“U” è lettera concava, cavea morfologica: esprime raccoglimento e meraviglia, profondità sonore del teatro della vita.
Il suo suono ha valenza nel molle ventre: porzione lunare pennellata dal sole.
Ellisse a metà con volontà di pronunciare le labbra e la forza di fuoriuscirvi in suono.
Ha una sola posa perché possa esprimersi in parola.
Mutando angolazione, ne muta il senso e l'uso canoro diviene canone.
La “U” è una delle forme dell'architettura ed in planimetria esprime l'abbraccio del potere, la sua aperta visuale alla magnificenza del palazzo di foggia aristocratica, proscenio all'esclusivo ingresso nei suoi alloggi.
Villa Panza di Biumo è una “U” architettonica, voluta dal marchese Paolo Antonio Menafoglio, verso la metà del XVIII secolo, presso la tenuta di Biumo Superiore, a Varese. Questa “U” è stata la sua residenza privata. Posta in posizione collinare, è conforme alla struttura delle dimore signorili, ma volge le spalle allo spettatore della strada. La bellezza dei suoi contenuti domestici, il suo fronte, è rivolto alla visione del cielo che invade la vista dei giardini a 360°. Una villa che porta la forma della ventunesima lettera dell'alfabeto latino. Posizione 21 che nell'alfabeto italiano corrisponde alla “Z”: zig-zag luminoso del lampo di “l-u-ce”. Luce che investe la villa nella corte, nelle stanze e negli spazi aperti. Nel tempo, coi passaggi di proprietà, la tenuta di Biumo, ha perso la condizione ancillare al sole per divenire essa stessa imperitura iridescente lanterna, attraverso l'Arte. Nel 1935 la villa diviene di proprietà della famiglia Panza e giunge, con modifiche e ampliamenti, a manifestare a pieno questo suo carattere. Giuseppe Panza di Biumo ne diviene autore e mecenate, andando oltre gli interventi degli anni trenta, realizzati per mano del Portaluppi, sino ad esprimere della villa, il tema del passaggio luminoso. Essa è il luogo dove la luce è abito e contenuto: luce per l'Arte e Arte di Luce
Dal 1996 la villa è patrimonio del FAI, ceduta, in accordo con la famiglia, da Guiseppe Panza di Biumo. Aperta al pubblico nel 2000, dopo una accurata ripartizione dell'enorme patrimonio della Collezione Panza (circa 2500 opere), a musei quali: Guggenheim di New York e Museo d'Arte Contemporanea di Los Angeles. Dettagliate sono state le disposizioni date da Giuseppe Panza sulla collocazione delle opere d'Arte nella villa e il relativo posizionamento degli arredi. La villa risponde al principio “polifonico” di integrazione, a più livelli, di sensazioni differenti tra loro, per stile e contenuti artistici, magistralmente accorpate in un unico armonico insieme. La capacità registica di Giuseppe Panza di Biumo, nel creare l'ambiente perfetto per esprimere l'Arte Contemporanea, si mescola al gusto per l'Arte Primitiva Precolombiana e Africana, accostate ad arredi rinascimentali, pezzi veneziani e elementi d'arredo del '900 disegnati da Luigi Caccia Dominioni. Opera complessa è stato il mantenere ciò che è esterno alla villa al suo interno e viceversa, ponendo la scena del verde, dei giardini, nelle dinamiche prospettiche di luce e vetrate e la “meteo-cromia” del cielo in relazione con i tratti della Storia. Tutto questo fa di Villa Panza di Biumo una vertigine di primati espressivi dell'Arte che non ha eguali al mondo.
La Collezione Panza è il raccordo ideale tra l'Arte Americana e l'Europa. Dall'Espressionismo Astratto di Franz Kline e Mark Rothko, alla Pop Art di Rauschenberg e Claes Oldenburg, passando per l'Arte Concettuale e la Minimal Art di Donald Judd e Dan Flavin, arrivando ai monocromi degli anni ottanta di David Simpson e Phil Sims.
Nel 1969 Giuseppe Panza di Biumo porta per la prima volta in Italia i massimi esponenti dell'Arte Ambientale Americana: Robert Irwin e James Turrell.
Questo passaggio è espresso con rilievo nella mostra: “AISTHESIS – All'origine delle sensazioni, Robert Irwin e James Turrel a Villa Panza”, aperta fino al 2 Novembre 2014. Dalle sensazioni, Irwin e Turrell, sono partiti e ad esse sono rimasti fedeli. Negli anni '70 operando nei rustici della tenuta di Biumo (Es. “Varese Portal Room”, 1973, R. Irwin e “Lunette”, 1974, J. Turrell) arrivano a dialogare perfettamente con altre opere site-specific di quegli anni, come il “Varese Corridor” di Dan Flavin. La mostra trasforma lo spazio nella compiuta allegoria di pieni e vuoti che si materializzano all'occhio solo attraverso la luce. Il luogo è trasformato per essere in accordo con i progetti site-specific. Questi progetti investono la forma della tridimensionalità che la luce misurata riesce ad esprimere.
Turrell e Irwin sono di Los Angeles e rappresentano la corrente artistica “Light and Space”. Operano da angolazioni differenti per raggiungere il dialogo spirituale che è intrinseco all'atmosfera. Turrel lavora rivolto alla comprensione della luce interiore e agisce con l'energia che gli deriva dall'applicarsi alla scienza e alla tecnologia, vivendo dello spazio, del cielo e della luce. Irwin nasce come pittore e dalla pittura approda alla luce e alle sue prospettive attraverso la sensazione materica del colore, partendo dai maestri del '900 per approdare all'esperienza della pura sensazione luministica. In entrambi vi è la creazione del moto dell'esperienza attraverso il moto cromatico chiaroscurale, per il superamento delle certezze date.
La mostra porta in rilievo la villa come progetto per l' Arte. Il suo respiro è collegato alla filosofia e alla psicologia della percezione. Gli allestimenti sono dedicati alla tonalità dell'indefinibile (Es. “Varese Scrim”, 1973, R. Irwin e “Ganzfeld”, 2013, J.Turrell) Posto di rilievo, nell' esposizione, ha la figura di Giuseppe Panza di Biumo. Permeata di cultura artistica americana, la personalità del grande collezionista trasuda dai suoi progetti grafici e si declina nel divenire committente e curatore del sistema dell'Arte Ambientale. Pioniere nel progetto editativo dell'arte, nella sua dimora, si applica a questo luogo particolare per esprimere un principio divenuto in seguito universale: non luoghi per l'Arte, ma luoghi dell'Arte. Dedicazione del luogo al sistema dell'esperienza artistica politonale, dove morfologia e contenuto hanno un senso per sé e nello spazio. L'Arte è il luogo, il senso, il suo indirizzo, la sua definizione ed identità. La villa diviene esperibile nell'immaterialità che luce e cielo le donano. Nelle concatenazioni architettoniche di Villa Panza c'è la possibilità di comprendere la perdita della misura dell'uomo attraverso l'Arte: misura che ha nell'energia e nelle sue ragioni l'indecifrabile profilo. L'intero complesso della villa resta l'unico luogo al mondo dove trovare, in permanenza, opere compiute di Turrell e Irwin dialoganti con la natura e da essa influenzate. Aperture verso il cielo (“Sky Space I”, 1974, J. Turrell) che ci proiettano nella corte della casa del Mantegna a Mantova: quadrati perfetti, o cerchi perfetti (“Untitled”, 1963-1965 e “Untitled”, 1969, R. Irwin), forse “dischi”, all'occhio delle sensazioni.
Gli spazi si vestono e si moltiplicano in trasparenti evanescenze materiali, si fluidificano nelle tinteggiature di luce, sembianti della tabella psico-cromatica del Pontormo.
Anna Bernardini Direttrice di Villa Panza e Collezione Panza, nonché curatrice della mostra con Michael Govan, del LACMA di Los Angeles, dal 2006, anno nel quale riceve l'incarico, opera a stretto giro con quanto ha respirato del lavoro svolto a diretto contatto con Giuseppe Panza e nel rispetto della figlianza alla formazione di metodo e sensibilità critica di Giovanni Testori. Esprimendo con rigore lo spirito visionario ed eclettico del nostro anfitrione ha fatto sua l'intuizione che come una staffetta, è passata di mano in mano, da Mondrian, che nel 1920 la dichiara, a Panza di Biumo, con Turrell e Irwin: “l'Arte del futuro si focalizzerà sul rapporto tra l'opera e lo spazio”. Già al tempo di Mondrian era in atto il processo di dematerializzazione, incontenibile divenire della luce: dall'abbaglio, alla rivelazione. “L-U-CE” che in Villa Panza ha trovato la sua vocale più espressiva...quella “U” dell' Arte che le corrisponde.
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