Purtroppo è innegabile: nella letteratura italiana ci sono autori che furono cult, ma che oggi nessuno o quasi ricorda. Questo destino accomuna anche lo scrittore, giornalista e critico d’arte Pier Angelo Soldini, nato a Castelnuovo Scrivia (Alessandria) il 25 maggio 1910 e deceduto a Volpedo (Alessandria) il 12 luglio 1974.
Soldini, a venticinque anni, con il suo primo romanzo Alghe e Meduse ottenne il Premio Viareggio, l’anno seguente con il romanzo Finimondo vinse il premio Foce e nel 1957 con il romanzo Sole e bandiere il premio Bagutta. Come giornalista collaborò alla terza pagina de La Stampa e alla Gazzetta del Popolo. Negli anni Cinquanta del ‘900 divenne caporedattore del settimanale Tempo, direttore della sezione libri della casa editrice Palazzi e responsabile della collana narrativa della casa editrice Ceschina.
La biblioteca civica di Castelnuovo Scrivia, a lui dedicata, è custode di circa 1750 lettere inviate e ricevute da Pier Angelo Soldini. A mandargliele furono amici, collaboratori, giornalisti, editori, letterati. Leggendole, queste missive riflettono la situazione culturale italiana nei decenni ’30-’40-’50 e ’60 del Novecento. Ci raccontano di un momento storico ben preciso, prendendo spunto dall’osservazione quotidiana della realtà. Ciò le rende vive, interessanti, curiose, perché aprono una finestra su un mondo, che ci siamo appena lasciati alle spalle.
Ad accompagnarci in questo viaggio alla riscoperta dell’uomo Soldini, delle sue vicende pubbliche e private, è lo scrittore, critico letterario e partigiano Sirio Guerrieri (Vezzano Ligure 1916 – La Spezia 2009), che in una lettera pone l’attenzione sulle piccole cose e sulla notizia della pubblicazione del libro che ha curato, intitolato Un uomo e il suo tempo: Pier Angelo Soldini.
Secondo Guerrieri, un ragazzetto che, come Pier Angelo Soldini, amava gironzolare tra i boschi dello Scrivia, andar per nidi, perdersi tra le lanche del torrente dimenticando il trascorrere delle ore, non poteva crescendo, divenire un adulto pantofolaio e casalingo. Ciò è confermato dalla gamma degli incontri, delle genti e dei paesi che arricchisce la sua varia e intrecciata umanità.
Facciamo un passo alla volta.
Soldini nasce nel 1910 e si forma negli ’20-’30 del Novecento. Di conseguenza egli è testimone dei grandi eventi, che hanno caratterizzato l’Europa e l’Italia nella prima metà del ‘900. Sono gli anni della Prima Guerra Mondiale (1915-1918), della fondazione del partito comunista e dell’affermarsi del fascismo con la fine della democrazia liberale (1926). In ambito economico assiste alla ripresa dello sviluppo industriale e alle riforme agricole (1923-1925). In quello religioso ai Patti Lateranensi (1929) stipulati tra la Santa Sede e lo Stato italiano. Ondate di nazionalismo pervadono l’Italia enfatizzando il mito di Roma, ne è conseguenza il colonialismo con l’invasione da parte dei soldati italiani dell’Etiopia (1935) e la proclamazione dell’Impero da parte di Mussolini (1936).
Quando scoppia la Seconda Guerra Mondiale Soldini è un uomo fatto e finito. È ben consapevole dei costi umani e materiali di questo conflitto, delle spinte rivoluzionarie e dell’insoddisfazione dei reduci. Nel 1946 nasce la Repubblica Italiana. Il 1° gennaio 1948 entra in vigore la Costituzione. La democrazia è vissuta attraverso i partiti, che hanno un ruolo importante nel guidare le sorti della nuova Repubblica, ma che spesso portano a scontri ideologici. Indubbiamente si tratta di un periodo di grande fermento, di confusione ideologica. Per tutti, Pier Angelo Soldini compreso. Leggendo le lettere compare spesso il dramma della generazione di Soldini.
Scrive Sirio Guerrieri:
La generazione di Pier Angelo Soldini è la generazione dell'inquietudine. Una generazione di transizione. Cresciuta nell’intemperie spirituale con risentimenti nazionali, contrasti religiosi ed ideologici si è smarrita nell'irrazionale. Ha fatto dell'ansia, della fuga dal presente la sua categoria ideale.
Continua Guerrieri:
Questi uomini e queste donne hanno perduto la fede per aver troppo creduto e si sono chiusi, prigionieri della diffidenza, del sospetto, della malafede, di ben congegnate trame, di fluide quasi impercettibili congiure.
Lettera di Luciano Garibaldi, giornalista del “Corriere Mercantile”, 28 aprile 1970.
Genova, 28 aprile 1970
Carissimo Pier Angelo,
soltanto oggi rispondo alla Tua lettera con la quale mi accompagnavi "Un uomo in città". Ho atteso così tanto, prima di tutto l’arrivo della mia primogenita Simonetta, che -come puoi immaginare- ha gettato lo scompiglio in casa Garibaldi, impedendomi di dedicarmi agli amici con la dovuta attenzione; poi perché volevo che comparisse sul “Mercantile” la recensione al tuo bellissimo libro. Il che è avvenuto soltanto ora.
Mi rammarico soprattutto di non aver potuto concedere maggior spazio a "Un uomo in città". La ragione la conosci. Il “Mercantile” di oggi è fatto con criteri diversi da quelli di un tempo. Per disposizione precisa del direttore, tutti i libri vanno recensiti nell’apposita rubrica e il massimo che si può fare è una cartella di roba. Certamente, tu lo sai bene, avrei voluto fare di più. Come del resto il tuo lavoro merita perché investe la problematica forse più importante dell’uomo d’oggi.
Passato il “terremoto” della nascita di Simonetta, mi sono finalmente accinto a leggere le tue pagine, nella tranquillità del mio studio. Mi chiedi, nella tua lettera, di farti conoscere le mie reazioni personali e non soltanto quelle “critiche” destinate ai lettori. Ebbene, ti dirò soltanto poche cose: mi sono commosso fino alle lacrime leggendo certe tue pagine, così vere, così stilisticamente perfette. Giudico “Un uomo in città” superiore a quel piccolo capolavoro che fu "Sole e bandiere". Superiore perché più profondamente umano, perché non parla di eroi, ma di uomini, e non è la gente come me, voglio dire, per quante illusioni ci facciamo, non riusciremo mai ad essere degli eroi.
Come sempre, hai fatto un lavoro di cesello, sui sentimenti e sul linguaggio, e certe volte mi sono trovato combattuto fra due tipi di riflessioni: da una parte, la meditazione sul contenuto dei tuoi racconti; dall’altra l’ammirazione per la forma con la quale esprimevi questo contenuto. La prima lettura è stata, necessariamente, affrettata. Ora desidero rileggermi con maggiore attenzione alcune parti, che mi hanno colpito.
Spero di avere quanto prima l’occasione di venire a trovarti. Così parleremo a voce anche di questo. Perché non mi scrivi raccontandomi del tuo lavoro e dei tuoi progressi?
Da tempo non ci vediamo più. Non vieni a Santa Margherita? Sarebbe l’occasione per qualche simpatica passeggiata… fino alla testa del porticciolo. Io mi abbruttisco sempre di più nella mia condizione rinunciataria e borghese. Sono diventato come tutti gli altri genovesi: fare quattrini (pochi) e basta. Ho persino scritto un libro sulla Luna e lo spazio. Figurati! Insieme con Guido Coppini, editore Immordino. Uscirà fra qualche giorno. Ma è robaccia giornalistica, buttata giù in fretta tra un titolo di esteri e un servizio di nera.
Un bel libro in testa l’avrei: i fatti di Genova (giugno 1960), ovvero la grande svolta storica dell’Italia alle soglie del comunismo. Ma sarebbe fatalmente un libro politico, anche se onesto dal punto di vista storico. Tu sai come la penso. Per il resto, solito lavoro al “Mercantile”, molte collaborazioni a “Gente”, meno a “La Nazione”, attività Pr e consulenza stampa per aziende.
Scrivimi, dandomi notizie sulle vendite di Un uomo in città Ti abbraccio fraternamente Tuo Luciano G.
Ciascun autore porta il suo male dentro di sé, come una spina. Tenta di liberarsene: scrivendone, parlandone. Questo malessere interiore tuttavia non impedisce a Soldini la riflessione sul passato e l’amicizia con chi ha fatto un percorso intellettuale differente dal suo. Infatti un notevole gruppo di lettere contiene la corrispondenza intrattenuta da Soldini con lo scrittore e pittore futurista Guido Seborga. Seborga gli confida il suo dramma, la sua delusione per clima sociale e politico in Italia e gli scrive: “sono sempre stato antifascista e tu lo sai”. Di contro Soldini è un uomo che sta facendo i conti con il suo passato, con l’illusione del fascismo e ha nella cerchia dei suoi intimi amici Seborga, un antifascista.
A proposito di Soldini, Sirio Guerrieri:
Tutti si sono adeguati ai nuovi climi morali e non pare abbiano sensi di colpa, anzi sono fieri, all’occorrenza prepotenti, intollerabili e infallibili. Il panorama della vita spirituale del tempo, dell’opportunismo degli intellettuali, dei politici, degli scrittori e dei poeti, la loro presunzione lo deprime. L’immagine è quella di un uomo amareggiato e deluso e tuttavia disposto a credere, a operare e a sperare disperatamente.
Ciò nonostante Soldini guarda avanti. Per la maggior parte dei giornalisti Soldini è un collega super partes, intelligente, arguto, al quale si possono proporre servizi anche scottanti, sicuri di essere capiti, ascoltati. Lo sperava disperatamente anche il giornalista siciliano Giuseppe Fava, ucciso dalla mafia il 5 gennaio del 1984, mentre stava recandosi al teatro Verga, a Catania, per prendere la nipote, che stava recitando. Aveva da poco lasciato la redazione ma, mentre era ancora in auto, fu colpito alla nuca da 5 proiettili calibro 7,65
Lettera di Giuseppe Fava, Catania 14-2-1965.
Catania, 14-2-65
Caro Soldini,
avrei dovuto telefonarti martedì scorso, ma mi trovavo fuori Catania per servizio ed ho preferito comunque lasciar trascorrere la settimana per poterTi fare un panorama più preciso degli eventuali servizi. Ecco di seguito le proposte che ti faccio:
I°) Servizio intervista con il presidente della Regione siciliana, barone Coniglio. Come ti dissi: “L’uomo che deve per forza spendere 210 miliardi”. Questa somma quasi favolosa rappresenta i tributi che lo Stato in base all’art.38 dello Statuto versa da anni alla regione e che, per il mancato accordo sui criteri d’impiego, sono rimasti finora accantonati nelle banche. Insomma la Regione siciliana aveva centinaia di miliardi, in denaro liquido, da spendere, e intanto c’erano vergogne come quella di Palma di Montechiaro dove non esistono fognature, acquedotto, scuole, ospedali. Ora la legge è stata finalmente varata e i criteri di spesa (i miliardi nel frattempo aumentano) sono stati stabiliti. C’è un eccezionale servizio da fare sull’argomento, attraverso una intervista con il presidente Coniglio che, a parte tutto, è un vero personaggio (finalmente un uomo che sembra deciso).
2°) Un’intervista con Salvatore Gallo, l’ergastolano innocente. Come ricordi, Tempo fu il settimanale che trattò più ampiamente di qualsiasi altro questo personaggio strano e doloroso. Anche per la straordinaria ricchezza del materiale fotografico e per la possibilità di interviste dirette siamo in condizione più di qualsiasi altro settimanale di fare finalmente un servizio “vero” sull’uomo e sulla sua straordinaria situazione.
3°) I monaci di Mazzarino. Come saprai, ieri l’altro, una sentenza della Cassazione ha annullato la sentenza di condanna dei monaci, ordinando un nuovo processo. Si può ricavare un servizio, rifacendo l’iter della vicenda e narrando i personaggi come sono ora, quello che fanno, cosa dicono…
4°) Attualmente tutti i dipendenti comunali e provinciali di Sicilia sono in sciopero. Circa centomila persone, compresi gli ospedalieri, i netturbini, i bidelli, i funzionari, i vigili urbani. Le città sono ridotte ad un letamaio, negli ospedali e nelle scuole la situazione è drammatica. Il traffico è un caos. La causa dello sciopero è un provvedimento emanato due mesi or sono dal capo provvisorio della repubblica, su proposta del ministro degli interni, per annullare alcuni miglioramenti economici dei dipendenti degli enti locali siciliani (indennità di fine servizio e aumento degli assegni familiari). La Regione afferma che la competenza per simili provvedimenti economici è sua, lo Stato, per firma del Presidente, sostiene il contrario. La situazione sembra senza vie d’uscite. E intanto tutta l’isola è in un disordine amministrativo spaventoso. Ci sono aspetti grotteschi ed altri drammatici.
Ti abbraccio caramente. Fai i miei auguri più affettuosi al caro Stajano; spero che mi abbia perdonato per non avergli spedito almeno un telegramma di congratulazioni per le nozze.
Tuo Giuseppe Fava