Howard Phillps Lovecraft, nato a Providence, nel Rhode Island, il 20 agosto 1890 e morto sempre nella suddetta città il 15 marzo 1937, ha qualcosa in comune con un autore all'apparenza diversissimo da lui, ovvero Giacomo Leopardi, e non solo per il forte sebbene ambiguo legame che entrambe gli autori svilupparono per la loro città natale, Providence per il primo e Recanati per il secondo. Lovecraft condivide col poeta de L’infinito il concetto di pessimismo cosmico, cui dava un nome pure molto simile, ovvero “cosmismo”. Il mondo di Lovecraft è infatti popolato di divinità malvagie o quantomeno indifferenti, che trattano gli esseri umani alla stessa stregua di insetti, in maniera non dissimile dalla leopardiana “natura matrigna”.

I "miti di Cthulhu" infatti capovolgono qualsiasi concetto religioso proponendo una visione terrificante: gli dei non sono né buoni, né indifferenti. Sono proprio malvagi. O meglio, sono come noi nei confronti di mosche o formiche, esattamente come Leopardi capovolge qualsiasi provvidenza divina.

Noi siamo cresciuti con una visione cristiana, che dà per scontata la bontà dell'Essere Supremo, che arriva addirittura a incarnarsi e morire per l'Umanità. Ebrei e musulmani invece hanno una visione di un Dio che più che buono è giusto, e premia i buoni e punisce i malvagi. Il Male è dovuto alla presenza di Satana, che non è un dio. Gli antichi dei pagani non erano né buoni né giusti ma con un paio di montoni sacrificati potevi farteli amici.

Gli dei di Lovecraft non sono nulla di tutto questo. Sono come siamo noi nei confronti degli insetti, che schiacciamo senza nemmeno accorgercene. La cosa agghiacciante della visione di Lovecraft è che è perfettamente verosimile: a un Essere infinitamente grande cosa dovrebbe importare di microbi come noi?

Cosa ci ricorda tutto questo? Il dialogo della Natura e di un islandese contenuto nelle Operette morali di Leopardi. Il personaggio dell’islandese tenta un dialogo con la Natura, spiegandole le sue disgrazie. La Natura replica con un duro argomento che distrugge ogni antropocentrismo: immaginavi tu forse che il mondo fosse fatto per causa vostra? E l’epilogo, inaspettato, conferma le parole della Natura. Giungono due leoni affamati che divorano l’islandese. Oppure un forte vento copre di sabbia l’islandese. Leopardi non da un finale univoco. L’unica cosa fuor di dubbio è che la Natura indifferente uccide l’islandese. E così sono le divinità cosmiche di Lovecraft, i Chtulhu, gli Yog Sothoth e gli Azathoth, incarnazioni di questa natura matrigna: nient’altro che forze cosmiche indifferenti.

Leopardi, senza saperlo, era molto "americano" nella sua visione. Perché la grande letteratura americana dell'Ottocento ha molto ben presente questo concetto di "Natura matrigna". Leopardi, che visse in ambienti altamente civili, ci arrivò attraverso la riflessione filosofica. I grandi scrittori americani dell'Ottocento ci arrivarono per esperienza diretta. Melville trasfigurò il suo pessimismo cosmico nella figura della Balena Bianca, mostro terrificante e indifferente contro il quale ogni lotta è inutile (Ahab e l'equipaggio del Pequod fanno la fine dell'islandese leopardiano), ma Melville aveva visto quei mostri marini dal vero. Jack London aveva visto la natura terrificante del Klondike, che trasforma il pacioso cane domestico Buck in un feroce lupo. Lovecraft, che arriva già da ambienti ed epoche più civilizzate, la trasfigura in una sorta di mitologia. Anche se pure in Lovecraft è presente la natura estrema: basti pensare "Alle Montagne della Follia".

Anche nella modernissima America divenuta superpotenza con megalopoli immense e una scienza tesa a piegare la natura resta questa visione leopardiana: "Jaws" di Steven Spielberg è l'erede delle visioni di Melville e Lovecraft.

C’è però un terzo scrittore, anch’egli americano, che si discosta sia da Lovecraft che da Leopardi, e che vogliamo menzionare in quanto amico personale del Solitario di Providence: Robert Ervin Howard, il creatore del ciclo di Conan il barbaro. Il punto interessante è proprio la divergenza filosofica tra Howard e Lovecraft, divergenza che emerge anche dalle lettere che i due si scambiavano. Per Lovecraft la Natura è maligna, e l’uomo ha comunque il dovere di contrastarla con la scienza. Anche qui abbiamo una visione “leopardiana” che si ritrova nella Ginestra dove Leopardi attacca la moda spiritualista romantica richiamandosi all’Illuminismo.

Howard ha una visione diversa: il suo Conan in più di un’occasione elogia la barbarie, lo stato di natura, come l’unico davvero possibile e auspicabile, e deplora la civiltà come passeggera e corruttrice. I nemici di Conan sono maghi, che è come dire, trasponendo in un contesto fantasy, degli scienziati. Forse anche le provenienze geografiche influiscono. Leopardi e Lovecraft provenivano da zone “civili” come l’Italia e il nord degli Stati Uniti, mentre Howard era originario del Texas, ancora terra di frontiera, di cowboy e di indiani a inizio Novecento.