Preparare e sorseggiare un buon tè crea una bolla di tranquillità come il restare seduti su una panchina ad osservare il paesaggio e lasciar scorrere la visione delle cose in tutta serenità; attendere i tempi giusti per godere dell’ottimo sapore che proviene da un tè preparato correttamente ci trasporta in un contesto di sospensione del tempo dove il piacere proviene anche dall’attesa del piacere stesso e la bolla temporale di cui possiamo usufruire diventa parte sostanziale di un rito plurisecolare, ma ancora modernissimo e assai utile, per mettere in atto tutta la resilienza di cui siamo capaci nei confronti della estrema velocità a cui oggi spesso dobbiamo adeguarci per non soccombere.
Restare comodamente seduti ad assaporare una tazza di quell’infuso che proviene quasi dalla notte dei tempi, parlando pacificamente del più e del meno, ci permette di sollevarci dai problemi che inevitabilmente ci circondano e ci assalgono e ci offre l’opportunità di guardare dall’alto e con il dovuto distacco ciò che succede attorno a noi.
La pratica del tè è antica come il mondo e la sua storia sfuma nel mito per la sua anzianità: la leggenda più interessante sulla nascita del tè è quella che vede protagonista Bodhidharma, primo patriarca del buddismo zen (chan in cinese). L’asceta, dopo lunghissime ore di meditazione cadde addormentato e quando si risvegliò, rendendosi conto della sua debolezza, nella rabbia che ne scaturì si strappò le palpebre per evitare di addormentarsi di nuovo, queste cadendo a terra si trasformarono sull’istante in due piantine di tè che, come risaputo, fra le altre sue qualità, permette di mantenersi svegli ed attenti.
I riti che vengono applicati alla sua preparazione sono svariati e anche, in alcuni casi, molto complessi e il cerimoniale che ne consegue richiede che esso venga rispettato in ogni sua parte per godere appieno dello spirito del tempo sospeso che può essere risvegliato seguendo ogni passaggio di queste ritualità.
Ovunque si beve tè, se ne beve talmente tanto che è stato calcolato che il tè sia la seconda bevanda più diffusa al mondo dopo l’acqua, ma a volte questa bevanda è utilizzata in modo decisamente erroneo poiché viene scambiata per altro: in Italia, dove la sua cultura e conoscenza non è così profonda, spesso si beve perché si ha dolore di stomaco o per calmare i nervi prima di addormentarsi (confondendosi banalmente con la camomilla). Inoltre, spesso, purtroppo troppo spesso, viene utilizzato il tè in bustina che è un orrendo surrogato del tè in foglie (come bere il vino venduto nei cartoni e non nelle bottiglie) e senza seguire neppure le poche semplici regole di base per produrre una discreta tazza di tè.
Per ottenere un buon tè non è necessario mettere in pratica le regole di Lu Yu, detto il Dio del tè, che nel suo chajing, ossia “Il canone del tè”, va alla ricerca del sistema per portare il completo equilibrio tra le cinque componenti necessarie (acqua, fuoco, legno, terra e metallo) per giungere ad ottenere un tè perfetto e poter così ritrovare, specchiandosi nel liquido all’interno della tazza, l’intero ordine universale.
È sufficiente seguire le regole di base, per ottenere un buon tè alla moda occidentale: mettere l’acqua sul fuoco e toglierla non appena inizia a bollire, nel frattempo scaldare la teiera riempiendola con acqua calda, non appena l’acqua è giunta ai gradi corretti svuotare la teiera e versarvi un cucchiaino di tè a persona più uno per la teiera e riempirla con l’acqua sobbollente, attendere intorno ai quattro minuti e poi versare il liquido aureo nelle tazze. Ciò crea meraviglia e sospensione temporale, crea tranquillità e predispone allo scambio amichevole di parole ed azioni e costruisce un ambiente lontano dal tempo e dallo spazio presente, una zona di puro relax che niente potrà scalfire. Tutto questo semplicemente posando acqua calda su delle foglioline di una pianta diffusa e di semplice coltivazione, cosa ci può essere di meglio?