimora, fa parte dei latifondi dei Borbone delle Due Sicilie, ubicata a San Tammaro, in provincia di Caserta. Con peculiari caratteristiche geo pedologiche paludose, grazie alle opere di bonifica e messa a cultura dei suoli allocava una tenuta agraria moderna e innovativa, organizzata nelle installazioni di immobili rurali e attrezzature e ben organizzata anche dal punto di vista zootecnico con scuderie di pregevoli razze di cavalli (Persano), bufale, con produzioni casearie di mozzarella, bovini e la coltivazione di cereali, foraggi, legumi, canapa e lino, e la conseguente commercializzazione dei prodotti agricoli prodotti.
Carditello era uno dei siti reali che si fregiava del titolo di "Reale Delizia" perché, nonostante la sua funzione di azienda, offriva una piacevole permanenza al re e alla sua corte per le particolari battute di caccia che i numerosi boschi ricchi di selvaggina permettevano. Era animato da un discreto numero di persone dedite alla conduzione dell'azienda. Era immerso in una vasta tenuta e si estendeva su di una superficie di 6.305 moggia capuane, corrispondenti a circa 2.100 ettari.
La Reggia di Carditello vista dall'alto. Dal sito della Fondazione Real Sito di Carditello
La Reggia di Carditello fu progettata e realizzata, in stile neoclassico, dall'urbanista Francesco Collecini, discepolo del Vanvitelli, su incarico reale; la superficie prospiciente in terra battuta richiama alla memoria la geometria ovale delle arene da combattimento romane, arricchita esteticamente da fontane, obelischi ed un piccolo tempio classicheggiate, soprattutto come abbellimento della a pista per il galoppo dei cavalli. La Real Tenuta di Carditello ad oggi si estende per 50.000 metri quadrati, ed è composta dal fabbricato principale in posizione centrale bipiano: a piano terra l’ubicazione dei locali dedicati all’arte culinaria, all'arsenale (fucili da caccia) e per il personale, al secondo piano, il piano nobile, le zone per il re e i nobili della sua corte in visita alla tenuta. La restante area pertinenziale comprende magazzini per le attività rurali e zootecniche, e torri angolari destinate ad abitazione degli addetti alle attività aziendali.
Pianta di Carditello - edificio principale
Il toponimo Carditello deriva Carduetum, cardueti = cardito, carditello, ovvero luogo piantato a cardi: nei tempi passati il territorio in oggetto assunse il nome di Carditello perché si presentava infestato della pianta di cardo, tanto da formare una barriera per chi voleva inoltrarsi a piedi o a cavallo.
Situazione attuale
Nel 1920, la proprietà della tenuta di Carditello, di 2.070 ettari, passò all'Opera Nazionale Combattenti, venne lottizzata e venduta, eccetto il fabbricato principale e 15 ettari intorno, che nel dopoguerra furono assegnati al Consorzio di bonifica del Volturno. Durante la Seconda guerra mondiale, il sito fu occupato da truppe tedesche e americane. Nel 2011, il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere mise all'asta il complesso, ma undici aste risultarono deserte.
Dal 2011 al 2013, il volontario Tommaso Cestrone sorvegliò la tenuta, richiamando l’attenzione su di essa fino alla sua morte nel 2013. Nel 2014, la Società Gestione Attività e il Ministero dei Beni Culturali siglarono un accordo per la cessione del sito al ministero per 2,5 milioni di euro. Carditello riaprì al pubblico nel 2017, e da dicembre 2014 è gestito dal Polo museale della Campania, ora Direzione Regionale Musei.
Tommaso Cestrone, noto come "l’angelo di Carditello", era un volontario della Protezione Civile di San Tammaro che si dedicò gratuitamente alla cura della Reggia di Carditello, residenza borbonica in stato di abbandono e minacciata dal degrado. Pur affrontando minacce, atti intimidatori e danni alla sua proprietà, Cestrone continuò a preservare la Reggia, ripulendo i giardini e presidiando il sito anche di notte. Nel 2012, fu nominato custode giudiziario ausiliario, e la sua opera fu riconosciuta con una menzione speciale nel premio nazionale “Don Giuseppe Diana”. Il suo esempio ispirò varie iniziative civiche per la tutela di Carditello, tra cui l'Agenda 21 e la Fondazione per il Real Sito di Carditello, che mirano a restituire il bene alla collettività, valorizzando la partecipazione dei cittadini e delle istituzioni locali.
Nel 1874, avvenuta l’Unità d’Italia, passano al Demanio Italiano Ministero della Guerra che ordinò l’alienazione della maggioranza dei cavalli di razza Persano, solo pochi stalloni, i più validi, furono aggregati alla Cavalleria Sabauda. Agli inizi del Novecento si ha il momento di ripresa della razza con la selezione dei soggetti che in maggior misura avevano i caratteri morfologici e funzionali per l’allevamento di cavalli per gli ufficiali delle Unità Militari della Cavalleria del Regno d’Italia ufficiali.
Il Cavallo Persano e la Reggia di Carditello
La nascita della Razza di Persano è fatta risalire a Carlo III di Borbone che, per allevare la stessa, acquista il magnifico Possedimento di Persano di oltre 3.500 ettari fra i fiumi Calore e Sele, fino ad allora di proprietà del Duca di Serre. Dopo la pace tra il Regno delle Due Sicilie e l’Impero Turco, nel 1740 circa, il monarca Borbone ebbe in dono quattro cavalli da riproduzione Arabi, che furono utilizzati per gli incroci congiuntamente a stalloni andalusi e fattrici orientali, che resero il cavallo Persano la cavalcatura delle unità della Cavalleria Napoletana.
Nel 1874, avvenuta l’Unità d’Italia, passano al Demanio Italiano e esattamente, al tempo, al Ministero della Guerra che ordinò l’alienazione della maggioranza dei cavalli di razza Persano, solo pochi stalloni, i più validi furono aggregati alla Cavalleria Sabauda. Agli inizi del Novecento si ha il momento di ripresa della Razza con la selezione dei soggetti che in maggior misura avevano i caratteri morfologici e funzionali per l’allevamento di cavalli per gli ufficiali delle Unità Militari della Cavalleria del Regno d’Italia ufficiali. Dopo la Seconda Guerra Mondiale la razza Persano non fu più vista da guerra, ma destinata per sport equestri, grazie all’attività di miglioramento genetico, con clamorosi successi negli anni Sessanta, del Persano condotti dai fratelli Piero e Raimondo D’Inzeo.
Zoognostica della Razza del Cavallo Persano tratte dal Registro Anagrafico delle razze equine a limitata diffusione
La razza attuale ha origine da un gruppo di 78 fattrici selezionate dai Reggimenti di Cavalleria e trasferite a Persano nel 1901, come parte di un tentativo di ricostruzione basato su caratteristiche morfologiche della razza storica allevata nell'ex allevamento reale, chiuso nel 1874. Di queste cavalle, 37 furono fecondate da uno stallone Purosangue Inglese (Jubilee, figlio di Malton e Jalonse), mentre le restanti 41 da un mezzosangue orientale (Giacobello, figlio di Lucati e Facciabella). Nel 1917 e nel 1918, vennero inoltre introdotte in razza rispettivamente 10 e 8 nuove fattrici (Regione Campania).
Mantello baio (peli degli arti neri e rossiccio altrove), sauro (colore marrone rossastro o zenzero), grigio (il risultato di un processo di depigmentazione), morello (nero).
Conformazione:
- testa ben proporzionata e profilo diritto, mascella rotonda, orecchie corte distanziate;
- collo, muscoloso, lungo a tronco di cono, attaccato in profondità ed in alto, criniera folta e lunga;
- spalla: ben inclinata e lunga e garrese: pronunciato;
- groppa: corta, muscolosa, inclinata, sempre più bassa del garrese e linea dorso-lombare dritta;
- arti robusti, tendini resistenti, articolazioni larghe e proporzionate, con datura: elastica ed armonica, gli appiombi sono perfetti;
- temperamento: docile e coraggioso.