Tiziano Vecellio è tra gli artisti di spicco del sedicesimo secolo ad aver lasciato un segno indelebile nella cultura artistica italiana. Ciò che lo differenzia da molti altri artisti consiste nella duttilità nella comprensione delle tendenze artistiche mutevoli, e la sua capacità di farle proprie, riadattandole senza perdere la sua identità. Probabilmente alunno di Giovanni Bellini e collaboratore di Giorgione, sviluppa il proprio linguaggio artistico intrecciando un’impeccabile tecnica coloristica e forte dinamismo compositivo. Sono la sua forte capacità di adattamento e la sua ricerca artistica oltre al convenzionale ad attirare numerose committenze internazionali, a posizionarlo come protagonista della scena pittorica veneziana e, alla morte di Bellini, all’ottenimento del titolo di pittore ufficiale della Serenissima.
Tiziano comincia a operare nei primi anni del Cinquecento, periodo di grandi cambiamenti nella scena artistica italiana, dove al policentrismo artistico rinascimentale viene sostituita l’egemonia di pochi e grandi modelli artistici. Contestualmente, la penisola italiana è terreno di una forte crisi economico-politica, reduce dalle mire espansionistiche di Carlo VIII di Francia e dal declino del sogno della restauratio di papa Giulio II. L’Europa è in rapida trasformazione e la minaccia incombente dell’invasione ottomana spinge la penisola verso una posizione sempre più periferica. I forti subbugli e la situazione di instabilità politica hanno un forte effetto sulla società artistica, minando le certezze e la concezione dell’uomo che si erano affermate in età Rinascimentale.
Nella sua arte, Tiziano sembra fare propri questi cambiamenti e mette in discussione i dettami figurativi rinascimentali. Similmente a Michelangelo, Leonardo e Raffaello, Vecellio ha avuto una lunga carriera e significativamente influenzato la cultura artistica successiva, inspirando artisti di fondamentale importanza quali Rubens, Manet, Velazquez e Rembrandt. Tuttavia, ciò che differenzia sostanzialmente la sua arte dagli altri massimi esponenti rinascimentali, consiste nel carattere evolutivo della sua pittura, che si caratterizza da diversi stili.
La prima fase, quella giorgionesca, si caratterizza da un sapiente tonalismo e uso innovativo del colore, sia nella resa ambientale che negli incarnati, dati da accostamenti di pennellate brevi di colore e il non-uso del nero. Successivamente, il coinvolgimento nei fatti politici dell’Italia centrale e le committenze dei d’Este lo aprono a temi mitologici. A questo punto, Tiziano coltiva un pubblico sempre più internazionale, e l’esecuzione del ritratto di Carlo V a cavallo segna il punto d’inizio della tendenza del “Ritratto di Stato”, che diventa archetipo di ritratto di corte dell’allora Europa Occidentale.
L’avvento del Manierismo, gli avvenimenti geopolitici nazionali ed internazionali e la malattia influenzano pesantemente la pittura di Tiziano che, nell’ultima fase della sua carriera, assume toni decisamente più drammatici ed evanescenti, accompagnati da una forte sensibilità architettonica, probabilmente maturata dal legame con Giulio Romano, il quale realizza Palazzo Te a Mantova.
La fase giorgionesca
La prima fase artistica tizianesca è caratterizzata dalle influenze del collaboratore Giorgione, massimo esponente del tonalismo veneto. Filone artistico nel quale forte importanza è data ai colori, il tonalismo ambisce a rappresentare la realtà attraverso le lenti di uno studiato equilibrio cromatico, creando profondità spaziale attraverso l’uso di uno spettro diversificato di colori. Nello specifico, i toni caldi vengono usati nei primi e primissimi piani, e sfumano leggermente in tonalità più fredde a rappresentare spazi e oggetti in lontananza.
Le “Tre Età dell’Uomo”, conosciuto anche come “Idillio Campestre” del 1512, è perfetto esempio del tonalismo tizianesco, che tuttavia risulta più saturo e brillante rispetto all’equilibrio coloristico giorgionesco. Ambientata in un paesaggio idilliaco, si svolge una tra le più ricercate scene filosofico-umanistiche rappresentate su tela, a rimostranza della ricercatezza intellettuale di Vecellio. Come suggerisce il titolo, il dipinto raffigura le tre età dell’uomo, in tre contesti spaziali diversi. L’infanzia è rappresentata dai putti sulla destra che sembrano irradiare luce, contrastando i toni cupi del paesaggio collinare. La gioventù, in primissimo piano, è rappresentata da un uomo, il quale intensamente, fissa la fanciulla di fronte a sé, instaurando un attimo di forte tensione nel dipinto. Infine, la vecchiaia, con in mano un teschio, viene raffigurata sola e con il capo chino, sullo sfondo dell’idillio campestre.
Sin dalla prima fase della sua pittura, Tiziano dimostra tecniche di realizzazione diverse rispetto agli altri maestri rinascimentali. L’artista rende forte matericità nelle sue figure attraverso pennellate libere e l’accostamento di macchie di colore vivo, introducendo una nuova forma di rappresentazione dell’umano. Inoltre, l’ombra non è ottenuta da numerose velature com’era comune prassi rinascimentale, anzi Tiziano la ottiene accostando toni coloristici diversi, evitando l’uso del nero. Da questa maestria della resa coloristica, Tiziano è capace di far scaturire forti e maestosi effetti di luce, ombra e semiombra.
Perfetto esempio è l’“Assunta” del 1516, immensa pala d’altare che corona l’abside della Chiesa dei Frari a Venezia. È un tripudio di luce e colori caldi, che conferiscono forte solennità e drammaticità al dipinto. L’Assunta è perfetto esempio di stacco dalla statica pittura quattrocentesca e di evoluzione verso un tipo di pittura, quella cinquecentesca, notevolmente più dinamica e complessa. La tela raffigura l’ascensione della Madonna al cielo, e continuità tra il mondo terrestre e il mondo celeste è garantita dal braccio di un uomo e dalle gambe del puttino, creando un effetto di forte armonia ed equilibrio compositivo nel quadro.
La scena è animatamente popolata e il dinamismo, il vento che scompone le vesti della Madonna, i colori cupi contro un fondo luminosissimo, esaltano fortemente la solennità della scena. Similmente all’Idillio del 1512, le carnagioni e i volumi sono dati dagli accostamenti di colori vivaci e da pennellate brevi, ma corpose. Con l’Assunta del 1516, Tiziano ottiene grandissima popolarità, e sempre più frequenti sono le committenze dalle corti di Ferrara e Mantova.
Risulta chiaro quanto non sia solo il sapiente uso del colore a rendere la pittura di Tiziano avanguardista, tanto più anche la maestria nella composizione spaziale, la rottura degli schemi tradizionali e l’affermazione di un forte dinamismo. Emblematica è la “Pala Pesaro” del 1519, caratterizzata da uno stravolgimento architettonico e capovolgimento delle gerarchie compositive. La Madonna ed il bambino non sono più centro geometrico assoluto del dipinto, ma sono collocati sulla destra della scena. Costituiscono il punto focale luminoso della tela, e da essi si irradia una forte luce che oscura tutti gli altri personaggi. Il punto di vista di scorcio, le posizioni sciolte e più naturali e l’apparente asimmetria della struttura compositiva vengono resi più naturali e meno statici dalla struttura architettonica che, verticalmente, rompe ogni schema compositivo.
La fase mitologica
Parallela all’evoluzione dello stile pittorico, è l’evoluzione dei soggetti rappresentati nei suoi dipinti. Sotto l’influenza degli stili michelangiolesco e raffaellesco e dalle vicende politiche dell’Italia Centrale, Tiziano comincia a esplorare il tema delle poesie, ovvero rappresentazioni a tema mitologico. Ospite degli Este, viene incaricato di portare a completamento l’operazione artistica iniziata da Raffaello e Giovanni Bellini per la realizzazione dello spazio artistico di Alfonso d’Este. Tra gli episodi più celebri, “L’incontro tra Bacco e Arianna” del 1520 è una festa di colori squillanti ed equilibri compositivi.
Il filo rosso della pittura tizianesca, ovvero l’armonia cromatica e la composizione dinamica coinvolgono emotivamente l’osservatore, che rimane intrappolato nell’intenso scambio di sguardi tra Bacco, avvolto in un panno dall’incredibile effetto chiaroscurale, e Arianna, torta in una dinamica posa serpentinata, ancora scioccata dall’abbandonamento di Teseo, come narra il mito.
La fase della ritrattistica
Ormai verso la metà del secolo, Tiziano coltiva una florida committenza internazionale. Nel 1548 viene convocato ad Augusta, dove realizza il famoso ritratto di “Carlo V a cavallo”. Tiziano viene fortemente stimato dall’imperatore, il quale rappresenta in tutta la sua fierezza e solennità in groppa al suo cavallo nero pece e bardato da una lucidissima armatura, che riluce contro lo sfondo crepuscolare. Nasce con Tiziano il prototipo di ritratto di Stato, lo stesso che David realizzerà per Napoleone, al galoppo di un cavallo impennato, contro lo sfondo ostile delle Alpi. Tiziano dipingerà molti personaggi illustri, tra cui Aretino, Paolo III Farnese ed il figlio Carlo V, Filippo II di Spagna, creando un prototipo di ritratto lontano da quello psicologico raffaellesco ma più distaccato e diretto, dal quale si irradia il potere e l’importanza dei protagonisti.
La fase manierista
Con l’avanzare degli anni, la pittura tizianesca si fa più torbida e cupa, i colori sono meno squillanti e le forme sembrano decomporsi sotto lo sguardo dell’osservatore. L’“Incoronazione di Spine” che realizza per la seconda volta nel 1570, dopo la prima versione del 1542, ha una sensibilità prettamente manierista e drammatica. Se nella prima versione i personaggi sembrano scultoreamente illuminati, nel dipinto del ‘70 la luce si scompone in innumerevoli frantumi. La luce refratta vanifica la solidità strutturale e frange i contorni delle figure, che da adoni michelangioleschi sembrano decomporsi e annichilirsi nel buio. I colori scuri e torbidi, la disperazione che trapela dalla scena e la complessità della disposizione spaziale dei personaggi evocano una spiccata sensibilità manierista. Forte è la resa drammatica della scena, ed ulteriore solennità è conferita dall’austera collocazione spaziale che, seppur confusa nell’oscurità, comunica solennità e incornicia la scena svoltasi in primo piano.
Proseguendo verso gli ultimi anni di Tiziano, nella sua ultima fase pittorica egli estremizza le tendenze maturate in età manierista, spingendosi verso un nuovo tipo di astrattismo. La “Pietà” del 1576 consiste nell’ultimissima opera di Vecellio. Le figure sono evanescenti e il chiaroscuro è fortemente accentuato. L’artista realizza la “Pietà” per la sua stessa tomba, presso la chiesa di Santa Maria Gloriosa dei Frari, a Venezia, dove sarebbe stato seppellito il medesimo anno, dopo una morte dolorosa per peste.
La pittura di Tiziano risulta unica del suo genere: la sua incredibile capacità adattiva nei temi e stili lo ha reso un pittore estremamente contemporaneo in molteplici fasi storiche. Nonostante ciò, i cardini della sua pittura, ovvero il dinamismo e l’uso del colore, hanno sempre caratterizzato il filo rosso della sua pittura.
Tiziano esordisce con una pittura squillante e dal dinamismo trascinante, ad avvolgere temi ricercatissimi destinati a un pubblico elitario. Ha poi esplorato nuove tematiche, si è evoluto vivendo in alcune tra le corti più colte della penisola italiana. Ha instaurato un tipo di ritratto che avrebbe dominato la committenza altolocata contemporanea ed è stato fortemente influenzato dalla nuova corrente manierista. Sulla sua pittura è allora sceso un velo drammatico, i colori si sono man mano incupiti e le figure progressivamente disfatte, frastagliandosi. La realtà meno descrittiva, realizzata da pennellate più evanescenti. Tuttavia, non ha mai perso la sua identità, e ha sempre saputo interpretare la realtà senza snaturarsi. La sua continua evoluzione rende Tiziano tra i pittori rinascimentali italiani più apprezzati, sia in Italia che presso pubblici internazionali.
Referenze
The (2016). Titian (active about 1506; died 1576) | National Gallery, London.