Peggy Guggenheim nasce nel 1898 in una facoltosa famiglia ebreo-americana e sin da piccola è a stretto contatto con l’arte. Lo zio, Solomon Guggenheim, fondatore dell’omonima Fondazione e museo, è stato uno tra i maggiori collezionisti d’arte della scena elitaria newyorkese.
Vive con e per l’arte, si muove tra i circoli artistici più all’avanguardia della scena mondiale ed il suo nome diventa sempre più rinomato. L’arte contamina ogni aspetto della sua vita, pubblica e privata, insinuandosi anche nella sua vita coniugale: il dadaista Laurence Vail e il surrealista Max Ernst sono stati rispettivamente il primo ed il secondo marito. La solida conoscenza artistica di Guggenheim è frutto di studio autodidatta ed esperienze individuali. Grazie all’amico Samuel Beckett si apre al mondo dell’arte contemporanea, considerata “cosa vivente”, ed è grazie a Duchamp che viene introdotta ai principali artisti emergenti.
Peggy si muove tra i più grandi e fondamentali centri artistici europei e americani. Sin da subito dimostra una sensibilità e un gusto raffinatissimi, molto diversi da quelli dello zio Solomon Guggenheim, più orientato verso lo stile figurativo del modernismo europeo. L’assidua frequentazione di gallerie e circoli d’arte le permette di tessere una rete di contatti sempre più grande e fitta, con gli artisti e designer protagonisti della scena artistica contemporanea.
Guggenheim Jeune è la sua prima galleria personale che apre negli anni ’30 del Novecento a Londra, al 30 di Cork Street. Jeune è gallicismo per “giovane ragazza”, sta ad indicare quanto Peggy fosse la più giovane collezionista della famiglia Guggenheim. Coincidenza vuole che Bernheim-Jeune fosse al tempo anche una tra le maggiori gallerie d’arte parigine. Detto ciò, una cosa è certa, Guggenheim Jeune rivela le chiare e forti ambizioni di Peggy di ritagliarsi un ruolo centrale nella scena artistica europea, e successivamente anche americana.
Peggy veste il ruolo di intermediatrice artistica sin da subito: a Guggenheim Jeune espone per la prima volta nel Regno Unito En le temps menaçant, Sans Titre et Titre inconnu di Yves Tanguy e Flocons aux rayons jaunes di Hans Arp. Il piano di trasformare Guggenheim Jeune in un vero e proprio museo, tuttavia, le viene brutalmente strappato dallo scoppio della Seconda Guerra Mondiale nel 1939, che la obbliga a riparare verso porti più sicuri. Intenzionata a tornare in America, Peggy riesce a trasferire la sua preziosissima collezione che allora le era costata solamente $40.000 nonostante il suo peso qualitativo esorbitante, camuffandola sotto l’etichetta di “beni famigliari” sostituendo “Guggenheim” e associandola ad un cognome non ebreo, riuscendo così passando indenne i controlli doganali.
Passano pochi anni, tempo di sistemarsi nella Grande Mela, e non passa troppo tempo che 1942 Peggy apre la sua seconda galleria, Art of This Century, più longeva rispetto a Guggenheim Jeune. La ratio alla base della galleria l’ha desunto da Samuel Beckett, il quale in un’occasione gli ha profetizzato quanto “si dovrebbe essere interessati all’arte del proprio tempo”. Al 30 West 57th Street di New York si apre un nuovo epicentro artistico. Art of This Century segna il punto di inizio del forte attivismo di Peggy su suolo americano. Oggetto della collezione è lo stesso nucleo di opere d’arte, piccolo ma qualitativamente ricchissimo, che Peggy aveva attentamente assemblato durante la sua permanenza in Europa, secondo la formula di “un acquisto al giorno”. Cubismo Analitico, Futurismo, Orfismo, Astrattismo Europeo, Dadaismo e opere scultoree di Moore, Giacometti, Arp e Brancusi scatenano immediatamente l’interesse dei collezionisti americani. In poco tempo la galleria diventa un vero e proprio avamposto avanguardista Europeo d’oltreoceano.
Art of This Century costituisce un momento fondamentale per gli artisti esposti, che etichettati “degenerati” dal Terzo Reich, erano stati costretti a stabilizzarsi a New York. Peggy li apre a un mercato floridissimo, famelico del nuovo. È un’abile intermediaria: gli fornisce contatti e commissioni. La galleria diventa l’innegabile prova del contributo di Peggy Guggenheim allo sviluppo dell’arte avanguardista europea. Presto, la galleria diventa catalizzatore dell’arte contemporanea americana: tra tutti, Jackson Pollock è l'artista il cui successo è stato per Peggy la maggior conquista. Art of This Century è un melting pot strategico, diviene un punto di incontro fondamentale per personalità di spicco al pari di Alexander Calder, André Breton, Man Ray, Marcel Duchamp, Marc Chagall e molti altri, come riporta Marius Bewley, uno tra i suoi galleristi.
Il tripudio di colori, stili e successo delle opere viene esaltato dall’architettura della galleria. Art of This Century e il Solomon R. Guggenheim non potrebbero essere architettonicamente più diversi: i colori sgargianti e le forme sinuose e calde della prima, opera architettonica di Frederick Kiesler, si contrappongono alla spirale minimale ed essenziale di Frank Lloyd Wright che infiocchetta le opere d’arte moderna della seconda, in uno spazio asettico e visualmente pulito. L’allor già rinomato collezionista Leo Castelli dimostra per Art of This Century rinnovato interesse, paragonando la galleria di Peggy ad una pura sensazione, esaltandone la bellezza, consigliando caldamente il pubblico ad un assaggio di persona.
Dopo anni di mecenatismo nel mercato artistico newyorkese, il suo ritmo selvaggio la spinge a voler cambiar pagina e, dopo aver chiuso Art of This Century nel 1947, Peggy si sposta a Venezia nel 1948. Approfitta dell’invito del segretario generale della Biennale Rodolfo Pallucchini a partecipare alla fiera artistica esponendo pezzi della sua collezione. Si innamora sin da subito della città. Diventa parte del suo cuore, parte della sua persona. È un’estensione del suo essere.
Dice Peggy:
[…] Ogni ora della giornata è un miracolo di luce. In estate, all’alba, il sole sorgente sprigiona sull’acqua una magia tenera che quasi ti rompe il cuore. Con il passare delle ore la luce diviene sempre più violenta fino a che avvolge la città come una foschia a forma di diamante. Poi comincia lentamente ad affondare nella magia del tramonto, il capolavoro della giornata. Questo è il momento di stare sull’acqua. È un imperativo. Il canale ti induce, ti chiama, ti grida di andare verso le sue acque ed abbracciarle da sopra una gondola. […]
Alla Biennale di Venezia, la freschissima collezione di Guggenheim viene esposta nel padiglione della Grecia, progettato da Carlo Scarpa, che crea uno spazio nel quale le diversissime opere di Peggy si armonizzano con lo spazio espositivo, succedendosi in un dialogo fluido e formale. Tra la supremazia di Impressionismo e Post Impressionismo che aleggia negli altri padiglioni, Peggy sfodera i primi capolavori d’arte contemporanea americana a toccare terreno europeo: si ripete il fenomeno di Art of This Century, ma questa volta sono gli americani Gorky, Pollock e Rothko a venir aperti ad un nuovo mercato artistico, quello europeo.
Qualche anno più tardi Guggenheim acquista il Palazzo Venier dei Leoni, gioiello del diciottesimo secolo. È affacciato sulle rive del Canal Grande, oggetto di plurimi quadri del Canaletto, Guardi e della corona di artisti nordeuropei che, giunti a Venezia durante il magico periodo del Grand Tour, affascinati, lo ritraggono in tutte le sue sfaccettature. Palazzo Venier dei Leoni diventa la casa di Guggenheim, che nei mesi ed anni seguenti apre al pubblico in tutte le stagioni dell’anno.
Il gioiello di Palazzo Venier dei Leoni ha un fortissimo impatto sul pubblico italiano ed europeo. Si tratta della prima vera esposizione della collezione di Guggenheim nel vecchio continente, specificatamente in un paese sul quale si era posata sino a pochissimo tempo prima l’ombra del regime dittatoriale.
L’arrivo di Peggy è un respiro di aria fresca e novità emozionanti.
Il suo continuo e attivo impegno di promozione di artisti contemporanei si apre anche a personalità italiane. Non solo Peggy acquista ed organizza personali di artisti, ma vi concede spazi per lavorare e li stipendia, come fosse una propria datrice di lavoro, offrendogli le migliori condizioni per esprimere il loro talento. Nel 1962 viene nominata cittadina onoraria di Venezia, dove passa in tranquillità gli ultimi anni della sua vita.
Ad oggi, tutte le opere oggetto della sua collezione sono divenute proprietà del Solomon R. Guggenheim Museum, allargando così il patrimonio della famiglia. Senza dubbio, sin da Guggenheim Jeune, il lato visionario di Peggy Guggenheim ha cominciato a prendere forma: la sua capacità di apprendere il gusto estetico dell’arte contemporanea e la sua indole filantropica le hanno permesso di comprendere la sensibilità del mercato artistico, di cui giocando le leve a suo favore è riuscita a portare a livelli altissimi diversi tra gli artisti contemporanei più rinomati e più quotati a livello mondiale.