Si dice che il Male affascini più del Bene, e che in ogni storia che si rispetti il villain è più interessante del “buono”. E se il villain in questione fosse il cattivo per eccellenza, ovvero il Diavolo? Di certo ha avuto più “fortuna” letteraria rispetto ad angeli e santi e anche della Divina Commedia tendiamo a ricordare più l’Inferno che non il Paradiso.
Il Diavolo ha molti nomi: “Diavolo” non è che il greco Diabolos che significa “Il Divisore”, traduzione più o meno fedele dell’ebraico ha Shatan, Satana, ovvero “l’Avversario” o, meglio, “l’Accusatore”. E poi Lucifero, ovvero “Il Portatore di Luce” forma latina dell’ebraico Helel che si ritrova in Isaia 14,11-15 (“In che modo sei caduto dal cielo, Lucifero, figlio dell’Aurora?”). E poi i nomi ebraici di Belzebù “Signore delle Mosche”, Belial “Signore del Nulla” o il greco Mefistofele “Colui che non ama la luce” del mito faustiano.
Nell’Antico Testamento Satana appare poco. La sua apparizione più notevole si trova nel Libro di Giobbe: è un angelo che si trova al cospetto di Dio e accusa Giobbe. Ma “Satana” spesso è un sinonimo di “inciampo” e in questo senso Gesù usa questa parola quando accusa Pietro (“Vattene, satana, tu mi sei d’inciampo” Matteo 16,23). Nei Vangeli, tuttavia, il Diavolo comincia a prendere la veste che conosciamo: è lui a tentare Gesù nel deserto ed è lui ad essere sconfitto da San Michele Arcangelo e dalle schiere angeliche nell’Apocalisse.
La letteratura rimane subito affascinata dalla figura del nemico di Dio, la “scimmia di Dio”. Questo soprattutto a livello popolare. Il popolino, nel Medioevo, era spaventato dal Diavolo, vedendolo ovunque. Ma dall’altra parte lo ridicolizzò. È nel Medioevo che si sviluppa l’immagine classica di Satana a forma di caprone. Da un lato era la naturale demonizzazione di divinità pagane, in particolare Pan, dio pagano campestre e “popolare”. Dall’altro era una maniera di ridicolizzare questa figura così temuta, per esorcizzarla. Nelle fiabe popolari il Diavolo appare spessp come stupido, che si fa mettere nel sacco dal protagonista. Il Diavolo popolaresco è una figura buffonesca. Il “Re dell’Inferno” a capo della Caccia Selvaggia nei cieli nordici è, in tedesco, Hölle König. Questa figura terrifica diventa lentamente Helleking e poi Harlequin. La maschera di Arlecchino altro non è che una versione buffonesca e popolaresca di Satana. Già il monaco trappita inglese Orderico Vitale parla, nella sua Storia Ecclesiastica, di una familia Herlechini, un corteo di anime dannate guidate da questo diavolo.
Ma è la Divina Commedia che ci dà la più significativa testimonianza di questo diavolo buffone nei demoni denominati Malebranche: uno di questi si chiama proprio Alichino. Questi diavoli danteschi sono evidentemente buffoneschi: i loro nomi (Barbariccia, Cagnazzo, Farfarello) sono evidentemente popolareschi, e anche i loro atti sono buffoneschi (celebre Barbariccia che “del cul/avea fatto trombetta”). Lo stesso Lucifero dantesco è una figura gigantesca ma sgraziata, priva di fascino e titanismo.
È con il poeta inglese puritano John Milton e il suo Paradise Lost che Satana acquista una grandezza che affascinerà i romantici. Il Diavolo diventa la versione cristiana di Prometeo, il titano che sfidò Zeus che lancia verso il cielo il suo Better to reign in Hell than serve in Heaven. Questa lettura di Satana affascinerà sia la letteratura romantica che quella decadente. I Fiori del Male di Charles Baudelaire sono pregni di questo satanismo letterario che esplode nella poesia intitolata significativamente Litanie di Satana.
Il mito germanico di Faust fa storia a parte. Si parte con la figura semi leggendaria di Johann Georg Faust (1480-1540) astrologo itinerante che si narrava avesse venduto l’anima al demone Mefistofele e per questo era stato dannato. La storia venne prima diffusa dallo stampatore tedesco luterano Johann Spies, poi ripresa dal drammaturgo elisabettiano Christopher Marlowe e infine dal capolavoro di Johann Wolfgang von Goethe, che però cambia significativamente la storia introducendo il personaggio di Margherita e “salvando” Faust alla fine.
Al Faust di Goethe è legato il diavolo Woland, protagonista del capolavoro di Bulgakov Il Maestro e Margherita. Questo diavolo non è più né la “scimmia di Dio” medievale né il titano romantico di Milton e Baudelaire. È un diavolo che si diverte a sovvertire l’ordine della severa Mosca staliniana. Il nemico di Dio diventa il nemico del nuovo ordine senza Dio: non può sopportare la negazione della metafisica.
Diversa la visione del Diavolo nel mondo islamico. Secondo il Corano il peccato di Iblis (corruzione araba del greco Diabolos) o Shaytan è quella di non essersi voluto inchinare dinanzi ad Adamo, non tollerando lui, essere di fuoco, di doversi inchinare davanti ad un essere di fango. Il sufismo, la corrente mistica dell’Islam, vede in questo paradossalmente un atto di puro monoteismo: il Diavolo non vuole inchinarsi davanti ad una creatura, ma solo davanti al Creatore.