Comincio con la premessa che, anche io, la prima volta che mi sono recata al Louvre, acerba ancora di conoscenza, ero impaziente di trovarmi al cospetto del mito della Monna Lisa. Sembrava una sorta di appuntamento al buio, uno di quelli che ti manda fuori di testa perché non sai come andrà a finire: ti piacerà, ti deluderà, avrai voglia di scappare, non vorrai più andar via. Sta di fatto che l'attesa aumenta il livello di adrenalina e le conseguenze dell'esplosione sono tutte da scoprire.
Ed ecco che, in una sala, a lei dedicata, all'interno di una teca e con una processione di turisti curiosi che si affollano al suo cospetto, la si riesce ad intravedere ma bisogna aspettare che la folla defluisca per riuscire a vederla bene. E poi, quando la vedi, la contempli, puoi pensare... tutto qui? Un dipinto su tavola di 77 cm x 53 cm, realizzato con tonalità scure, da ammirare sotto una teca con tutti i riflessi di luce che interferiscono. Ebbene sì, questa è la Gioconda e l'iter da compiere per poterla ammirare.
Il famoso volto, dal sorriso (o forse non sorride) enigmatico, che forse era la rappresentazione della versione femminile dello stesso Leonardo, che non si sa bene chi fosse davvero ritratta, in che momento e in quale location. Sta di fatto che, ogni anno, il Louvre registra milioni di visitatori che principalmente vengono per vedere lei, la Monna Lisa. E i turisti, affascinati dal mito di quest'opera si perdono il gusto di tutto il resto. Infatti, sia a destra che a sinistra della Gioconda ci sono due porte che conducono ad altre stanze che custodiscono dipinti davvero molto interessanti.
In particolare, guardando frontalmente l'opera, a destra, c'è una stanza con una delle creazioni più belle (a mio avviso) del Da Vinci: la Vergine delle rocce. Almeno la prima versione. Già perché ci sono due Vergine delle rocce. L'altra è custodita alla National Gallery di Londra. Un dipinto su tavola, trasportato poi su tela, che ha rappresentato una delle controversie più interessanti dell'operato di Leonardo.
La Vergine delle rocce ci racconta dell'incontro tra Gesù e il Giovanni Battista, un evento che viene citato solo nei Vangeli apocrifi. La scena si svolge all’interno di una grotta dallo sfondo cupo e roccioso (proprio come avviene nel quadro de La Gioconda). Al centro vediamo la Vergine Maria nell'atto di posare la mano destra sulla spalla del piccolo Giovanni Battista, inginocchiato in preghiera. A destra c'è Gesù, mentre benedice il cugino. Maria pone la sua mano, sul capo del figlio, come in segno di protezione. Dietro Gesù, vediamo l'angelo che indica con la mano il Giovanni Battista mentre guarda dritto lo spettatore con un sorriso enigmatico (ed eccola che ritorna la smorfia da decifrare: è un sorriso? o no? e che vorrà dire? Da Vinci si burla di noi?).
Il quadro, di per sé, è molto bello e suggestivo. Il paesaggio, l'atmosfera, i volti dei personaggi ma la controversia intorno a questo quadro è sicuramente più stuzzicante di tutto quello che si è raccontato sulla Monna Lisa. La Vergine delle Rocce presentava dei dettagli che sono stati definiti "inquietanti". Ad esempio le sembianze dell'angelo, simili a quelle di un'arpia e la mano di Maria, posta su Gesù, ricorda l'artiglio di un’aquila.
In epoca contemporanea, lo scrittore Dan Brown, nel suo Il Codice Da Vinci, aggiunge un ulteriore dettaglio. La mano di Maria sembra afferrare una testa (immaginaria), per i capelli, mentre il dito dell'angelo posto ad indicare il Battista, è collocato all'altezza del collo, di questa testa invisibile, come a sottolineare una sorta di atto di decapitazione. Sicuramente molto fantasioso ma tutto ciò contribuisce ad alimentare la storia che si nasconde dietro la necessità di Leonardo, di dipingere una seconda versione, quella di Londra appunto, anche se si creda che non sia un originale dello stesso pittore ma che fu fatta dipingere da alcuni suoi allievi.
La confraternita francescana dell’Immacolata Concezione di Maria, che commissionò il dipinto, chiese una pala che raffigurassero la Madonna, il Gesù e che fosse evocativo del tema dell’Immacolata Concezione (in onore della confraternita stessa). Il contratto originale prevedeva la richiesta un trittico in modo da avere anche la figura di Dio, di due profeti e quattro angeli. Ma il pittore fece di testa sua, realizzando un'opera personalizzata dalle sue idee e la confraternita rifiutò l'opera. A questo rifiuto seguì un contenzioso, di natura economica, con conseguente mancata consegna del dipinto.
La controversia si risolse solo nel 1506 (l'ora fu commissionata nel 1483 e terminata due anni dopo), con la metà del pagamento e la portata a termine, con relativa consegna, della tavola. Nel 1508 Leonardo consegna alla confraternita una seconda versione dell’opera, in cui elimina gli elementi controversi, come la mano dell’angelo che indica Giovanni Battista, e aggiunge un’iconografia più tradizionale.
In seguito, l'opera fu venduta a Ludovico il Moro, in seguito passò a Francesco I re di Francia e oggi la possiamo vedere al Louvre. La seconda versione, alla National Gallery di Londra, risale al 1508 e vede l'eliminazione dei "dettagli" scomodi e non graditi alla confraternita. Come detto prima, non è certa la mano di Leonardo, su questa seconda versione. Inoltre alcune analisi fatte sul dipinto hanno denunciato un altro fatto molto interessante. Pare che la tela, in prima battuta, fosse stata utilizzata da Leonardo per realizzare un altro soggetto. Insomma, una bella e altrettanto enigmatica storia da poter ammirare al Louvre.