Sono nata a Bologna nel 1552.
Mi chiamo Lavinia.
Lavinia Fontana.
E sono una pittrice.

La vita di Lavinia Fontana. Un tripudio di avventure e colori narrati a giovani lettori di tutte le età. Un viaggio entusiasmante edito da Minerva e tratteggiato dalle illustrazioni di Carlotta Passarini, magicamente abbinate allo scintillante storytelling di Paola Goretti, con la quale discorriamo delle sfide nel tratteggiare un’esistenza autentica ad ogni costo.

Ci racconta la genesi del volume e le sfide del calarsi nel personaggio?

Da cinquecentista quale sono, ho lavorato stabilmente sull’Europa delle corti per diversi anni e Lavinia Fontana ha fatto parte dei miei studi sin dai tempi della mia tesi di laurea, riguardante le variazioni della moda femminile nella pittura bolognese del Cinquecento. Da lì è entrata a far parte della mia vita e questo è il piano biografico che mi lega a lei, ma la scelta di occuparmi dell’artista si inserisce anche all’interno del grande interesse contemporaneo nei confronti delle donne pittrici e fotografe. Penso, soprattutto, alle varie mostre in merito e a una nuova attenzione che risale agli anni Settanta, specialmente in territorio statunitense; ricordo in particolare il volume Le Grandi Pittrici di Anne Sutterland, Quando anche le donne di misero a dipingere di Anna Banti, la monografica a cura di Vera Fortunati, Pittora singolare (1552-1614) di Maria Teresa Cantaro, fino ad arrivare alle mostre contemporanee, come quella organizzata al Prado nel 2019 e la successiva alla National Gallery di Dublino del 2023.

Quindi, l’intuizione di offrire alla seconda infanzia un lavoro su di lei ha radici profonde che si innervano anche sulla mia esperienza personale e il desiderio di raccontare la storia di una donna felice, realizzata e fortunata che può essere percepita come memento virtuoso, per portare alla luce figure illustri che hanno potuto scrivere la loro storia avendo una stanza tutta per sé, in virtù di un talento e un coraggio unici che le hanno portate a perseguire intimamente la propria felicità.

Mi sono calata nel personaggio, come accaduto ad altri esempi illustri: Memorie di Adriano di Marguerite Yourcenar o Rinascimento Privato di Maria Bellonci, dove entrambe le autrici si calano nell’io narrante e nei panni delle identità che vanno a tracciare; allo stesso modo io mi sono confrontata con Lavinia per intrattenere con lei un dialogo affettivo, come a dirle: “parlami e io ascolterò e trascriverò!”

Come avete lavorato, in concerto con Carlotta Passarini?

La concertazione è arrivata in un secondo momento. Prima è avvenuta la stesura dello scritto, poi abbiamo individuando i punti della narrazione che potevano essere illustrati e, in questo frangente, è stata illuminante la sapienza di Tiziana Roversi, direttrice di collana di Fatterelli Bolognesi, la cui lunga esperienza ha favorito la scelta dei punti da illustrare. Tiziana è una pedagogista di lungo corso con grande dimestichezza in letteratura per l’infanzia e da lei ha avuto inizio anche il rapporto con l’illustratrice. Momento cruciale in cui si sono sovrapposte sessioni di modifiche tutte coordinate da Tiziana che hanno portato – altresì – alla scelta della copertina. Il disegno rappresenta l’unione di due città simbolo nella biografia di Lavinia: Roma, dove trascorre l’ultima parte della sua vita, e Bologna, anche per via del profondo legame che univa le due città nel Cinquecento.

É stato arduo rivolgersi a un pubblico di giovanissimi?

Mi ero già cimentata in un’impresa editoriale simile con La rosa di Bologna. Una storia profumata, per la quale ho dovuto diluire la scrittura bizantina cui tendo, facendo fare al testo un bagno nella poesia. Anche per Lavinia c’è stata una grande semplificazione lirica a misura di bambino, per tracciarne gli stati d’animo con la maggiore capacità possibile di entrare nella grazia semplicissima della poesia.

In questo modo, il libro acquisisce una grande valenza interculturale ed è rivolto a tutti i bimbi di tutte le razze per dir loro che possono essere tutto ciò che vogliono, attraverso l’esempio di Lavinia.

Terminerei col chiederle come vi siete mosse nella scelta delle immagini da inserire.

La scelta delle immagini è stata accuratamente affrontata, perché poteva essere un azzardo rimescolare illustrazioni nuove con riproduzioni di opere pittoriche. Questo azzardo è stato fortemente voluto da Roversi, con mio iniziale scetticismo perché mi pareva non compatibile ma, con un gruppo di lavoro così aperto, mi sono dovuta ricredere immediatamente. La scelta è stata semplice, a quel punto, perché abbiamo opzionato le opere fondamentali e di facile reperibilità anche dal punto di vista geografico, collaborando con il ministero della cultura, soprattutto per quelle che volevamo a tutti i costi: la Madonna di Ponte Santo o la Famiglia Gozzadini (BO), una sorta di pala d’altare profana con un’operazione strepitosa da parte di Lavinia. Si tratta, infatti, di un’istantanea di famiglia, in cui la sentimentalità di Lavinia mette insieme vivi e morti, uniti in un unico abbraccio. Operazione struggente atta a tenere uniti i legami sentimentali attraverso l’arte del pennello.

Dalla Galleria Borghese, invece, tramite la direttrice Francesca Cappelletti, abbiamo ottenuto Minerva in atto di abbigliarsi, il suo ultimo, singolare dipinto. Lei che, per tutta la vita aveva raffigurato l’aristocrazia ed era stata chiamata a dipingere le cariche più alte del tempo, prima volta in assoluto per un’artista donna. Cifra finale della liberazione di tutta un’esistenza. Paradigma di coerenza dell’impianto stesso della sua vita.