Sedersi in solitudine nell’attesa dello scorrere del tempo, lasciarsi trascinare dal battere dei secondi e osservare le lancette ticchettare, scandire lo scivolare delle tessere che vanno a comporre i numeri sul quadrante, perdersi, trasportati dal rumore inesorabile delle lancette che contano incessantemente i secondi. Il tempo fluisce e ci lascia meravigliati, ogni secondo che passa non tornerà mai più e questo genera domande del tipo: dove finisce il tempo trascorso? Dove si vanno ad accumulare tutti i secondi che passano e che non ritorneranno mai più?
Un’infinità di particelle che restano in fila come perfetti militari in parata, in attesa di avere il loro attimo di notorietà che non potrà superare il tic o il tac. Quale crudeltà dimostra il signore indiscusso dello scorrere degli attimi nel non permettere più di un momento di fama ad ognuno dei suoi infiniti figli. Eppure il tempo continua imperterrito a scorrere anzi a fuggire, “tempus fugit” si può leggere sui quadranti delle vecchie pendole da salotto, il tempo inquadra la vita e le detta il ritmo.
Quante cose sono in possesso del tempo, il solo scandire degli attimi che fuggono e sfuggono non appena appaiono è una magia e tutti noi siamo governati dal tempo che, per quanto si possa cercare di fuggire, di evitare di esserne schiavi, si finisce comunque ad essere imprigionati sicuramente nel suo alternarsi di luce e buio che si susseguono inevitabilmente e altrettanto inevitabilmente compongono il tempo che, per quanto naturale possa essere, per quanto lontano dal suo scorrere e dal suo dettarci il susseguirsi dei momenti in cui ci troviamo costantemente incasellati noi tentiamo di porci, si finisca sempre ad essere imbrigliati dal suo ticchettare senza sosta.
Il tempo, che nell’ozio dei momenti di serenità, ci fregiamo di poter controllare diventa, in una giornata frenetica, il nostro peggior nemico, perfettamente cosciente di risultare vincitore su ogni nostro tentativo di provare a dominarlo. Ad oggi nessuno è ancora riuscito a piegare il tempo al suo volere, a percorrere a ritroso il tempo trascorso o a fuggire in avanti più velocemente del tempo stesso.
Ogni velocità che sia paragonata al movimento nello spazio del suono o della luce è sempre soggetta alla sua misurazione in termini temporali e ciò dovrebbe aprirci gli occhi: che si resti seduti ad ascoltarlo scorrere o che si cerchi di assoggettarlo al nostro volere egli, Crono, il padre di Zeus, il capostipite degli dei dell’Olimpo, resterà immutato ed immutabile e nessuna macchina del tempo, nessun Tardis, nessun custode del tempo, nessun Doctor Who potrà mai definirsi padrone del tempo perché il tempo ha un solo padrone ossia se stesso.
E come Crono mangia i suoi figli, il tempo divora i secondi e non ci lascia scampo; impossibile fuggire dal meccanismo perpetuo dello scorrere delle ore, dei minuti, dei secondi; ogni cosa è fatta di tempo ed il tempo ne è padrone, sovrano incontrastato, che è libero di rubare la vita di ogni cosa, di strapparle la pelle e farla invecchiare fino a sotterrarla.
Niente vince il tempo e la sua inesorabilità, l’unico modo di fermare il tempo è donarsi, abbandonarsi definitivamente ad esso grazie alla scure della signora delle tenebre, la morte; comunque sia, il digrignare perpetuo del passare dei momenti continua a procedere anche sui corpi senza vita, sui palazzi diroccati, sulle pagine consunte ancora e per sempre, fino al loro completo annullamento. L’unico modo, invece, di ingannare il tempo e rimanere vivi è mantenere la propria mente giovane e non permetterle di invecchiare, perlomeno fino al momento in cui il tempo stesso non ce ne chiederà conto con il suo incedere incessante.