“L’arte migliore è l’espressione esterna della vita interna di un artista, e questa sua vita interna darà luogo alla sua visione personale del mondo”.

(Edward Hopper)

Alla fine, in un modo o nell’altro, nelle opere d’arte di tutti gli artisti rimangono degli strascichi della loro vita, del loro accaduto e del contesto in cui sono vissuti.

La carriera di Edward Hopper come illustratore pubblicitario, la formazione newyorkese ma dalla reminiscenza impressionista, la passione per l’architettura, ed il forte amore per il cinema ed il teatro, sommati all’infelicità della relazione coniugale, e il contesto di guerra, plasmano la sua arte come creta, giungendo ad un risultato inimitabile. Un po’ vicino al surrealismo di De Chirico, un po’ vicino all’impressionismo di Monet.

L’America che rappresenta è silenziosa e popolata da figure solitarie, impegnate in scene comuni, allucinate da una quotidianità opprimente. Nel silenzio assordante dei suoi dipinti, si apre uno scorcio di introspezione. Nelle ambientazioni semplici, i grandi spazi e i colori marcati, le figure umane sono sia secondarie che protagoniste: piuttosto che esaltare la loro bellezza o l’azione in cui sono impegnate, Hopper vuole eviscerare i pensieri nei quali sono immersi, le sensazioni che le caratterizzano. Ed in questo contesto, l’ambientazione esterna ne costituisce un amplificatore. Nell’arte di Hopper, ambiente e figure umane sono complementari.

L’intrinseco senso di desolazione che irradiano le figure dipinte è accentuato dal loro collocamento spaziale e dalle loro proporzioni rispetto alla tela. Le figure rappresentate sono decentralizzate, non sono il centro assoluto del dipinto, non sono i protagonisti. I veri protagonisti, qui, sono i pensieri, le sensazioni, le riflessioni, ed il contesto spaziale e le figure umane sono veicoli che servono a comunicare questi pensieri con tutta la loro forza. È un contesto di estrema esaltazione introspettiva, che cala in un silenzio assoluto anche le scene più popolate, come Soir Bleu del 1914, che paiono, in realtà, coperte da uno spettro silenzioso.

Il silenzio, in Hopper, pare una realtà universale. L’attesa, la preparazione, lo sguardo proiettato verso un punto lontano ed indefinito, oltre il campo visivo del dipinto. La riflessione solitaria ed i grandi spazi vuoti che lasciano spazio ai pensieri ricordano il ritmo jazz lento di Miles Davis in Blue in Green, che dà spazio alla riflessione e rimanda ad un contesto di attesa. Miles Davis si addentra verso un jazz modale, slegato dai tecnicismi, cadenze e modulazioni, in favore di un sistema più libero, permettendo maggiore espressività. Ne deriva una metrica variabile, ottenuta scomponendo gli schemi classici del jazz, abbandonandosi ad un flusso imprevedibile.

I momenti di silenzio e gli stacchi fra gli accordi ricordano i grandi spazi vuoti che caratterizzano i dipinti di Hopper. Uno sguardo fuori dalla finestra, una segretaria ed il suo superiore in un ufficio nella tarda notte, una coppia in silenzio. Miles Davis lascia spazio all’introspezione, fa sì che le sue note permeino nella mente dell’ascoltatore, con calma, e che calino nel silenzio introspettivo di Hopper, si insinuino nelle architetture dell’artista e si mescolino tra i fili di grano dei campi di campagna che popolano le tele dell’artista.

In questi due contesti, nell’opera pittorica di Hopper e nell’opera musicale di Davis, il silenzio funge da riempitivo: dà forma e profondità al suono, vuoti e pieni si complementano.

Nighthawks del 1942 è tra le più celebri realizzazioni pittoriche di Hopper. In uno scenario di notte fonda, la luce al neon di Phillies è l’unica fonte di vita. Hopper trae ispirazione da un ristorante di Greenwich Avenue, a New York, vicino al quale due strade si incrociano. La scena è popolata da quattro personaggi: un uomo solitario, una coppia, ed il barista. I quattro sono immersi nella loro nube di pensieri, lontana ed irrangiugibile all’osservatore, dal quale sono separati dalla grande vetrata del diner. La mancanza di una visibile porta d’ingresso accresce notevolmente questo distacco. Essi sono distanti sia dall’osservatore, che tra loro stessi. La luce fluorescente, divenuta popolare proprio negli anni ’40 negli Stati Uniti, esalta il contesto di allucinazione nel quale sono ingabbiati gli individui. Hopper raffigura una grande città, ma silenziosa, e buia. Deserta, popolata solo dai pensieri dei quattro. Ciò nonostante, la rappresentazione di Hopper non è totalmente estreanea alla realtà: l’artista dipinge la tela due settimane dopo il bombardamento a Pearl Harbour, al quale è seguita l’entrata in guerra degli Stati Uniti. Così, le strade di New York di notte si spopolano, e la città assume un’aurea spettrale.

Immaginando le note solitarie di Davis rimbombare tra le mura degli edifici, queste esaltano quella solitudine che caratterizza la città di notte e le poche anime che la popolano. La tromba di Davis esalta il senso di desolazione e solitudine che avvolgono la città come spettri.

Room in New York del 1935 ha un taglio più intimo. L’osservatore, in questo caso, entra direttamente nel contesto abitativo degli individui. Le figure, a solito modo, non interloquiscono fra loro, ma sono perse nei loro pensieri e nelle loro azioni. Hopper è solito raffigurare coppie che non si abbandonano ad interazione emotive, che nonostante la vicinanza fisica, sembrano in realtà incredibilmente distanti. In Room in New York, l’intrusione da parte dell’osservatore è esaltata dal fatto che all’esterno è notte e sempre, negli interni, la luce allucinata e fredda invade gli spazi, creando un forte distacco tra il fuori ed il dentro. Hopper sembra comunicare che la solitudine della grande città giunge anche negli spazi più piccoli, insinuandosi ovunque, anche tra le relazioni intime e amorose.

La relazione di Hopper con Josephine Verstille Nivison è durata quarantadue anni. Hopper sposa Josephine nel 1924, nel medesimo anno nel quale viene organizzata la sua prima personale. Tuttavia, la loro è tutt’altro che la relazione ideale, incisa da continui litigi, incomprensioni e gelosie. Il malessere derivato dalla relazione, Hopper lo trasmette consciamente od inconsciamente su tela. I due individui della coppia in Room in New York e quelli raffigurati nello stesso Nighthawks, sono estremamente lontani, come se appartenessero a mondi e dimensioni diverse, disconnessi da sé stessi e dall’osservatore.

Hopper si definisce ancora un’impressionista. Nei suoi dipinti, i tagli fotografici, le composizioni e le scene di vita simili a quelli che caratterizzano i quadri impressionisti di Renoir e Monet rivelano una quotidianità semplice, fatta da individui semplici. L’obiettivo non consiste nel caricare i soggetti di metafore, allegorie o significati religiosi, ma, in questo caso, i protagonisti delle tele sono veicoli per conveire un messaggio più nascosto. Hopper caratterizza i suoi dipinti da narrative aperte, senza una conclusione predefinita: lascia lo spazio all’osservatore di completare la storia.

Inoltre, proprio come gli Impressionisti, Hopper è ossessionato dalla luce. Ciò lo si vede nelle diverse tipologie di illuminazione che l’artista adotta, dai neon che illuminano gli spazi, alla luce naturale che entra nelle stanze di quegli uomini e donne che guardano lontano, a quella che si infrange sulle architetture e le modella contro le ombre. Come Hopper stesso, anche “Blue in Green” di Miles Davis ha una sensibilità impressionista, ma di diversa matrice. Se ne ricollega in virtù di uno stile musicale più libero e meno legato a formalismi, analogamente a come lo stile impressionista si allontana dalla pittura accademica per privilegiare una rappresentazione più libera, governata da colore e scene quotidiane.

Hopper e Davis vivono l’America del ventesimo secolo, entrambi guardano all’impressionismo francese del tardo Ottocento e lo rielaborano in due linguaggi artistici diversi. Entrambi i linguaggi, poi, invitano chi osserva e chi ascolta ad un viaggio introspettivo, composto dal silenzio e dal ritmo lento di una riflessione solitaria.

Referenze

Alessandro Fadalti (2023). Miles Davis: basta un istante per spogliarsi, in una nota di Blue in Green. A Proposito di Jazz - Di e con Gerlando Gatto.
Great Art Explained (2021). Nighthawks by Edward Hopper: Great Art Explained. YouTube.
‌Leoravera (2023). Miles Davis, Blue In Green. L’impressionismo nel jazz. leoravera.it.