Eleonora Duse è l’attrice più celebre della sua epoca, per la quale lo status di “primadonna” trascendeva la persona ed i ruoli, trasformandosi in un’aura la cui eco è percepibile ancora oggi. Fatto reso possibile non solo dalle sue memorabili e documentate interpretazioni, ma dallo sguardo di chi l’ha narrata, donando al lettore punti di vista diversi da cui continuare ad ammirarla.

La studiosa Maria Pia Pagani, che da anni analizza la figura della “Divina” da diverse prospettive, pubblica per Bibliotheka, la silloge Primadonna raccogliendo le novelle che vari autori italiani hanno dedicato all’attrice, in una galleria che abbraccia un arco temporale che va dal 1887 al 1925, ossia il periodo del massimo splendore della stella dusiana, fino all’anno successivo alla morte. Una ricca panoramica di cui discorriamo con l’autrice, insieme ai progetti in uscita.

Partirei col chiederle qual è stata la genesi dell’opera e cosa l’ha spinta verso una silloge così sfaccettata ed elegante.

Nel mio ormai ventennale percorso di studi e ricerche su Eleonora Duse, mi sono spesso imbattuta in vari testi (in poesia, in prosa, teatrali) in cui era presente. Ho dunque deciso di indagare in modo specifico la sua presenza nella letteratura, che di fatto si è sviluppata parallelamente alla sua conquista della celebrità – prima a livello nazionale e poi internazionale. La sua rilevanza nella poesia mondiale è spiegata in Creatura di poesia. Vita in versi di Eleonora Duse (2023), in cui ho anche tradotto tutte le liriche in lingua straniera che la riguardano.

La tappa successiva è stata Primadonna. Novelle per Eleonora Duse (2024), in cui si mette a fuoco come la sua immagine divistica abbia la attraversato la prosa italiana della sua epoca. Tutto nasce da ciò che sorregge e alimenta il lavoro di un ricercatore: metodo, curiosità, passione.

Come ha effettuato la scelta delle novelle? Ve ne sono state alcune che hanno mosso la decisione di creare una raccolta?

Primadonna ha preso forma quando mi sono resa conto che la mole dei testi era tale da poter creare una raccolta che spiegasse, sotto la particolare prospettiva delle novelle, il divismo dusiano. Il volume abbraccia un arco cronologico che va dal 1887 al 1925 – ovvero da quando la Duse ha cominciato a brillare a livello internazionale, fino a un anno dopo la sua morte.

Oltre ai riferimenti temporali che tracciano parabola della sua celebrità, sono molto importanti anche quelli geografici, poiché le novelle sono ambientate in molte delle città italiane in cui ha riscosso i maggiori successi: Roma, Torino, Napoli, Venezia, Firenze, Milano, Trieste. Questo lavoro mi ha dato anche la soddisfazione di riportare alla luce autori oggi finiti nel dimenticatoio quali Gemma Ferruggia, Giuseppe Lipparini, Luigi Risso Tammèo: all’epoca erano molto conosciuti e letti, e ciascuno di loro ha letterariamente intercettato in modo particolare la figura della Duse.

Una domanda scomoda, forse, al cospetto di un’antologia… Ci sono stati scritti ed autori che l’hanno maggiormente colpita?

Lavorando a Primadonna, mi ha colpito il fatto che la figura della Duse sia stata in vario modo raccontata dalle penne più autorevoli del suo tempo, in un circuito che coinvolgeva in modo virtuoso autori, lettori e spettatori – con ampio beneficio pubblicitario dei testi e, naturalmente, dell’artista medesima. Inserirla in una novella, significava usare un nome di forte richiamo nell’immaginario collettivo coevo, era una strategia culturale che aumentava l’appeal della scrittura e della personalità famosa menzionata.

La raccolta restituisce la fotografia di una civiltà letteraria e dello spettacolo che oggi non esiste più, dando anche (soprattutto grazie alle novelle di Ugo Ojetti e di Haydée) un’idea di quello che era il “dusismo” – ovvero il tentativo delle giovani e anonime attrici di provincia di imitare la Duse senza averne eguale talento, con tutti gli esiti goffi e maldestri del caso.

Da tempo dà voce ad “ammiratrici” ed “ammiratori” dusiani. Quali caratteristiche della sua personalità le farebbe piacere il lettore evincesse da questi ritratti in absentia?

La Duse era una personalità fortemente carismatica, che lasciava il segno nel cuore degli spettatori e di chi aveva la fortuna di avvicinarla di persona. Era capace di parlare alla mente e al cuore delle ammiratrici e degli ammiratori, stimolando anche la loro creatività: non è un caso, infatti, che molti di loro l’abbiano omaggiata con poesie e novelle che spesso componevano dopo averla vista in scena, sulla scia dell’emozione di uno spettacolo. Le generazioni della posterità purtroppo non hanno modo di ascoltare nessuna traccia registrata della sua “voce d’oro”, che tanto sapeva incantare il pubblico.

Trovo divertente la strategia narrativa della novella di Térésah, tutta giocata sulle qualità addirittura miracolose della voce della Duse, in grado di risvegliare la passione in una coppia di anziani (trasformandosi addirittura in un triangolo, tipicamente borghese, con una cugina di lei). Ma è geniale il fatto che l’autrice abbia pubblicato il testo nell’imminenza del rientro in scena della Duse, avvenuto al Teatro Balbo di Torino il 5 maggio 1921: anche questa era una captatio benevolentiae per gli spettatori, studiata con il pieno consenso di lei. A differenza delle poesie, che esaltano essenzialmente Eleonora come “Grande Tragica”, le novelle rivelano in controluce le astuzie di un’artista che ha saputo ben veicolare la sua immagine anche attraverso la letteratura coeva.

Posso chiederle a quali progetti futuri sta lavorando?

Sto ancora proseguendo la ricognizione della presenza dusiana nella letteratura. La prossima tappa è dedicata alla scrittura teatrale con il volume Universo Duse. Drammaturgie sulla Divina (1947-2017), che ho curato insieme al prof. Paolo Puppa, appena uscito per Bulzoni Editore.