Una figura unica nel panorama poetico mondiale quella di Anna De Brémont (1864-1922). Un’artista dai mille volti che visse a cavallo tra Ottocento e Novecento, spaziando fra canto, teatro, letteratura e giornalismo. Una scrittrice in cui si incontrano la cultura americana dell’epoca e la società vittoriana, tradotta in lingua italiana per la prima volta. Sonetti e poesie d’amore è, quindi, un volume più che prezioso edito e curato da Valeria Di Felice, che ci illustra la genesi della sua traduzione e le infinite pieghe che caratterizzano il verso poliedrico di De Brémont.
Ha abituato i lettori a scelte squisite. Com’è giunta alla conclusione che mancasse un lavoro antologico dedicato a De Brémont, in Italia?
Per questa scoperta sono grata a Roberto Michilli, romanziere, saggista e traduttore, che da due anni ha affidato alla casa editrice con la sua direzione un progetto editoriale molto interessante. Si tratta della collana I contemporanei del futuro (che riprende il titolo di un libro di Giuseppe Pontiggia), una collana che offre ai lettori opere classiche di fine Ottocento e inizio Novecento, poco conosciute o più note. Grazie a Roberto Michilli ho avuto modo di leggere le poesie di Anna De Brémont e di immergermi nel suo mondo intenso e pieno di passioni. O forse sarebbe meglio dire pieno di incontri e ispirazioni.
Che idea spera tragga il lettore anche al cospetto della sua inusuale biografia?
Dalla lettura delle poesie emerge l’immagine di una donna che trasuda amore e desiderio da ogni poesia, una donna aperta all’incontro con l’altro, una donna che vive intensamente la realtà quanto i sogni. Man mano che traducevo e approfondivo anche la sua vita, è stato impossibile non avvicinarmi con ammirazione al suo carisma, alla sua determinazione, alla sua capacità di trasformare le fragilità in ricerca d’amore, con un tocco di spudoratezza che la rese all’epoca molto chiacchierata. Anna De Brémont portò l’intraprendenza americana nella società vittoriana, facendosi promotrice dell’emancipazione femminile ante-litteram.
Nata a New York a metà Ottocento, si sposò nel 1878 con il conte Emile Léon de Brémont dal quale ereditò il titolo di contessa, ma dopo pochi anni rimase vedova. Nel 1886 si trasferì a Londra e iniziò a viaggiare coltivando molte passioni: fu poetessa, giornalista, cantante, organizzatrice di salotti letterari. Era amica di Oscar Wilde e frequentava i salotti della madre Lady Wilde. Conobbe i maggiori artisti, politici, intellettuali dell’epoca. Nel 1895 fu coinvolta in un processo contro il drammaturgo Gilbert, un processo durante il quale furono lette e giudicate “piuttosto focose” alcune poesie del libro Sonnets and Love Poems per mettere in cattiva luce Anna e per dimostrare la scarsa decorosità della sua condotta. E ancora tante altre vicende che, alla luce della nostra mentalità, restituiscono l’immagine di una donna coraggiosa, appassionata, generosa, creativa.
Quali sono state le sfide maggiori nella traduzione dei versi di Anna De Brémont?
Tradurre le poesie di Anna De Brémont non è stato facile per vari motivi. Innanzitutto perché siamo di fronte a una personalità complessa, poco conosciuta in Italia e quindi con poche fonti da consultare. Non esistono in Italia altre traduzioni con le quali confrontarsi e soprattutto materiale sulla sua vita di agevole accesso; questo non ha facilitato la comprensione del contesto necessario per interpretare le poesie. In secondo luogo, ci troviamo di fronte a un inglese di fine Ottocento, con parole desuete o provenienti dal contesto sudafricano. In terzo luogo, si tratta di un linguaggio poetico con elisioni, rivisitazioni, licenze poetiche e in particolare con una vena immaginifica, piena di immagini verbali dense e originali.
Non a caso lei utilizza il paragone con la pittura per descrivere le sue poesie. Quali caratteristiche delle liriche tradotte l’hanno maggiormente colpita ed entusiasmata?
Anna De Brémont è maestra nel dipingere con le parole un paesaggio interiore che sembra in simbiosi con quello esteriore. Il vento, le maree, gli orizzonti oceanici, le scogliere, il veld del Sudafrica nel quale Anna trascorre molti mesi ma anche gli elementi naturali calati nei miti come Danae e nel racconto delle icone storiche dell’antichità come Cleopatra e Antonio, diventano elementi vivi che si accordano all’emotività del lettore. Il punto di forza di Anna De Brémont sta proprio nell’originalità delle immagini verbali, immagini che sono frutto di un’intensa e fervida capacità creativa.
Mi è parso, particolarmente, folgorante il modo in cui l’autrice affronta le regole del desiderio in tutte le sue forme. Come si può trasporre la sua audacia in lingua italiana, in questo senso?
Quando si scrive d’amore è sempre dietro l’angolo il rischio della banalità o dell’ovvio. Non credo sia il caso di Anna, la quale riesce a esprimere, soprattutto musicalmente, il desiderio di una donna che vibra di passione. Questo desiderio è audace per l’epoca, tant’è che la sua “manifestazione letteraria” le costò una reputazione non così consona ai canoni della società vittoriana. Oggi questa audacia diventa la sua firma distintiva, poiché rappresenta il coraggio di una donna che decide di essere se stessa e di non adeguarsi a un modello restrittivo, per chi vorrebbe vivere di arte e non di mansioni domestiche.
Tuttavia, le sue poesie non sono “semplici” composizioni declinate all’amore passionale ed erotizzante con un “tu”, che nella maggior parte dei casi, corrisponde al marito defunto, in altri casi si tratta di un “Tu” di fantasia oppure si riferisce a conoscenze di cui non abbiamo notizia. Sono poesie che nascono da una forte apertura verso l’altro, da una spiccata sensibilità e attenzione verso i più fragili. Come non citare la poesia dedicata ai bambini poveri al cenone di Natale, o agli affetti più cari come la madre e gli amici scomparsi? Anna si dedica alla beneficenza, all’impegno sociale, alla difesa patriottica come quando durante la prima guerra mondiale donò il suo castello al governo francese che lo trasformò in un ospedale per i feriti.
Posso cogliere l’occasione per chiederle dei progetti editoriali futuri?
Una selezione accurata di poeti per la collana Il gabbiere e di testi di narrativa per Gli occhi del pavone e Racconti Zeta. In particolare, tante belle sorprese arriveranno per la collana I contemporanei del futuro il cui direttore Roberto Michilli proporrà delle vere perle: Stendhal, Vanina Vanina, cura e traduzione di Paola Tiberii; Theodor Storm, La signora delle piogge, traduzione e saggio critico di Isabella Horn; Stendhal, I cenci, cura e traduzione di Roberto Michilli; Lord Byron, Melodie ebraiche, cura e traduzione di Valeria Di Felice.