Siamo appena all’inizio del 2024 e nel mondo dell’arte è ancora protagonista una causa iniziata nel 2015 e che ancora oggi potrebbe rivelare i lati oscuri del mercato dell’arte. Protagonisti di questo caso sono Dmitry Rybolovlev, imprenditore russo e proprietario per due terzi dell’As Monaco e Yves Bouvier un mercante d’arte svizzero.
Il loro rapporto inizia nel 2003, quando Rybolovlev si rivolge a Bouvier per costruire la propria collezione d’arte; da quel momento l’oligarca russo ha speso più di 1 miliardo di dollari in opere d’arte.
Nonostante l’importanza delle opere acquistate grazie all’art advisor Yves Bouvier, nel corso degli anni Rybolovlev iniziò a nutrire non pochi dubbi sul valore monetario delle opere. Secondo l’impreditore russo, durante gli anni della loro collaborazione, Bouvier ha svolto il duplice ruolo di consulente e venditore provvedendo all’acquisto delle opere dal venditore originale, per poi rivenderle al suo cliente ad un prezzo maggiorato. Bouvier, inoltre, sosteneva di poter far risparmiare Rybolovlev gestendo le trattative per le opere d'arte in cambio di una commissione del 2%.
Tra l’elenco di opere vendute da Bouvier figurano opere di Magritte, Modigliani, Klimt, Gauguin, Rodin, Rothko, Toulouse-Lautrec e Matisse.
Ad acuire le preoccupazioni di Rybolovlev fu però l’acquisto del “Salvator Mundi” di Leonardo Da Vinci.
L’opera venne infatti acquistata da Bouvier in un’asta privata di Sotheby’s per 75-80 milioni di dollari e il giorno dopo venne rivenduta a Dmitry Rybolovlev per 127,5 milioni di dollari.
Nel 2015, reduce da anni di dubbi e sospetti, l’imprenditore russo tornò da Sotheby’s per chiedere una valutazione del “Salvator Mundi” e l’opera venne valutata 114 milioni. Complice la variabilità del mercato dell’arte, la differenza della valutazione non risultò una prova schiacciante, in quanto l’opera poteva aver perso valore nel corso degli anni o semplicemente le valutazioni espresse da due esperti diversi sono risultate divergenti.
Nonostante ciò, il 25 febbraio dello stesso anno Bouvier venne incriminato a Monaco con l’accusa di frode e riciclaggio di denaro ai danni della famiglia di Rybolovlev, usando società offshore per nascondere i suoi guadagni.
Bouvier ha sempre respinto le accuse e nonostante il caso abbia coinvolto i tribunali di Monaco, Parigi, New York, Londra, Ginevra e Singapore, alla fine dell'anno scorso i due hanno risolto la questione pacificamente, in via extragiudiziale esonerando così Bouvier dal processo di Manhattan.
Nel corso di questo racconto si posiziona anche il coinvolgimento, nel 2016, di Dmitry Rybolovlev nei Panama Papers, l'inchiesta dell'International Consortium of Investigative Journalists (ICIJ) su paradisi fiscali e conti offshore, nata dalla più grande fuga di notizie della finanza internazionale e basata su documenti dello studio legale Mossack Fonseca con sede a Panama city.
Secondo i Panama Papers, Mossack Fonseca aiutò il businessman a trasferire le opere d'arte di sua proprietà a una società appositamente istituita alle Isole Vergini britanniche: la Xitrans Finance Ltd. Al tempo Rybolovlev usò la società per nascondere parte della sua collezione alla ex moglie Elena, per evitare di dividere con quest’ultima un ulteriore parte del suo patrimonio.
Successivamente nel 2017 un altro evento degno di nota contrassegnò la travagliata storia del collezionismo di Dmitry Rybolovlev: la vendita all’asta da Christie’s del “Salvator Mundi” di Leonardo, per la modica cifra di 450,3 milioni di dollari.
Nonostante la vendita dell’opera d’arte più costosa al mondo, il 2 novembre 2018 Rybolovlev continua la sua crociata citando in giudizio Sotheby’s per 380 milioni di dollari, sostenendo che la casa d’aste abbia “aiutato la più grande frode d’arte della storia” e che Sotheby’s abbia “consapevolmente e intenzionalmente reso possibile la frode”.
Sotheby’s si dichiara estranea alla faccenda, ma Daniel Kornstein (legale di Dmitry Rybolovlev), insiste sul fatto che un dirigente di Sotheby's faceva parte di un gruppo di dirigenti coinvolti in un'elaborata frode: “Sotheby’s poteva scegliere, ma ha scelto l’avidità” ha dichiarato Kornestein in aula.
Ad oggi la battaglia legale del miliardario russo continua e riporta l’attenzione sui meccanismi segreti che da sempre circondano il mercato dell’arte e il mondo delle case d’asta, nella speranza di insistere su una maggiore trasparenza del mercato dell’arte.