Leo Ferrioli, un poliedrico artista veronese oltre che un esperto antiquario, è sempre stato un visionario, una persona che grazie all’arte ha cercato di affrontare, sfidandola, la realtà del momento con la speranza di vedere realizzato un giorno un futuro ipoteticamente migliore.
Quella però era forse solo un’illusione del Maestro, un bel progetto teorico o era qualcosa di potenzialmente realizzabile? Si trattava insomma di un nulla, di un gesto folle, fantasioso, praticamente di un sogno o di uno scenario più concreto del previsto?
È proprio con questo tipo di domande a se stesso che Ferrioli decide di voler vivere in un mondo irreale, surreale, fantastico, insomma teoreticamente migliore. Ed è così che nascono le sue opere, gettando i propri sentimenti in ambienti immaginari, bellissimi, anche se i problemi di ogni giorno lui, Leo, non è mai riuscito a dimenticarli o a pensare all’arte come ad un mezzo di guadagno, di lucro, no, lui non è così. Non gli interessa la parte commerciale. Lui crea i suoi quadri per la bellezza di farlo e per la necessità di creare delle atmosfere positive in cui tutti noi dovremmo vivere.
Lo scenario attuale Ferrioli lo aveva già previsto almeno cinquant’anni fa quando decise di voler trasmettere le sue perplessità attraverso l’arte, creando quadri, sculture, capi di abbigliamento femminile con storiche passamanerie degli anni ‘50-‘60, complementi di arredo, fotografie e molto altro.
Quando Leo si rinchiude nel suo studio non sente più niente, si isola da tutto, si sente salvo, protetto ed è lì che il pennello comincia a dipingere da solo, a sfogarsi sulla tela per poter trasmettere il difficile mondo in cui viviamo. Tematiche potenti come l’inquinamento, la violenza sulle donne, l’assistenza ai più deboli, agli invisibili non possono lasciarlo indifferente e, sofferente, usa i colori, che lui stesso si prepara, la fotografia, la moda e molto altro per “denunciare” questi problemi purtroppo sempre più attuali.
Il riciclo di materiali da utilizzare e riutilizzare anziché buttarli ed inquinare per Leo è una cosa normale e lo fa per dare forse un piccolo, ma importante contributo all’ambiente, alla natura che ci circonda.
Le sue opere, sviluppate in serie di lavori, avvolgono, abbracciano e talvolta scioccano l’osservatore che ammaliato si ritrova a riflettere, ad entrare nel mondo di Ferrioli, un mondo sostanzialmente triste, melanconico, a volte aggressivo, ma realista. Ed ecco qui che scatta la voglia di salvarsi, di fuggire dalla nostra società, la necessità di credere in un mondo migliore, potendosi permettere il lusso di sognare ad occhi aperti per poter sopravvivere, per non doversi disperare, per poter andare avanti. Ecco qui che Leo diventa una sorta di “gommone di salvataggio”, una speranza per tutti noi, quasi un Messia dei nostri tempi che ci abbraccia e ci rassicura dolcemente.
Grazie alle sue rappresentazioni surrealistiche Leo ci fa viaggiare in un mondo concreto, realista, attuale. Ci dà una speranza, un sollievo. Ed il volo continua e continua, ma restiamo sempre ad occhi aperti.
Ho avuto la fortuna di conoscere personalmente Leo Ferrioli durante una fredda e cupa giornata invernale, una giornata qualsiasi, che però è cambiata non appena sono entrata nel suo negozio di antiquariato e oggetti vintage di Via Sottoriva della bella Verona. Sentirlo parlare di arte e del suo percorso artistico è stato per me un enorme piacere ed eccomi qui a scrivere di lui.
Ricordi quanti anni avevi quando hai capito che l’arte sarebbe stata la tua compagna di vita?
Credo di essere nato con il pennello in mano, praticamente da sempre, da piccolo, da adolescente, da giovane, da grande, da adulto, da maturo. L’arte in generale, in tutte le sue manifestazioni, è sempre stata la mia compagna, la mia amica, il mio grande Amore per una vita intera.
Che cos’è per te l’arte?
L’arte per me è una sorella, la mia migliore amica, la mia compagna, una speranza, l’amore per il bello. Il dipingere, il raccontare in molte opere il quotidiano e lo sfogliare il quadro come se fosse un libro aperto. L’arte è terapia per la mente, per l’anima, per il corpo: ecco, l’arte per me è tutto questo.
Che tecniche usi per esprimerti?
Per esprimere ciò che sento uso tutte le tecniche possibili. Più di sessant’anni fa ho scoperto l’acquerello, la tecnica che preferisco, ed in quel momento ho iniziato un percorso di ricerca (forme, colori, materiali) passando dallo studio della luce alla prospettiva e dai murales all’olio, alle tempere (preparate alla maniera antica), smalti, acrilico, fotografia, grafica, stampa su tessuti, collage, ceramica, porcellana, vetro, dipinti su rame, insomma una sfida continua alla ricerca di nuove tecniche che mi hanno permesso di potermi esprimere al meglio.
Quando crei realizzi sempre delle “serie di lavori” a cui dai dei nomi precisi. Parlaci ad esempio della serie Inquinamento, la tua prima serie, che risale agli anni ’60-‘70.
Già negli anni ‘60, quando si parlava di boom economico e le industrie, le fabbriche, l’espansione edilizia, lo smog, l’inquinamento atmosferico erano all’ordine del giorno, senza regole e con leggi inesistenti ed inadeguate, ho incominciato a rappresentare quelle realtà dipingendo fabbriche, cantieri, ciminiere, smog e cieli inquinati. Per dare tridimensionalità all’opera dipingevo vari strati sovrapposti su delle tavole sagomate. Quello dell’inquinamento è sempre stato un tema particolarmente importante per me ed è per questo motivo che ho voluto trasmetterlo attraverso la pittura.
Viaggio in Italia è il titolo della tua serie di quadri che hai iniziato a realizzare nel 1998 dove sei in viaggio nel Bel Paese. Con questa serie trasmetti la bellezza delle città d’arte italiane, ma si riconosce anche la tua impronta da antiquario quando nel quadro inserisci delle cornici che completano la scena. Che cosa significano per te le cornici?
La serie Viaggio in Italia è paragonabile ad un “Grand Tour”, proprio come facevano molti artisti e letterati nel ‘700 attratti dalla cultura, dalla natura e dalla bellezza delle città d’arte italiane, in cui andavano per respirare queste atmosfere speciali e per potersi ispirare. In questi quadri ho dipinto cotanta bellezza stravolgendo i criteri classici dell’opera, creando sullo stesso piano orizzontale delle vedute con prospettive dilatate diverse da allora e inserendo su tavole, all’interno delle opere, delle cornici antiche o delle cornici di specchi colorati e molati che cambiano colore con le ore del giorno e della notte. Lo spettatore, riflettendosi, diventa parte integrante del quadro, il tutto in un “Grand Tour” visto con occhi moderni.
La serie Uso e Riuso l’hai realizzata negli anni 2000-2010 su supporti di vari materiali di recupero. Che cosa ti ha spinto a voler recuperare materiali di scarto?
In questa serie realizzo opere “anti-inquinamento”, diciamo “ecologiche”. Il recupero di materiali in disuso, di scarto, utilizzando supporti non tradizionali come materie plastiche, polistirolo, metalli e tutto ciò che potrebbe diventare rifiuto è per me motivo di ispirazione e creatività per poter creare opere alternative e contemporanee. L’osservatore, ancora una volta, è portato a riflettere e a capire che abitudini come quella del “gettar via” oggetti o materiali in realtà ancora riutilizzabili per altri scopi, che lo spreco economico e soprattutto fisico delle cose porta ad inquinare sempre di più la nostra terra. In breve, questa serie è, come quella dell’Inquinamento, una sorta di “denuncia”, una lamentela verso lo spreco in generale.
La serie Miti è nata a New York nel 2004. Cos’hanno significato per te miti intramontabili come James Dean o la bellissima Marilyn Monroe?
La serie Miti nasce analizzando personaggi, luoghi, storie, favole che ci hanno accompagnato in un percorso a volte reale, irreale, ironico, onirico come il cinema, la musica, il teatro, Marilyn Monroe, Eleonora Duse, James Dean, la Tour Eiffel, New York, la Statua della Libertà, Elvis Presley, la Gioconda, Roma, tutti Miti e luoghi intramontabili, indimenticabili, che fanno parte del nostro vivere, che ci hanno fatto sognare ad occhi aperti e che per questo motivo ho deciso di non voler dimenticare e di far rivivere inserendoli nei miei quadri tra scenari surreali, ma allo stesso tempo reali come i Miti stessi.
I miei quadri non vogliono solo rappresentare disgrazie e problemi sociali, bensì preferiscono portare l’osservatore a sperare in un mondo migliore, nonostante tutto. Ed è per questo che le mie opere sono perlopiù dei libri aperti, degli scenari fantastici, ma allo stesso tempo realistici, a volte duri, crudi, come la realtà in cui viviamo spesso soggiogata da noi stessi, dall’essere umano che purtroppo è bravo a distruggere la natura, l’ambiente che ci circonda ed in cui respiriamo, quindi, se non ci restano almeno i sogni, che cosa ci resta? Sarebbe un peccato se svanissero anche i bei ricordi di un tempo ormai lontano, ma ancora vivo nei nostri cuori. Ecco perché ho creato la serie dei Miti.
Parlaci della serie Eros. Come nasce e perché?
Questa serie non è nata con l’intento del diventare un qualcosa di pornografico, bensì di erotico, è quindi intesa come espressione del corpo umano, attrazione, sensualità, desiderio in tutte le sue sfaccettature e sfumature toccando anche i temi più scabrosi sempre però con fantasia e sincera ironia.
Oltre ad essere un pittore ti occupi da sempre anche di moda e design. Nel 2006 hai creato il tuo marchio di maglieria artigianale femminile MMVI. Come hai connesso l’arte con la moda e che cosa rappresenta per te questo connubio?
Per un creativo credo che sia una cosa “spontanea” il fatto di voler connettere arte, moda e design, tre materie affini l’una all’altra. Per me è normale recuperare tessuti vecchi, pizzi preziosi, antiche passamanerie vintage, micro perle, pietre dure e preziose e disegnare maglieria, top, dipinti, tessuti stampati inserendo del vecchio e del nuovo nelle cose, negli oggetti di recupero come sedie, poltrone, lampade abbigliamento, riportando il tutto a nuova vita. Amando anche la moda, soprattutto quella femminile, ho voluto introdurre elementi creativi riportandoli direttamente sulle stoffe creando quindi un connubio diretto tra questi due mondi ed il modo migliore per farlo seriamente era quello di creare un marchio di moda tutto mio che potesse trasferire sul corpo delle donne i miei sentimenti artistici e di pittore.
Immagino che i quadri della serie Problemi contemporanei nata a fine anni ‘90 abbia incuriosito particolarmente i visitatori durante le varie mostre in cui li hai esposti dato che tratta di importanti ed attuali problematiche quali la violenza sulle donne, le guerre, le pandemie. Quali sono state le reazioni delle persone che ti hanno colpito di più?
La serie Problemi contemporanei è esattamente il voler dipingere l’attualità, la quotidianità, la contemporaneità dei giorni nostri. È come una spinta che mi viene da dentro, un senso di dovere che mi echeggia nella testa il fatto di dover rappresentare nei miei quadri fatti attuali come manifestazioni violente, guerre, pandemie, violenze sulle donne, diritti umani, cambiamenti climatici e tanto altro ancora. Purtroppo la nostra società si è abituata a tutti questi problemi e vedere ed ascoltare commenti e reazioni di chi osserva è un modo per riportare con tristezza lo spettatore alla realtà attuale. Tutto questo viene dipinto, rielaborato, filtrato, sperando sempre in quel famoso e tanto sognato futuro migliore.
Ho notato che le persone che osservano questi quadri restano perlopiù senza parole, senza commenti particolari, quasi senza fiato. Più che altro nei loro occhi ho visto un senso di paura, di delusione, di tristezza. È come se all’improvviso si fossero rese conto di cosa le circonda ogni giorno, della difficile realtà in cui vivono. Diciamo che è proprio questo il tipo di reazione in cui confido, affinché possano riflettere sulle cattiverie umane e magari, ognuno per come può, sia spronato a diventare, chissà, addirittura una persona migliore.
Nella serie Realtà Metropolitane, nata nel 2003, l’osservatore viene attirato dalla prospettiva che lo fa entrare nel mondo fantastico dei tuoi quadri, lo porta a sognare pur trovandosi in realtà urbane esistenti come in Piazza delle Erbe o in Piazzetta Pescheria a Verona. Gli scenari però cambiano con l’aggiunta voluta di altre zone della bella città scaligera, quindi il quadro è come un collage di realtà surrealiste in cui l’osservatore spicca il volo verso un mondo fantastico, allegro, positivo. Ancora una volta torni a salvarci dalla triste realtà, giusto?
In visioni metafisiche, con prospettive reali ed irreali, le vedute delle nostre città diventano scenografie per realtà quotidiane, attuali, metropolitane. I suonatori di strada, i clochards, i vagabondi, i menestrelli, i senza-tetto, gli invisibili, vengono ritratti in situazioni ed atmosfere allegre, tristi, divertenti, melanconiche. Sandro, ad esempio, è stato un famoso barbone di Verona (su questo personaggio particolare è stato realizzato anche un film-documentario intitolato Controcanto, del regista argentino Subiela, prendendo spunto da un mio quadro su Sandro) a cui bastava offrire un bicchiere di vino perché incominciasse a cantare strofe di diverse opere liriche. Se recuperava qualcosa, lo regalava a chi ne aveva più bisogno di lui. A Roma invece, nell’isola Tiberina, ho ritratto un vecchietto che distribuiva bandierine con sopra scritto “Viva il Papa”.
Un altro quadro di questa serie rappresenta la rievocazione storica in costumi d’epoca delle Pasque Veronesi quando i veronesi si sono ribellati a Napoleone nel 1797. Mi diverto a ritrarre e a dipingere con ironia ed allegria questi personaggi e tante altre realtà creando un tutt’uno con quello che li circonda. D’altro canto, anche loro fanno parte di questa società…
L’ultima serie di quadri che hai creato, e di cui ti stai ancora occupando, si chiama I Deliri. Che cosa è successo Leo? Qual è il tuo messaggio qui?
I Deliri sono nati dopo un brutto incidente. Notti in bianco, agitate, insonni, passate a trasformare, dipingere, raccontare le ansie, le fantasie, i sogni, i piaceri, i dolori, l’amore. I Deliri sono un intreccio armonioso di racconti del subconscio, reali, irreali, onirici, surreali, veri, sempre con un occhio particolare ai materiali usati, principalmente materiali in disuso e che recupero come perle, pietre varie, tessuti ricamati in oro, avoriolina e molti altri.