La Body Art è esplosa come estrema attenzione per il corpo e si è evoluta attraverso le performance dagli anni '60 in poi, ma le sue radici affondano nei decenni precedenti, quando le avanguardie hanno rinnovato il senso e la dimensione dell'evento artistico.

L'evoluzione artistica, abbandonata la tela come sistema trainante dell'arte, ha dato sempre più importanza alla corporeità nell' esprimerla: le serate “Dada” furono le antesignane delle future performances. Non vanno dimenticati gli happenings degli anni '50, col loro linguaggio autonomo, ispirati dalla fluttuante corrente Fluxus.

Negli anni '60 però, si andò intensificando l'interesse per il corpo in modo tale che tutte le correnti ne vennero contaminate. La Body Art che si sviluppò negli anni '70, si presentava come un paradosso linguistico dell'artista, ossessionato dalle potenzialità fisiche ed estremizzando quanto Antonin Artaud, negli anni '30/40, aveva fatto conoscere con il “Teatro della crudeltà”: questi artisti inseguivano altre possibilità conoscitive dell'essere e assunsero il corpo come funzione rappresentativa, servendosi di fotografie, video e film, per documentare le loro performance e per un'indagine più penetrante.

Non fu quindi un'arte di mercato con sicuri vantaggi economici, anzi, gli artisti la giocavano a tal punto sulla propria pelle che in parecchi ci persero la ragione e alcuni anche la vita. Tutto ciò perchè vi fu, in essa, un versante comportamentale dove il corpo era vissuto come luogo di azioni sadomaso al limite della patologia, con azioni reiterate, violente e aggressive verso di sé.

Queste azioni furono una sorta di autorappresentazione legata a fenomeni culturali e sociali. Era questo il loro modo di mettersi in gioco direttamente, scardinando le pulsioni di auto-conservazione, vanificando e schernendo il sistema artistico, che fino a quel momento era vissuto su produzioni di oggetti.

Anche il fruitore era coinvolto in questa tensione emotiva che provocava delle azioni scatenate da energie interne solitamente emarginate. La crudeltà, ispirata da Antonin Artaud, di queste performance, è la risposta alla crudeltà del reale ed è l'espressione di un rimbalzo che parte dall'essere e arriva all'artista e da questi viene rimandato ai fruitori.

Oggi è logico chiedersi che fine abbia fatto la Body Art, se ne sente parlare sempre meno, o la si trova svilita perchè utilizzata in un approccio più estetico che artistico.

Ma non è nata così... anche se la sua origine è assai lontana nel tempo, antica quasi quanto l'evolversi antropologico, perchè da sempre l'uomo ha considerato il suo corpo come un luogo da esporre, da mostrare per essere accettato, ammirato, temuto.

E così sono nati gli ornamenti, per prima la pittura del corpo e del viso, sempre più complessa e raffinata, amplificata, quindi le collane, gli anelli, i bracciali, col tempo più ricchi ed elaborati e in ultimo le vesti, via via più sontuose.

Il corpo è stato il primo e più importante quadro da esporre, per attrarre, per stupire, per dominare, per rendere nota la sottomissione, per evidenziare il dolore o la gioia. E' stata la prima affermazione di sé rispetto agli altri, la dichiarazione visuale della propria identità per affermarla.

L'uomo, come l'artista, cerca, nell'espletamento della funzione creativa, il consenso, il potere, l'amore, esattamente come un pavone che mostra l'imponente coda per gli stessi obiettivi. Il “cogito ergo sum” è valido per tutte le epoche per la vita come per l'arte.

In fondo i desideri dell'uomo sono semplici, pochi e sempre gli stessi: farsi accettare, amare e, se ci riesce, imporsi sugli altri. E' una guerra ancestrale, uguale nel regno vegetale come in quello animale, nel più potente dei re come nel più umile dei servitori.

Ma il corpo, truccato, dipinto, inciso, lacerato, arricchito da amuleti, collane, gioielli, vesti di ogni foggia e colore, arrivato alle estreme conseguenze del punto di non ritorno, non è più bastato alla creatività artistica, che, attraverso i secoli, aveva trasmesso la propria immagine nelle opere che risalgono ai primordi e arrivano fino a noi ed è tornato, ad un certo punto, ad essere il luogo di interesse su cui giocare il proprio ruolo di artista, sempre rispondendo all'atavico bisogno di affermazione.

Nel '900 gli artisti cominciarono a staccarsi dalla tela, la sostituirono con l'oggetto, ma presto, questo, troppo facile da reperire, non bastò più, per cui ci si rivolse ai propri escreti, un esempio nostrano è La Merda d'Artista di Piero Manzoni, il suo vendere le impronte digitali e addirittura il fiato.

All'inizio furono soprattutto le donne artiste a rompere gli argini, con performances che neppure gli uomini avrebbero osato: infransero il tabù delle mestruazioni, della verginità, il mito della bellezza, il rispetto della carne.

Le donne hanno validi motivi per l'affermazione del sé, troppo spesso subordinate, impedite nella creatività, represse nei desideri: la loro lotta si espanse, dilagò in Europa come in America e, proprio quando, nel 2000, la forza della Body Art pareva estinguersi, hanno trovato un nuovo impulso per affermare con violenza la forza della femminilità, sempre in lotta e in espansione. Le manifestazioni continuano tuttora, anche se in modo molto sporadico, dimostrando una grande forza artistica ed emotiva.

Gli uomini che avevano scelto di esprimersi con questa arte, essendo nel passato più interessati nel campo politico e sociale, hanno voluto, attraverso di essa, evidenziare per coinvolgere il fruitore a cogliere ciò che è sotto gli occhi di tutti, ma che pochi sanno comprendere a fondo: la denuncia delle ingiustizie che ancora proliferano inarrestabili, sotto le spoglie sontuose degli artifici. Ma non sono stati solo gli uomini a elargire denunce politiche e sociali, anche alcune artiste, giunte ormai all'affermazione del sé, le vollero rappresentare. Era logico aspettarsi che ad un certo punto, con lo sviluppo della tecnologia più avanzata, gli artisti si rivolgessero alle nuove tecnologie, trasformando l'uomo in un robot teleguidato, come era giocoforza che una parte della Body Art confluisse nell'arricchimento estetico, dai tatuaggi alle deformazioni dei volti attraverso la chirurgia estetica.

Già sul finire del secolo scorso le performances più cruente avevano lasciato il posto a pratiche che riguardavano sempre il corpo, ma molto meno cruente, come la Body Paint, una forma semplice in cui il corpo, nudo o vestito, viene dipinto, con temi vari, come scritte o pitture totalbody, che possono richiamare stoffe, oppure immagini della natura.

Questo nuovo filone è poi confluito verso i tatuaggi e i piercing, che per alcuni sono vere e proprie forme di Body Art, ma più difficili da rimuovere. Oggi i tatuaggi hanno scopi per lo più decorativi, anche se vi sono altre forme, che si avvalgono per esempio della danza, quelle legate alla tecnologia più avanzata sono attualmente in evoluzione e in espansione, man mano che la tecnologia evolve.

Da un lato le performance che ancora resistono ispirate al femminismo tuttora irrisolto, dall'altro le forme estetizzanti o tecnologicamente avanzate, che trasformano i performers in robot: quale sarà la prossima evoluzione della Body Art? Ha perso la sua forza iniziale? E' arrivata al punto di non ritorno, con azioni troppo spinte o troppo cruente? E anche con l'estetizzazione, si è andati troppo in là? La Body Art si sta arrotolando su se stessa? Il virus che ha colpito il mondo intero nel 2020 ha messo al tappeto le velleità artistiche, o ha fatto capire che il corpo va protetto e non distrutto, indebolito e dissacrato?

E' interessante riguardare la storia della Body Art: Gina Pane, nelle sue performance, creava ferite sul suo corpo, utilizzando lamette, spilli o spine, che lasciavano solchi di sangue, vissuti come elementi accusatori e infine liberatori, sfidando il corpo e penetrandolo. Nel 1971 in Feu, nei pressi di Parigi, a Fregnac, camminava su fuochi accesi, cercando di spegnere con le mani e con le piante dei piedi il fuoco, in una chiara metafora dell'anestesia morale di quei tempi e degli automatismi sociali. In Azione Sentimentale nel 1973, alla Galleria Diaframma di Milano, si infilava nel braccio le spine di una rosa: la sua era una patologia del dolore in cui la ferita diventava un momento di contestazione sociale, in un gesto di sofferenza che era in opposizione allo schema sociale del momento, nel pieno periodo della contestazione. Nel 1976, in una galleria di Bruxelles, inLaure si infilava nel braccio aghi da cucito.

Questo sfidare il corpo, penetrandolo, per mezzo di tagli e ferite, esprimeva il suo desiderio di attraversarlo, come di violare i tabù legati al sangue e alla violenza fisica. Erano, le sue, accuse sanguinanti, la liberazione di energie represse insieme all'urgenza di eliminare l'aggressività interiore: con queste azioni voleva consumare, attraverso un misto di atrocità e di indignazione, la banalità del quotidiano.

L'americano Vito Acconci si è fatto coinvolgere sempre più in azioni comportamentali, in atti che intendevano definire il corpo come campo di azione su cui intervenire, per attivare estreme sensibilità.

Nell'azione del 1970 in Trademark, si mordeva tutte le parti del corpo che riusciva a raggiungere. E nello stesso anno in Conversion sperimentava la possibilità di passare dal maschile al femminile, bruciandosi i peli del petto, nascondendo il pene tra le cosce, concludendo poi la performance, facendolo sparire in bocca ad una donna, in una condotta vicina all'oscenità, incrinando tutti i cliché acquisiti. La sua performance più famosa è del 1972, Seedbed, avvenuta presso la Galleria Sonnabend di New York: ha lavorato sulla percezione, continuando a masturbarsi per tutta la durata della mostra, sotto una piattaforma sopraelevata. Lo spettatore poteva ascoltare la sua voce durante tutta l'azione, in una sorta di ipnotico avvolgimento, poiché la temperatura hard andava via via crescendo.

Nelle sue provocazioni, collocando il corpo in azioni di prova e di sfida, prefigurava un rapporto con la tecnologia come una seconda pelle da indossare, coinvolgendo lo spettatore in uno spazio comunicativo assai simile a quello della televisione.

Per l'artista serba Marina Abramovic il corpo è sempre stato il principale strumento di espressione, in cui ha sperimentato i limiti della resistenza psicofisica, con azioni reiterate fino allo sfinimento, sfiorando più volte la morte, con prove fisiche e psichiche estreme. Il suo lavoro propone un concetto diverso sul superamento dei limiti umani, facendoci scorgere la possibilità di apertura verso canali alternativi, per raggiungere una consapevolezza individuale tesa a migliorare la coscienza interiore. Attraverso questo nuovo modo di comunicare l'artista ha trovato la possibilità di stabilire un contatto con il pubblico mediante uno scambio di energia, rimandandola indietro e creando un campo magnetico, attraverso il quale è riuscita a superare i suoi limiti fisici e psichici, ed è arrivata a questo con un lungo lavoro di preparazione a contatto con culture diverse, avendo una lunga tradizione di tecniche di meditazione, che portano il corpo in uno stato di confine e di limite, che rende capaci di un salto mentale per raggiungere dimensioni diverse dell'esistenza ed eliminare la paura, il dolore e le limitazioni del corpo.

Valie Export, artista austriaca, ha iniziato la sua opera negli anni '60 nell'ambito degli Azionisti Viennesi Nitsch, Brus, Mhul e Schwarzklogler, utilizzando spesso il suo corpo come soggetto e punto di partenza della sua opera e come gli Azionisti, ha cercato di trascendere i limiti imposti dai tabù e perciò di affrontare un appagato pubblico medio/borghese, tornato fin troppo in fretta ad una esistenza normale, dopo la Seconda Guerra Mondiale. Le sue azioni erano enfaticamente femministe, poiché decostruivano le immagini della donna creata da una società dominata dagli uomini ed era fortemente critica nei confronti dei media, che riteneva mai neutri.

Nei suoi primi lavori performativi coinvolse il pubblico usando il suo corpo come una sfida all'ipocrisia del ruolo della donna come oggetto erotico, al servizio di una società profondamente maschilista.

Uno dei traguardi più importanti raggiunti con le sue performance è proprio quello di aver cercato di separare il corpo femminile dall'erotismo: era convinta infatti di quanto fosse importante usare il corpo femminile per creare arte e che se fosse stata nuda sarebbe riuscita a cambiare il modo in cui il pubblico, soprattutto gli uomini, l'avrebbero guardata. Secondo lei non sarebbe stato coinvolto alcuno desiderio erotico, creando una contraddizione rispetto alla consuetudine. Una delle performance più forti e più famose, per ottenere questi risultati è stata Genitalpanik a Monaco, negli anni 70: in essa, indossando un paio di pantaloni con il cavallo tagliato e l'inguine scoperta, armata di una mitragliatrice, camminava tra le file di sedili di un cinema porno, in mezzo agli spettatori che si aspettavano di vedere immagini di genitali proiettate sullo schermo. Ma il pubblico abbandonò il cinema perchè si sentiva minacciato fisicamente dall'arma e psicologicamente dall'audace salto dall'immagine pornografica a quella vera dei genitali femminili.

L'artista con la sua opera di grande potenza, allo stesso tempo aggressiva ed esteticamente raffinata, ha preparato il terreno alle successive generazioni di artisti, continuando in seguito a sfidare limiti e certezze con l'uso delle tecnologie più avanzate.

Orlan, francese, ha incentrato la sua tematica sulla padronanza delle tecniche di dominio della natura esprimendo l'inquietitudine che le nuove possibilità possono arrecare. Attraverso le sue trasformazioni chirurgiche è stato possibile rendersi conto dell'idiosincrasia collettiva nei confronti di interventi artificiali sul corpo umano, sentito come una perversione dell'ordine naturale, anche quando si tratta di salvare un ammalato.

Il fatto che fosse indispensabile sembrava giustificare l'intervento biotecnologico, mentre veniva condannata la chirurgia estetica: la volontà di Orlan di ricorrere alla chirurgia plastica è derivata dal desiderio di colmare la distanza tra apparenza ed esistenza.

Il processo di trasformazione l'artista l'ha effettuato nel giro di trent'anni di performances, legate soprattutto al ruolo di donna con la sua sessualità e soggettività: ha mostrato la sua vagina ingrandita, dipinta di rosso, blu e giallo, ha applicato i suoi peli pubici su copie di dipinti del Louvre che rappresentavano donne glabre, ha attaccato l'ordine simbolico sulla verginità, concetto legato ad un certo bigottismo culturale e alla discriminazione della donna, mostrandosi attraverso una lente di ingrandimento nel momento delle mestruazioni, cercando di risvegliare la cultura francese a suo avviso narcotizzata nel perbenismo.

Ha interpretato la Madonna e la puttana, regalando baci con la lingua agli spettatori. Due ruoli conflittuali in cui la figura femminile viene stereotipata dall'immaginario maschile, contestando il sistema artistico, dominato dalla commercializzazione dell'estetica e anestetizzato dalla mancanza di coraggio nell'essere propositivi e innovativi.

Ma ad un certo punto della sua storia artistica s'è resa conto che l'arte ha un solo codice possibile: quello della mutazione, parlandoci dei cyborgs, poiché, dopo che l'arte, alla fine del secolo scorso, ha superato l'idea dell'umano, il cervello si è modificato nella direzione di una identità transgenica, verso possibilità psicotecnologiche che amplificano le funzioni sensomotorie psicologiche e cognitive della mente.

Stelarc, artista nato a Cipro e vissuto in Australia, ha raccolto il guanto della sfida di Orlan, giungendo alle estreme conseguenze nei confronti della tematica corporea legata alla tecnologia.

I suoi viaggi intorno al corpo sono penetrati anche nel suo interno con un video nello stomaco, uno nei polmoni e uno nel colon: ha cercato di sondare il corpo superandone i limiti biologici. Con le sue Suspensions invece ha portato il suo corpo all'esasperazione sensoriale facendosi sospendere in Gallerie e spazi urbani, con ganci conficcati direttamente nella pelle: la sua è stata una sfida cognitiva.

Le sue sospensioni volevano ispirare il superamento del processo esistenziale da lui vissuto come anestetizzante, mentre le performances, caratterizzate dalla tecnologia, hanno un potere desensibilizzante.

Infatti l'ibridazione tra umano e artificiale ha caricato l'organismo di una ipereccitazione che ha provocato la desensibilizzazione: il corpo tecnologico tende sempre più verso un sentire artificiale che si espande fino a perdersi in una sensibilità inorganica e non misurabile.

I processi ibridatori di corpo e macchina stanno portando a sperimentazioni sempre più avanzate, si sta andando verso una espansione delle funzioni del corpo: Stelarc è una sorta di prefigurazione del futuro di ciò che può diventare il nostro corpo, ed egli, con le sue sperimentazioni coraggiose, ha portato molto in avanti la ricerca, riconfermando una volta di più che l'arte è sempre avanguardia.

Ma l'arte ha la prerogativa di precorrere i tempi e di sapersi trasformare: come ha fatto la Body Art ai tempi nostri.

Dipingere il corpo si perde nelle notte dei tempi, iniziato dapprima a scopo apotropaico, religioco e ornamentale, adottato dalle tribù primitive, indiane, africane, del centroamerica e tra gli aborigeni australiani, era realizzato amalgamando crete, terre, minerali trovati sul posto.

Il colore veniva applicato direttamente con le dita, spesso serviva anche da protettivo contro gli insetti. Ve n'è testimonianza anche tra gli antichi Egizi, che decoravano coi colori anche i defunti. I colori avevano un preciso significato ed erano utilizzati con cura e perfino con gusto artistico: è quello che succede oggi, quando il mostrare ha valore di attrazione e pregio.

In questi ultimi anni fioriscono eventi, all'interno del quali si possono notare performance in cui vengono realizzate figure molto colorate e sinuose, che per lo più rappresentano animali o la natura, che lasciano attonito il pubblico, ma poi le figure, muovendosi, rivelano di essere persone dipinte che con le loro naturali curvature: l'artista ha realizzato l'immagine, che essendo fluida e morbida, dà una sensazione di realtà vivente straniante.

Anche l'alta moda si è approppriata della body painting e non è raro alle sfilate più prestigiose e sulle riviste più in voga, vedere sfilare modelle che sono diventate capolavori artistici, anche se a tempo limitato.

L'artista pennella la pelle della modella, rivestendone il corpo con colori glitterati o metalizzati, utilizzando colori vivaci e accattivanti. E' un concetto di arte in trasformazione il cui risultato può essere sorprendente, anche per la labilità dell'effetto, destinato ad essere distrutto: le modelle così impreziosite prendono l'aspetto di dee luccicanti.

L'evoluzione non poteva essere più sorprendente e inattesa, ma forse rappresenta molto bene i nostri tempi, in cui è più importante figurare che essere...