Vivere in un mondo che non è capace dell’attesa significa esistere in un mondo che lascia ai margini il genio umano.
De Kooning formulava: “Il contenuto è un occhiata fugace”.
Siamo artefici e vittime di un sistema che pone la cultura come parte integrante di un gioco seduttivo e nonostante si sia consapevoli di un necessario fermo-stop, ci si culla sull’affascinante bombardamento di input temporaneamente luccicanti.
Se ne vuole sempre di più, arriva sempre di più e ci si abitua a questa normalità: fruire quotidianamente di un ultimo ammaliante stimolo.
Una novità da cui non puoi sfuggire se vuoi continuare ad essere considerato: come li capiresti i meme dell'ultima serie Netflix di tendenza? Cosa faresti in auto se a quel tuo amico venisse voglia di accendere la radio per cantare a squarciagola casuali canzoni in rotazione?
Il termine saturazione, che in chimica indica un quadro caratterizzato da una soluzione al cui interno vi è la massima presenza possibile di un soluto, e in fisica si intende con il raggiungimento del valore massimo di una qualche grandezza descrittiva del corpo il cui mantenimento avviene anche al crescere delle altre grandezze responsabili del fenomeno, concede una forte e chiara accezione del senso di riempimento, se traslato nel fenomeno di discussione.
La saturazione del mondo culturale è sovrapponibile alla mercificazione dei suoi divorabili prodotti.
Essere nell’epoca della saturazione significa essere nel tempo in cui bisogna stare al ritmo di un eccitante abbuffata dall’alto ed anche se è in corso un’indigestione psichica e c’è una voce interna che urla: “quel film lo voglio rivedere”, “su questo libro devo fermarmi a riflettere”, “le parole di quella canzone hanno un significato che non riesco ad intercettare”, si continua a masticare da dormienti e la crescita dell’insoddisfazione è direttamente proporzionale al consumo.
Chi guarda non ha il tempo di lasciar sedimentare, non è capace di osservare all’interno delle reti del tempo e le stagioni del sé.
L’obiettivo dell’era odierna non è colmare i vuoti ma crearne degli altri, costituendo una nebbia generalizzata di inappagamento.
Si resta insoddisfatti ed in sospensione, non si scende in profondità, dunque tutto scivola rapidamente ed in questa sindrome consumista si attua una battaglia tra novità e durata che si conclude con il trionfo della prima e rafforza il bivio tra utile e desiderabile a favore della seconda strada.
La risultante è che nell’atto del concepimento di un frutto culturale ne sia incorporata la data di smaltimento.
Secondo l’associazione italiana Editori nel 2023 sono stati pubblicati solo in Italia 85.192 titoli di libri a stampa, numeri a cui non sono stati sommati quelli presenti in sola produzione digitale;120mila è il numero di canzoni caricate ogni giorno nella prima parte del 2023 ed è il numero refluo da un lavoro di ricerca condotta dalla piattaforma Luminate.
Victor Lebow affermava:
Abbiamo bisogno che le cose si consumino, si logorino, si sostituiscano e si scartino a ritmo crescente.
L’esemplificazione teorica e pratica del quadro clinico risplende forte e chiara ed in una semplice affermazione preceduta da dati si mostrano i patologici flussi di in entrata ed i distorti dati in uscita.
E dove risiede il fine ultimo? L’obiettivo di un'opera intellettuale non è più nell'evoluzione sociale né nella sua innovazione ma si presenta nella propaganda soggettiva, nell’esaltazione personale che cresce all’aumento del ritmo di rilancio a discapito di chi sta a guardare.
Zygmunt Bauman, uno dei maggiori intellettuali della seconda metà del novecento a cui si deve la postulazione della dicitura “Modernità liquida” in estrema concordanza col discorso presentato, in quello che è stato ed è uno dei suoi testi più rilevanti Vita liquida esponeva:
un mondo che non è più nemmeno possibile sperare si fermi in posa per il tempo occorrente all'artista per ultimare la sua raffigurazione. Ciò si esprime in continuazione: nella tendenza a ridurre la vita dei prodotti delle arti a una performance, a un happening, a qualcosa che non va oltre la durata di una mostra temporanea; nella scelta, per realizzare gli oggetti d'arte, di materiali fragili o friabili, altamente degradabili e deperibili; nelle opere fatte con la terra, che difficilmente saranno viste da molti o sopravvivranno a lungo ai capricci del clima ostile; insomma nell'incorporare, nella presenza materiale della creazione artistica il deterioramento e la scomparsa che incombono.
E cosa ne è del tempo di scrittura necessario per l’intellettuale? E della noia come viaggio utile all’ispirazione? Dove è finita la stasi come parte integrante del processo di comprensione?
Correre in direzione della rapidità significa avanzare con un fine ultimo: il decesso della consistenza che minimizza un prodotto frutto degli affanni di una deadline.
Ed in questo perpetuo rovescio di debutti serrati, di produzioni premature e di deterioramenti previsti l’ancora di salvataggio ci è concessa nell’intento di adeguamento in questa nuova modalità di fruizione concorde ai tempi di riferimento.
Lasciarsi attraversare da un inevitabile presente con prospettiva critica e consapevole non significa avanzare nell’ottica pessimistica di tempi migliori già andati, ma permette di estrarre la chiave a partire da un rigoroso lavoro critico personale per comprendere la criptica fondatezza di uno scivoloso presente che, per quanto pesante ci fornisce una tavola imbandita.