Rien ne dépasse la beauté du mystère.
Niente supera la bellezza del mistero.

L’arte è una mistica trasposizione della realtà; è qualcosa di velato che ci viene offerto per carpire il segreto più grande che è la vita. Forse una rappresentazione artistica serve a catapultarci al di fuori di noi stessi per scoprire ciò che esiste al di là della quotidiana normalità. Probabilmente vuole farci comprendere proprio i limiti tra arte e vita.

Chi ama frequentare musei o ammirare la bellezza di opere d’arte, spesso varca il confine onirico per imbattersi in un mondo spirituale pieno di dettagli, richiami, metafore. Gli artisti rappresentano la realtà, partendo proprio da essa e la dipingono, dandole una forma diversa, del tutto personale, ma anche imprevedibile, spiazzante, senza un apparente ordine.

L’Ecce Homo di Caravaggio esposto al Museo del Prado di Madrid rappresenta una delle scene più forti e significative della storia per i fedeli di tutto il mondo: il momento in cui Gesù viene presentato alla folla da Pilato. Quest’ultimo se ne lava le mani, e mostra l’uomo con la corona di spine, come a dire: “ecco, siete contenti? Avete scelto di salvare Barabba. Ecce Homo, ecco a voi l’uomo da sacrificare per la vostra sete di sangue”. Su quest’opera esistono molti misteri, come le teorie degli esperti riguardo all’originalità, all’attribuzione a un autore piuttosto che a un altro. Si tratta di una eterna consuetudine - quella di interpretare, commentare e fare ipotesi riguardo all’arte.

Tutti abbiamo nella mente quella scena: il corpo nudo e i fianchi avvolti da un panno bianco. Una corda stretta ai polsi, gli occhi chiusi, il volto abbandonato, l’espressione sofferente. Nel quadro, oltre a Gesù appare un uomo ben vestito, un altro con abiti poveri, che avvolge le spalle di Gesù con un manto scuro.

Il titolo dell’opera riprende proprio le parole di Ponzio Pilato, mentre prima di mostrare Gesù alla folla un soldato gli aveva messo una corona di spine, una canna tra le mani come atto derisorio e come per dire: Ecco il re dei Giudei.

Dal punto di vista della tecnica utilizzata, per alcuni l’Ecce Homo non sarebbe di Caravaggio, ma di un autore ignoto. I dettagli da analizzare e interpretare sono tanti! Secondo alcuni critici la scena non appare troppo drammatica, c’è poca tensione emotiva; e cosa ci trasmette l’espressione di Pilato? Quest’ultimo non sembra essere affatto turbato, con le mani pare indicare qualcosa alla sinistra e non Cristo.

Per alcuni critici, l’approssimazione e l’indifferenza sarebbero gli indizi che porterebbero ad un autore diverso da Caravaggio. Ma la potenza della scena in sé, non le espressioni o le imprecisioni, errori di cui un occhio attento ed esperto può accorgersi - ci riporta con devozione a quella cornice. L’indifferenza di Ponzio Pilato o la sua semplice rassegnazione, non sappiamo con che animo il prefetto romano presentò Gesù alla folla. La storia narra che Pilato fosse convinto dell'innocenza di Cristo, e per questo aveva rimandato la sua condanna. Cercò appoggio e sostegno dall’imperatore, poi si rivolse alla folla facendo la domanda.

Ammireremo Ecce Homo anche oggi interrogando noi stessi e gli altri riguardo l’indifferenza di chi condanna. Sulla folla che grida Barabba sempre. Interpretare i segnali del tempo è compito nostro al quale non possiamo sfuggire; meditare i turbamenti e l’agitazione con cui ci avviciniamo agli altri, trasportati dalla delusione e dallo sconforto, dal dubbio e dall’incertezza di essere troppo umani. Sui segni della superficialità, sulla sete di sangue, sull’avidità di predominare, sull’ansia di protagonismo, sulla smania di possesso, sull’aridità.

Gli occhi chiusi, volto basso, la derisione, le menzogne, l’ipocrisia. I falsi profeti. L’espressione avvilita e addolorata. Una folla che grida. Ecco i segnali del nostro tempo. E Ecce Homo per la vostra sete.