“In principio era il Verbo” recita il mirabile incipit di Luca, uno dei primi e più grandi scrittori di tutti i tempi.

Io, molto più modestamente, vorrei iniziare il mio articolo citando Gutenberg.

All’inizio fu Gutenberg.

Infatti, fu il geniale inventore dei caratteri a stampa il primo a spezzare la catena della memoria, riuscendo a rendere presente, sulla carta, ciò che prima era assente o magari era presente, ma soltanto nella memoria di chi, per caso o per capacità di ricordare, era riuscito a raccogliere le testimonianze dei trapassati, mentre erano ancora in vita (sarebbe utile, per chi volesse approfondire questi aspetti, leggere l’opera di Northrop Frye).

Questa capacità di fissare sulla carta i pensieri e i ricordi, in realtà, fu una conquista da ascrivere all’invenzione della scrittura (cinquemila anni prima dello stesso Gutenberg), ma l’invenzione della stampa consentì a questi ricordi e a questi pensieri di veicolare per il mondo in maniera più estesa e capillare. Insomma l’invenzione della stampa fu il primo passo per la diffusione di una cultura di massa. Basti considerare il ruolo che ancora svolgono i libri (seppure oggi, sempre più, in formati diversi da quelli cartacei) per capire quanto profonda e duratura sia stata quell’invenzione.

Secondo un altro grande sociologo, l’americano Neil Postman (che conobbe Mc Luhan quando quest’ultimo era ancora uno sconosciuto professore), la televisione sostituendo la stampa (anche se io direi, “affiancandosi” alla lettura), è riuscita a rendere presente ciò che invece è assente (in particolare si veda la sua opera Amazing ourselves to death).

Forse questa affermazione potrà apparire a qualcuno troppo severa, però coglie nel segno. Così come la civiltà tipografica, soprattutto con i giornali, più che con i libri, portava all’attenzione dei suoi lettori delle notizie che altrimenti sarebbero rimaste sepolte (in questo senso, credo, Postman le definisse assenti), alla stessa stregua la televisione, proponendo i suoi diversi contenuti, tra cui certamente anche le notizie, crea e realizza una presenza altrimenti inesistente e assente.

In realtà non c’è niente di nuovo nell’affermazione di Postman, nel senso che essa può bene attagliarsi anche alla civiltà passata, quella tipografica. Mi verrebbe da dire, con l’Ecclesiaste, che non ci sia niente di nuovo sotto il sole.

Quello che è diverso, invece (e tengo a precisare che Postman non intendeva esorcizzare la televisione), così come osservava lo stesso sociologo americano, è la natura della comunicazione visiva, assai più frammentaria di quella scritta, non lasciando ai suoi fruitori i necessari spazi di riflessione e di inventiva che consentiva e consente la comunicazione scritta.

Mi sembra di poter condividere qui l’accusa di invadenza mossa alla televisione da Neil Postman. Un’accusa resa ancora più consistente dalla pervasività raggiunta dal mezzo televisivo, capace di portare fin dentro le case dei modelli di comportamento, delle strutture di logica e di pensiero, tali da occupare tutti gli spazi cognitivi disponibili nella mente dei percettori di quelle immagini così suggestive, ripetute nella pubblicità sino all’ossessione, che niente lasciano alla loro fantasia, privandoli della possibilità e quindi della capacità di interagire, se non proprio di contraddire.

In questo senso la vocazione epistemologica della televisione (uso qui il termine più nel significato di teoria generale della conoscenza, che esso ha acquisito nel linguaggio anglofono, piuttosto che nel senso etimologico originario), si trova a svolgere un ruolo primario che diventa pericoloso nel momento in cui il mezzo finisse nelle mani e nel controllo da parte dei poteri forti (cosa che ormai è divenuta una regola fissa e perfino imprescindibile).

Mi viene in mente adesso uno degli ultimi scritti di Karl Popper, che sempre sul finire del secolo precedente, ci avvertiva sulla pericolosità del mezzo televisivo, pubblicando la sua illuminante opera: “Cattiva maestra televisiva”.

La mia mente, con il pensiero, torna agli anni del mio insegnamento, quando sui banchi delle mie classi, cominciarono ad arrivare gli adolescenti che avevano avuto come baby-sitter la televisione. Ricordo come allora, con sgomento e sorpresa, mi capitasse sempre più spesso di cogliere sulle loro labbra, magari in un momento di stanchezza o di deconcentrazione dal lavoro scolastico, gli slogan che le televisioni commerciali allora imperanti, proponevano in maniera ripetitiva, durante i loro pomeriggi di abbandono davanti agli schermi televisivi, da parte di genitori disinteressati e superficiali, o più semplicemente troppo impegnati.

Postman scriveva alla fine del millennio e dell’ultimo suo secolo, appena trascorsi. Essendo morto all’inizio del nuovo millennio, non ha fatto in tempo ad assistere all’esplosione dei social network. Cosa direbbe oggi il grande sociologo americano, se fosse vivo, di Facebook, di Instagram, Twitter (adesso, nell’era di Musk, X) e di Tik-Tok?

Sicuramente possiamo applicare anche a questi nuovi mass media le stesse categorie di pensiero che Postman ha forgiato per la televisione.

Con l’aggiunta di una e ancora più preoccupante frontiera che i social network hanno evidenziato: il pensiero breve dei loro utenti. L’incapacità imposta di non riuscire ad andare al di là del presente. Come se i millenni del pensiero lungo di chi ci precede, fossero stati cancellati dall’illusione che esista soltanto il presente. Questo è il pericolo che la scuola dovrebbe scongiurare.

Ma i primi e veri responsabili della scuola, i nostri politici, quelli attuali e quelli futuri, avranno la capacità e la preparazione sufficiente e necessaria per porsi questi problemi e per cercare quindi di risolverli? A vedere queste caricature che occupano gli scranni ministeriali e i posti di potere, c’è davvero poco da illudersi.

Quando i politici si decideranno a smettere con l'autoreferenzialità e inizieranno a circondarsi di validi consiglieri? Per quanto tempo ancora dovremo sopportare la presenza di politici che si circondano di persone impreparate, magari utili per il loro sostegno o sollazzo personale, ma dotati di scarsa cultura? Non sono ottimista, forse, ma realista sì. Non di meno continuo a sperare che la cultura riesca, un domani, a prevalere sull'ignoranza.