Sulla carrozza dei sogni
gira la ruota di fantasia
per ricreare suoni e colori
con l’anima sospesa.Dove una luce appare
un caldo tepore si annuncia.
Torna la voglia di andare
un poco ma sempre più in là…Aperti nascono mondi
dove la vita ormai pulsa
dove le stelle sognanti
si sono fermate a guardare.(Sono dipingo sogno, Renata Storari, 2019)
Questa splendida poesia apre e significa suggestivamente la bella esposizione di quadri alla Galleria degli Artisti nel cuore di Milano, dal titolo appunto “Dai segni ai sogni”, che ha ospitato i lavori di Peppino Fusar-Poli e Renata Storari.
La mostra, esplosione di colori che ha trasformato il locale in una sorta di caleidoscopio affascinante, presenta, oltre alla variegata teoria di quadri, anche una differenza di personalità tra i due pittori che si cimentano con la tecnica del pastello.
Differenza che riguarda la scelta dei soggetti, il tratto pittorico, l’uso cromatico dei pastelli e che, forse oltre alla soggettività intrinseca di ogni persona, segnala anche la differenza di genere sessuale tra i due “sognatori”.
Ed è proprio questa diversità, che si coglie di primo acchito entrando nei locali della galleria, che mi incuriosisce e mi spinge a far loro delle domande per avvicinarmi alla loro storia professionale, dalle origini all’evoluzione fino a questa ultima produzione. E allora oso chiedere e ognuno mi risponderà, anche in questo caso, scegliendo la modalità che sente più vicina e risonante alle sue corde.
Le mie domande partono dalla curiosità di sapere come nasce questo interesse per la pittura, interesse che poi diventerà una passione... e in seguito la scelta di una scuola e il percorso di apprendimento.
Renata: Da sempre la pittura mi ha attratto, sia come fruizione sia come manifestazione/raffigurazione creativa personale. Differenti sono gli ambiti che mi hanno coinvolto: dalla decorazione su porcellana alla “scrittura” iconografica, dalla pittura secondo la tecnica trompe l’oeil alla rappresentazione pittorica ad acquerello e a olio, recentemente a quella a pastello.
Perciò hai spaziato in tanti ambiti, tutti estremamente interessanti ed evocativi.
I corsi specifici frequentati mi hanno offerto la possibilità di apprendere e approfondire le differenti tecniche, con apporti personali originali.
Tante prove di tecnica, ma le emozioni come hanno trovato ospitalità? Come si riescono a coniugare due esperienze così apparentemente distanti, come si possono dare la mano, come si possono innamorare reciprocamente, la tecnica e le emozioni, tanto da realizzare una sorta di integrazione psiche-soma?
Il supporto, sia esso tela, tavola o carta/cartoncino, sono la pagina bianca su cui imprimo il mio segno, espressione di ciò che avverto nel mio profondo emozionale, reso concreto nel momento che lo fissa.
In particolare, la pittura a olio mi ha aperto le pagine più intense del mio colorismo pittorico, facilitando la rappresentazione e raffigurazione di ciò che provo e vivo. La luce e il colore guidano il mio tratto, segno del sogno che vive in me e così traspare nell’immediatezza del momento, di quel finito momentaneo in cui appare, per poi scomparire e poi riapparire sotto altre forme, in un divenire continuo ed entusiasmante.
Anche lo spazio vuoto ha un suo perché: l’inespresso non si perde, carico com’è di contenuto, più in là.
Quello che racconti ricorda tanto l’esperienza della generatività, della nascita. Contiene la stessa misteriosità. È un percorso che parte da dentro.
L’emozione arriva intensa quando il vissuto con naturalezza emerge, libero e fluido, dal mio mondo al pennello che cattura l’istante, con gioia.
È la gioia della realizzazione di un sogno...
Dal segno al sogno che “suona” nell’immagine. Dipingere è per così dire far risuonare il sogno che è in me.
Che bella questa transmodalità sensoriale... dal vedere al sentire, dal colore alla musica, dal sogno al reale.
Le note che emergono dall’immagine sono, in parte, specchio dell’anima, di quel quid intimo svelato a chi “legge”, che anche accoglie e risponde.
Insomma, in gioco c’è sempre una relazione, tra te e la tua creazione, tra te e gli altri. E a proposito di musica, quale senti sarebbe il sottofondo sonoro ideale per questa esperienza in Galleria?
Senz’altro Mendelssohn, Romanze senza parole, in Re maggiore, Op. 109, per violoncello e piano. Questa è la musica-sogno da cui sentirei armoniosamente avvolta tutta l’esposizione.
Per la musica non hai avuto dubbi, sarei curiosa di sapere se l'uso di una tecnica piuttosto che un’altra suscita sensorialità diverse? Si possono tradurre in parole le sensazioni?
Il pastello, recente acquisizione tecnica, ha suscitato in me nuove modalità di far emergere sensazioni nascoste, lasciate momentaneamente celate nel giardino dei miei sogni.
E l’immaginario?
L’immaginazione viaggia su binari a volte facili, a volte stretti, ma procede e mi rivela il mondo.
Lo descrivi come fosse un percorso, un viaggio dentro di te, ma anche nel mondo, in relazione con l’altro.
Sognare e nel sogno ritrovarsi e ritrovare l’altro che accoglie e ascolta.
Grazie Renata di averci fatto il dono di accoglierci nei tuoi sogni, sogni al femminile… e il maschile? Come sognerà? Ascoltiamo Peppino. Quando nasce il tuo interesse per la pittura e come si sviluppa?
Peppino: Da giovane provavo solo curiosità (mostre CRAL Edison, Zia Isaline Crivelli, pittrice che esponeva alla Galleria Ponte Rosso), leggevo la Collana Maestri del Colore e ho avuto una breve esperienza personale di ritrattistica con il nero fumo.
In età adulta (da pensionato), a seguito di una difficoltà di deambulazione, mi sono iscritto al corso di Storia della pittura al Circolo Volta di Milano riservato ai soci del Circolo a cura del prof. Giovanni Trapani che ha avviato a latere un corso di acquerello. Successivamente ho frequentato a Brera un Corso Propedeutico, sospeso dopo qualche mese per ragioni familiari. Infine mi sono iscritto in una vera Scuola di acquerello presso lo studio di un pittore professionista (Maestro Angelo Gorlini).
Caspita, quanta strada dall’iniziale interesse giovanile. Quella che si era manifestata come curiosità si è concretizzata, in seguito, in esperienze di apprendimento culturale, ma non solo, ti sei anche cimentato nel “fare pittura”. È come se, attraverso l’incontro con l’arte, tu abbia scoperto una passione che forse avevi già dentro, ma non sapeva come farsi strada. Mi viene da pensare che hai trovato la possibilità di una nuova espressione di te, e se davvero fosse così, sembrerebbe corrispondere a una nuova nascita, all’apprendimento di un linguaggio altro, forse intimamente più consono a te. Chissà. E quale “abc” hai scelto per cominciare?
La tecnica scelta, cioè l’acquerello, mi ha indotto a sviluppare la ricerca della fluidità e leggerezza del tratto di pennello, perché il mezzo dove sono diluiti i colori è semplicemente l’acqua. Alla base di questa tecnica c’è una certa semplicità logistica e organizzativa non implicando la necessità di diluenti chimici o preparazioni preliminari per iniziare a operare. A questo si aggiunge una certa velocità di esecuzione dei lavori. Si lavora di getto senza un percorso obbligato e quindi c’è spazio per l’inventiva, la fantasia, la libera interpretazione della realtà da rappresentare. Si opera con schemi liberi sia su oggetti che soggetti.
Per cui hai incontrato la libertà di lasciare scorrere tramite l’acqua la fantasia, che bello…
L’acquerello basa la sua espressione più libera e significativa sull’ utilizzo dell’acqua. Dosando la quantità d’acqua si possono creare vari gradi di impatto sull’osservatore sia dal punto di vista della delineazione dei soggetti/oggetti/paesaggi sia dal punto di vista cromatico (intensità, sfumature e contrasto dei colori). Si ottiene quindi una completa e personale libertà di interpretazione della realtà grazie a sfondi e tonalità di colore che realizzano l’opera.
Immagino di vederti scivolare senza intoppi su quest’acqua che ti regala la bellezza di sentirti spontaneo e creativo!
Ho avuto anche esperienze di tecniche di spruzzo: l’acqua è la protagonista, fa tutto lei. Si distribuisce il colore sul foglio in modo casuale, si spruzza l’acqua e si movimenta il supporto di carta in modo tale che si distribuisce il colore sul foglio secondo l’inclinazione dello stesso. Si realizzano immagini, effetti speciali di fluidità e chiaro scuro e si lascia l’osservatore libero di interpretare il risultato dell’opera.
Hai nominato più volte il termine “libertà”, forse corrisponde ad un modo di essere che senti molto importante e vero per te, come persona ancora prima che come artista. E poi è sempre presente nel tuo pensiero la presenza dell’altro a cui comunicare.
Sì e ultimamente mi sono cimentato nella tecnica della pittura a pastello. In questo caso i fondamentali sono totalmente ribaltati. Si parte sempre da un disegno, i colori non sono miscelabili, i tempi di realizzo di un’opera si allungano, si procede con lentezza e curando i dettagli. Per realizzare un dipinto a pastello si opera, cioè, secondo i criteri e gli insegnamenti dei grandi maestri rinascimentali dove nelle botteghe crescevano giovani allievi che apprendevano l’arte e i suoi segreti e si misuravano sulle diverse tecniche di pittura, scultura e decorazione. A mio avviso questa tecnica dà un fondamentale contributo alla formazione dell’artista.
Sei stato molto esaustivo nello spiegare la tecnica, ma come giocano le emozioni?
Non c’è una emozione particolare che distingua queste realizzazioni da qualsiasi altro lavoro di manualità se l’autore sente “suo” il risultato con il significato che voleva dare.
Mi sembra molto profondo questo tuo pensiero, ha a che fare anche per te, come per Renata, con l’emozione della generatività che accomuna chi fa l’esperienza del creare.
Tra eseguire e creare: nell’acquerello è forte l’accento sul “creare” perché non è richiesta una base di partenza per realizzare l’opera.
La mostra “Dai segni ai sogni” invita a riflettere sulla connessione tra il dipingere e il sognare.
Dipingere e sognare: quando dipingo non sogno; in una fase successiva, quando rielaboro e ammiro l’opera eseguita comincio a sognare.
Mi verrebbe da dire che il tuo quadro/sogno ti permette di volare con la fantasia, di dare pensiero al sogno. Mi ricordi Kant quando dice che i pensieri preesistono al pensare, e il pensatore deve essere in grado di acchiapparli… così come i tuoi quadri/sogno preesistono al sognarli e poi permettono di essere sognati da te e da chi li guarda.
Ho salutato Renata chiedendomi come sarebbe stato il tuo sognare o, meglio, come sarebbe stato il sognare al maschile. Grazie per averlo così spassionatamente espresso, nel senso di così libero da schemi preconcetti e così a contatto con la tua essenza.
Ti chiedo un’ultima cosa, come è stata l’esperienza di aver organizzato una mostra in due, tra l’altro una donna e un uomo?
In due è una buona soluzione per facilitare il confronto di tecniche, espressività e capacità di realizzazione: bisogna però definire delle piattaforme condivise quali tema, soggetti e anche tecniche, nonché questioni organizzative.
Sono in gioco parti maschili e parti femminili, “animus” e “anima” direbbe Jung. Ma sai che Einstein scriveva che “L’immaginazione è più importante della conoscenza. La conoscenza è limitata. L’immaginazione circonda il mondo”?
Concordo con Einstein: soprattutto nella creazione artistica, l’immaginazione pilota la realizzazione in piena libertà e fantasia. L’immaginazione e la conoscenza sono due categorie che devono muoversi in equilibrio. Un’ immaginazione che non trova sfogo in una realizzazione rimane sospesa e speculativa.