Mentre peregrinavo tra i vicoli di Roma, l’aria frizzante di novembre mi avvolgeva come un vecchio amico. I colori caldi delle foglie che danzavano verso il suolo erano il preludio alla scoperta che stavo per fare.

La mia ricerca incentrata ai “Souvenir di lusso” mi aveva portato fino al centro storico.

Così mentre setacciavo la città alla scoperta di qualcosa di speciale ho notato un antiquario.

Varcando la soglia, il mio occhio venne catturato da un tavolino rotondo in mosaico minuto, che da lontano sembrava quasi un dipinto, ma che da vicino rivelava la sua natura: un intricato lavoro di piccole tessere colorate insieme che creavano un’immagine stupenda, tutto questo mi ricordava qualcosa di familiare che comunque al momento non riuscii a identificare.

L’addetta alla vendita, gentilissima e molto preparata, mi introdusse in quel mondo raccontandomi che quel bellissimo oggetto era appartenuto a Gianni Versace che lo aveva sistemato nella sua villa di Miami Beach, inserendo una lampada sul ripiano tanto che i fori erano ancora visibili. Il micromosaico è una tecnica artistica che richiede una maestria incredibile, tipica dell’artigianato romano, che risale al XVIII secolo.

La tecnica della filatura dello smalto, che sta alla base del procedimento consente di “tirare L’impastò” fino ad ottenere fili sottilissimi, che poi verranno tagliati per formare piccole tessere. Immaginare questo tavolino nella residenza di Versace evoca scene di lusso sfrenato, di feste scintillanti e di una vita vissuta con uno stile inconfondibile.

“Casa Casuarina” con la sua architettura in stile revival mediterraneo, con i suoi interni opulenti era il palcoscenico perfetto per un pezzo così straordinario.

La perdita dello stilista nel luglio del 1997 lascia un vuoto non solo per coloro che lo conoscevano personalmente, ma anche per coloro che ammiravano il suo lavoro da lontano. Camminare davanti a casa sua lasciò in me una sensazione di vuoto e di dispiacere, come se un membro della famiglia fosse mancato.

Quel viaggio in Florida, un anno dopo la sua scomparsa, diventa in quell’istante un momento di riflessione personale, dove le rievocazioni si intrecciano con la realtà.

La dimora, con la sua magnifica posizione, affacciata sull’oceano con le palme antistanti che si muovevano a ritmo del vento, dipingevano un quadro che contrastava con la violenza della sua fine. Mentre la venditrice mi parlava, la mia mente fece un viaggio nei ricordi e allontanandomi Dall’atelier dell’antiquario dopo pochi passi, vidi una gioielleria vintage con spille e bracciali in mosaico filato.

Guardando la vetrina mi venne in mente il fermaglio di mia madre, raffigurante la Basilica di San Pietro. La spilla sul comò della mamma che non avevo mai “calcolato” (per noi romani significa: “mai preso in considerazione”, lo usiamo sia per gli oggetti che per le persone) … era tornata! Ecco anche lì ritrovata la familiarità con quel tipo di manifattura.

Il micromosaico, chiamato anche mosaico minuto, o mosaico in miniatura o mosaico filato è una tecnica di composizione presentata per la prima volta a Roma nell’anno Santo del 1775 nella bottega del mosaicista Giacomo Raffaelli.

I componenti della famiglia Raffaelli erano Fornaciari Romani dalla seconda metà del 1600, fornivano al Vaticano materia vitrea, sotto forma di tessere quadrate a colori, per fare i mosaici.

La bottega di Giacomo si trovava in via del Babuino 92, dove adesso si trova un marchio di abbigliamento moda, dove con l’aiuto di Cesare Agnatti idearono questo procedimento, ricavandolo da un composto siliceo che reso incandescente, poteva essere filato e poi tagliato in segmenti minuscoli.

Il mosaico è composto da un materiale non deperibile e a differenza della pittura meno soggetto al degrado, per infiltrazioni di umidità o per impurità dell’ambiente.

Ridotti a queste dimensioni i micromosaici diventano opere d’arte da indossare o da portare in tasca. Raffaelli realizzava minuscole placchette decorate con vari elementi, paesaggi, monumenti romani, con fiori, con uccelli, con soggetti religiosi o mitologici.

Queste placchette erano incastonate dentro cassettine di metallo, di vetro, di marmo, di legno o di pietra dura, successivamente venivano applicate su tabacchiere oppure montate nelle spille, collane, anelli, cofanetti e bottoni diventando così costosi souvenir per i viaggiatori.

Tipico era il motivo di cornice, da lui usato per rifinire i micromosaici: una catenella di tessere bianche con all’ interno tessere blu, tra due file di tessere rosse.

L’invenzione ebbe molti seguaci e fra il 1824 e il 1830 l’area tra Piazza di Spagna e Piazza del Popolo conteneva 68 attività commerciali legate al Micromosaico Romano.