Negli anni recenti, l’avocado è diventato il simbolo di piatti salutari e di cucine più trendy come il sushi e il pokè. L’avocado si rivela versatile se abbinato con uovo o salmone ed ancor più gradevole nella versione della ricetta messicana della guacamole. Tale frutto è diventato parte integrante della nostra alimentazione in un periodo dove la globalizzazione ha annullato distanze ed unito culture gastronomiche.
La produzione mondiale di avocado è continuata a crescere esponenzialmente negli anni recenti: l’avocado è un prodotto molto apprezzato per l’omega 3 presente nella sua polpa, per la sua leggerezza e per essere spesso uno degli ingredienti principali di ogni piatto sano ed esteticamente instagrammabile di ogni influencer. Tuttavia, il suo diffuso ed amato consumo in tutto il mondo lo ha condotto a diventare molto più di un frutto, bensì un elemento la cui produzione ed esportazione risultano particolarmente controverse.
La maggior parte degli avocado proviene attualmente dall’America Centrale e Latina, da paesi come Messico, Perù, Colombia, Repubblica Dominicana e Brasile. In particolare il Messico è il maggior esportatore di avocado in tutto il globo, dove lo stato federato messicano del Michoacan, grazie al suo clima temperato, detiene quasi il 90% della produzione nazionale di avocado.
Il primo importatore mondiale di avocado non poteva invece che essere, per vicinanza e filosofia consumistica, gli Stati Uniti, dove vengono trasportate circa un milione di tonnellate di avocado. Nel 2022 il governo statunitense ha temporaneamente sospeso l’importazione di avocado dal Messico, poiché gran parte dei ricavi dalla gestione delle piantagioni si riversa nelle casse dei cartelli messicani, i quali richiedono ingenti pizzi ai contadini locali.
Le estorsioni ai contadini che coltivano l’avocado finanziano di fatto le attività illecite che la DEA (Drug Enforcement Administration) tenta di debellare. Diverse inchieste giornalistiche hanno addirittura individuato nell’esportazione di avocado un ottimo diversivo per favorire il trasporto illegale di droga negli Stati Uniti, tra tutti il fentanyl.
Alla gestione criminale da parte dei cartelli messicani, si aggiunge l’importante impatto ambientale causato dalla massiccia coltivazione di avocado, il quale ha generato numerose critiche tra scienziati ed attivisti. Ciascun avocado richiede infatti un costo idrico di circa 70 l di acqua e chiaramente in periodi di enorme siccità come le ultime calde estati, l’utilizzo di acqua aumenta. Inoltre il lungo viaggio dal continente americano implica la necessità di mantenere fresco ed intatto l’avocado, conservato in celle frigorifere che contribuiscono ad una notevole emanazione di Co2, ossia circa una tonnellata e mezzo per singolo frutto.
Se questi svantaggi non fossero sufficienti a rendere poco sostenibile la coltivazione di avocado, si aggiunge il fatto che, per mantenere il passo con la crescente domanda europea, molte aree di coltivazioni sono sorte da numerose mirate deforestazioni e, in alcuni casi, da incendi dolosi di interi boschi. Il successo dell’avocado ha indotto le aziende a coltivarlo al di fuori delle Americhe, deforestando aree del Kenya e dell’Indonesia, talvolta con casi di sfruttamento della manodopera locale. In Italia, si è provato negli anni recenti a evitare i costi dell’importazione producendolo in casa, in particolare attorno ai terreni fertili dell’Etna, in Sicilia.
Oltre al problema ambientale, con l’inflazione è emerso anche quello economico. Con l’aumento della domanda, anche il prezzo è salito: il costo dell’avocado è molto più alto rispetto ad altri tipi di frutti tropicali ed è in parte giustificato dalle specifiche condizioni a cui i produttori debbono attenersi per produrlo.
La coltivazione dell’avocado non merita una crociata: è un alimento che se consumato con moderazione può contribuire ad una dieta sana ed equilibrata, ma è chiaro che la massiccia domanda statunitense ed europea dovrebbe essere posta in secondo piano rispetto agli obiettivi internazionali posti alla limitazione dell’emissione di Co2 e a favore della sostenibilità ambientale.