“Sono stati pubblicati libri su Napoleone in numero maggiore dei giorni che ci separano dalla sua morte”. Così scriveva Stendhal, uno dei maggiori cantori dell’epica bonapartista. E il mito di Napoleone, rinverdito anche dal recente film di Ridley Scott, ha realmente numeri impressionanti. Napoleone è il personaggio storico sul quale sono stati pubblicati più libri (Gesù Cristo si trova al secondo posto) e secondo un recente studio Napoleone risulta essere il secondo personaggio più famoso di tutti i tempi, sotto Gesù ma sopra Maometto.
Napoleone inoltre ha una caratteristica particolare: pur essendo, alla fine, uno “sconfitto” la sua figura risulta non solo più famosa, ma anche più apprezzata di quella dei suoi vincitori. Napoleone rappresenta una clamorosa eccezione al vecchio adagio secondo cui “la Storia la scrivono i vincitori”. Ma in parte questo è merito dello stesso Napoleone, un comunicatore eccezionale, un uomo che si sarebbe trovato incredibilmente a suo agio nell’era dei social. La più grande vittoria del Bonaparte fu proprio Sant’Elena.
“Non interrompere mai il tuo nemico mentre sta facendo un errore” è uno dei motti di Napoleone. E i nemici di Napoleone, dopo Waterloo, di errori ne fecero parecchi. Primo: non lo fucilarono, dandogli così la possibilità di “dire la sua”. Secondo: lo spedirono in uno scoglio sperduto nell’oceano, dandogli così materiale per creare una figura titanica e romantica, un Prometeo incatenato. Terzo: il Congresso di Vienna prese una piega reazionaria che fece più facilmente dimenticare il fatto che Napoleone fosse anche un dittatore e un guerrafondaio, e fece rimpiangere il Napoleone del Codice Civile e dell’abolizione della servitù della gleba e dei privilegi nobiliari. E Napoleone comprese l’incredibile vantaggio d’immagine. Un ulteriore aiuto gli venne dato involontariamente dal governatore di Sant’Elena Hudson Lowe, un grigio e ottuso burocrate che umiliava il grande uomo caduto. Questa immagine di calcio dell’asino al leone morente fu un altro vantaggio che il Grande Comunicatore Corso riuscì a sfruttare.
Il risultato fu il Memoriale di Sant’Elena, libro di Emmanuel de Las Cases, un conte che seguì Napoleone in esilio e ne raccolse le confidenze. Il Memoriale fu pubblicato nel 1823, due anni dopo la morte dell’Imperatore, e fu il più grande caso editoriale del XIX secolo. Lo storico Jean Tulard lo definisce “il breviario del bonapartismo”. È il libro che Julien Sorel, l’eroe del capolavoro di Stendhal “Il Rosso e il Nero”, legge con la stessa reverenza con la quale si legge la Bibbia o il Corano.
Sempre Jean Tulard, a proposito del Memoriale, scrive: “L’Imperatore è presentato come un martire, un perseguitato, una vittima delle oscure forze reazionarie, delle monarchie che hanno restaurato l'Ancien Régime, calpestato le glorie militari della Francia declassandola a potenza minore”. Napoleone si presenta come il continuatore della parte migliore della Rivoluzione francese, nemico sia del fanatismo giacobino che del reazionario antico regime, garante della sovranità popolare. Cerca di far dimenticare l’Orco per dare di sé un’immagine liberale. Immagine vera solo in parte: Napoleone fece chiudere i giornali di opposizione, fece rapire e fucilare un libraio tedesco che aveva fatto pubblicare pamphlets antibonapartisti, aveva sedato con estrema durezza diverse rivolte contadine, aveva praticato leve di massa terrificanti.
Dall’altra parte aveva effettivamente migliorato la società, abbattuto i ghetti, promosso arti e scienze, favorito una mobilità sociale tale per cui anche il figlio di un oste come Murat poté diventare re di Napoli, riformato la giurisprudenza con il Codice Civile. Ebbe buon gioco a far dimenticare la parte feroce del suo regime per esaltarne invece la parte migliore. Inoltre riuscì a dare un’immagine sinistra, grazie al suo esilio, all’arcinemico britannico. Non solo, riuscì a diventare popolare tra gli stessi inglesi distinguendo nettamente tra il “popolo inglese” del quale si proclamava amico e l’“aristocrazia inglese” che arrivò ad accusare di tentatividi omicidio nei suoi confronti.
Il risultato fu che lo sconfitto vinse l’ultima battaglia. E affascinò non solo scrittori francesi come il citato Stendhal, ma pure il superliberale Victor Hugo e Alexandre Dumas (il cui padre fu imprigionato proprio dal Bonaparte) ma anche autori provenienti da paesi che lottarono contro di lui. Puskin, deluso dalla svolta reazionaria dello Zar, rimpianse quel Napoleone che invase la sua Russia: il suo eroe Evgenij Onegin ha un busto di Napoleone sul comodino. Decenni dopo, il pacifista Tolstoj si lamenterà del fatto che Napoleone esercitava un fascino superiore a quello di Kutuzov sugli scrittori russi. Tolstoj non aveva compreso la strategia di Napoleone. Se lo Zar non avesse avuto una svolta reazionaria forse sarebbe andata diversamente. Ma “non interrompere il tuo nemico quando compie un errore”.