The success of a theurgic rite would be manifest
in inspired divinatory or prophetic speech or in ecstasy
consequent upon the possession of the theurgist
by a deity

(Peter Mark Adams, The Game of Saturn)

Le immagini parlano e si parlano attraverso lo sguardo quando a tratti si fa attento e pronto e così è per gli Arcani Maggiori dei Tarocchi Visconti-Sforza e Sola Busca della Pinacoteca di Brera.

Iniziamo dal mazzo più semplice: quello visconteo. Si possono individuare due polarità complementari estremamente risonanti ed essenziali nella chiarezza dei loro carismi e del loro apparire: le epifanie del “Saturnino” e l’apparire del “Selvaggio”. Un medesimo volto ritorna con insistenza e assume il carisma meditativo e occulto proprio dell’immaginario di Saturno.

Possiamo riconoscerlo in molteplici forme. È un volto di anziano con barba lunga e fluente e un atteggiamento filosofico-ascetico, meditativo, assorto. Appare come Imperatore, Eremita, Papa e Mago. Ma è sempre lui: Saturno, il Re occulto, anche quando assume le vesti di Dio Padre nella carta dell’apocalittico Giudizio. Spesso si accompagna con un lungo e sottile bastone o con una verga di comando o il coltello posto sul tavolino.

L’Eremita si mostra accompagnato dalla saturnina clessidra. Ciò che è più chiaro sfugge spesso all’evidenza! Abbiamo poi figure che sembrano evocare e incorporare il movimento apparentemente opposto del “Selvaggio” come nella Forza e nel Matto. Entrambi hanno le gambe nude e impugnano una clava in modo guerresco. Il Matto presenta spighe e aghi di pino fra i capelli e il gozzo alla gola; segni simili all’immaginario alpestre dell’Uomo Selvatico, figura che non sa stare nel mondo abituale ma opera animalmente e panicamente dentro i visceri di una natura non antropizzata, occulta, altra.

La “Forza” impugna la clava verso un leone che appare già domo in quanto rappresentato in posizione calma e accovacciata ai piedi dell’uomo pacificamente bellicoso. Il saturnino trova nel selvatico una polarità complementare in quanto similmente occulta, solitaria, iniziatica. Si può cogliere una sfumatura selvatica nel saturnino come un’aura sapienziale nel selvatico.

Il mazzo visconteo appare però non tanto incentrato su Saturno ma piuttosto su Hermes. Abbonda infatti il colore verde e dominano le figure maschili fanciullesche, efebiche, diafane, imberbi. I Tarocchi quale “Gioco di Hermes” tanto che il cavaliere di spade e il fante di spade del mazzo visconteo mostrano come copricapo un petaso fatto di piume di pavone e quindi siamo di fronte ad una chiara allusione all’impresa ermetica di Argo.

Nei Tarocchi Sola Busca emerge con maggiore pregnanza e preponderanza l’eco fascinoso e ambiguo di Saturno sotto i sottili veli delle allegorie storico-morali delle figure rappresentate. Anzi: i Tarocchi Sola Busca possiamo apprezzarli quale vero e proprio “Gioco di Saturno” come per primo ha intuito e compreso Peter Mark Adams nel suo bellissimo libro: The Game of Saturn (Scarlet Imprint, Londra, 2017). Un libro elegante e acuto già nella copertina della prima edizione: saturnicamente nera e con un drago volante in oro preso dalla carta XXI di Nabucodonosor.

Un libro che per la prima volta decrive in modo profondo la semantica simbolica del mazzo Sola Busca e rappresenta a mio parere la più precisa e spirituale indagine mai fatta sui sensi riposti del gioco aristocratico dei Tarocchi e questo prima della sua moderna reinvenzione pop divinatoria e mantica e indipendentemente da questa farlocca ossessione contemporanea.

Andiamo ad elencare alcune tra le carte braidensi più saturnine: Venturio e Catulo ad esempio possono configurarsi quali epifanie di Saturno per alcuni indici molto precisi come lo scudo ad ala di pipistrello, la calzamaglia viola e l’asta per il primo quanto gli strumenti dell’agrimensore impugnati dal secondo, insieme al suo copricapo a chiocciola di lumaca.

Tutto ciò che è lento, occulto, invernale, freddo-secco, misteriosamente sapienziale in senso intimo, interno rinvia ai mondi visionari e immaginali saturnini propri del Re che unisce le due più lontane polarità: il piombo e l’oro.

Il Matto ha un corvo sulle spalle e un ramo secco di fianco, mentre Carbone (XII) si riconosce per la barba bianca e fluente, le vesti viola, il lungo e sottile bastone e il suo recare un misterico recipiente graalico con dentro una fiamma al centro.

L’immaginario saturnino non è solo notturno e criptico ma pure igneo e cosmico come allude l’urogallo ai piedi di Olivo (XVI) mentre Ipeo (XVII) viene riconfigurato da Peter M.Adams quale sosta-segno rituale e gnosticamente teurgico per il suo guardare assorto, il saio color terra e le ali di drago-pipistrello.

Il tema del fissare meditativo e rituale non solo è saturnino ma specificamente gnostico-iniziatico oltre che comparire in più carte come quella di Lentulo (XVIII) che fissa una sfera ignea elevata da una colonnetta sopra un’ara e similmente agisce Metello (XV) che fissa con uno scettro una sfera fiammante che ricorda curiosamente l’eolipila di Erone.

A sua volta questo Metello manifesta altri stilemi sapienziali ricorrenti come la spirale che oltre alla lumaca rinvia alle corna ritorte degli arieti sacrificali, a loro volta segno di Zeus Ammone e che Mantegna riprende nel copricapo di Saturno colto nel gesto divoratore (XXXXVII).

Un medesimo Saturno assume le vesti di Lentulo (XVIII), Sabino con la sua armatura viola e l’elmo a chiocciola (XVIIII) come di Nabucodonosor (XXI) sovrastato da un drago volante e del re Filippo il macedone il cui scudo ovale a cerchi concentrici sembra alludere all’ellittica ampia e lenta dell’astro saturnino, pacifico ma terribile come l’antico sovrano.

Il Nostro “Re dei misteri” sembra attraversare l’iconografica dei Tarocchi anche in alcune carte di seme come il cinque di denari nella figura rannicchiata e chiusa sotto ali viola e un cappuccio grigio, l’otto di denari nel teschio giustapposto al tronco secco e nel sei e dieci di spade.

Nella prima carta vediamo una donna nuda e non giovane piegata a portare sulla schiena una pesante gerla, mentre nella seconda ecco un uomo gobbo con un sacco grigio e una casacca viola. Lo stilema del nascondersi saturnino si ritrova nel cavaliere di denari che occulta il suo volto dietro al muso del cavallo mentre estende il suo scudo a testa di cavallo a otto lati, numero cronio. Così Postumio si nasconde dietro il suo scudo ovale con lo stemma di una palma e di una stella inclinando verso terra la torcia, mentre un teschio appare sopra un’ara.

Peter M.Adams riconduce le principali matrici di cultura e spiritualità esoterica di questo mazzo di Tarocchi allo gnosticismo neoplatonico ed orfico di Gemisto Pletone la cui influenza da Costantinopoli incide prima su Venezia e poi intensamente su Ferrara portando agli affreschi di Palazzo Schifanoia e a quello che lo studioso chiama un vero e proprio “culto ferrarese di Saturno”.

Il “Gioco di Saturno” modulerebbe e ricapitolerebbe quindi più linee semantiche ed ermeneutiche: la processione zodiacale, le suggestioni degli Inni Orfici, una ritualità che rinvia ad Ammone, la ripresa del concetto di “teurgia” che fu già di Proclo e la Gnosi ancestrale e iniziatica riassunta visivamente in modo irradiante e trionfale dal celebre Phanes Protogonos marmoreo della Galleria Estense di Modena.

Il magnifico ed immaginifico mazzo Sola Busca della Pinacoteca di Brera celerebbe quindi non solo un “Saturno” quale semplice allegoria della Sapienza Prisca platonica ma pure nel suo intimo un “Saturno” quale segno preciso e riassuntivo di correnti sapienziali gnostico-orfiche antichissime che riemersero nell’umanesimo greco-italico del Quattrocento.

La Cerca non può finire perché ancora gesta nel suo Inizio.