La fisica lo insegna chiaramente: i fenomeni vanno studiati dall’esterno. Oggi una premessa sul tema è imprescindibile: la teoria non conta più (infatti - o forse perché - non ha followers, guai ad usare il termine italiano, come se gli sprovveduti ci fossero solo qui e non parlassero inglese!)
Ho scritto “insegna”, in modo del tutto anacronistico, oggi tutti sanno tutto di tutti gli argomenti, ovviamente con l’intercessione di Google, il santo protettore degli ignoranti. Propongo perciò di usare il termine solo per le indicazioni che troviamo all’esterno, appunto le insegne... Dei “fenomeni”, invece, è meglio non iniziare nemmeno a disquisire…
Più seriamente, perché la fisica si comporta come abbiamo scritto? Ma per non farsi imbrogliare, è ovvio, dall’essere coinvolta, il che non riguarda solo i rapporti personali… Pensiamo all’azione che nelle curve ci spinge all’esterno, facile percepirlo - ad esempio - in automobile, noi comuni mortali la indichiamo come “forza centrifuga”, perché ci spinge all’esterno della curva, ma la fisica no, usa un termine diverso, anzi opposto - ”forza centripeta” - perché la spinta, nelle curve, è verso l’interno, è la reazione a questa a spingerci in fuori… Si tratta solo di un esempio ma è un chiaro e lampante indicatore di quello che ci succede in moltissime occasioni, di fronte alle quali non ci accorgiamo di nulla (ed è già grave) oppure riteniamo corretto l’esatto contrario della realtà (come nell’esempio citato, in cui l’errore è ancora più pesante).
Nell’architettura, quella scritta tutta in maiuscolo, che finisce (solo?) nelle riviste di settore, è sicuramente così ma nelle case di noi, che non ci possiamo permettere il prodotto dell’archistar di turno, è diverso o siamo sottoposti/sottomessi ad una moda di serie inferiore, Z più che B?
Come sempre è più difficile interpretare i fenomeni in atto, molto più semplice farlo con quelli già consumati. Rivolgiamo, infatti, l’attenzione agli edifici degli anni Cinquanta, ne vediamo ancora (non vorrete mica demolirli?), coi loro tetti “fatti” di falde posizionate in discontinuità: belle? No, orrende! Funzionali? Vero il contrario, in quel modo sono stati generati moltissimi punti in cui l’acqua della pioggia può infiltrarsi… Se anziché belli sono orrendi e funzionano al contrario di come dovrebbero, perché? La sola risposta possibile è che ci si doveva liberare dell’immagine della povertà del periodo bellico, tutto sarebbe andato bene purché “diverso”…
Attenzione nel giudicare: il motivo appena scritto non è trascurabile! E i decenni successivi hanno fatto meglio? Cosa hanno prodotto? Non generalizziamo, le eccezioni restano tali, quello che è stato realizzato è molto, dal punto di vista quantitativo, ma molto poco, da quello qualitativo. Oggi la cosa, meglio gli edifici - anche se hanno pochi decenni - sono lontani da noi, per molti è incomprensibile, ma in realtà è molto più complesso comprendere - e soprattutto accettare - il presente! In ogni caso è facile, oggi, riscontrare come quello che si riteneva allora di valore faccia quasi sorridere, a volte per tenerezza, a volte per sarcasmo. Facciamo fatica a comprendere quello che facciamo oggi, esattamente come enunciato in apertura. Ed ancor meno accettare che quello che produciamo, in barba ai nostri entusiasmi e non diversamente da quello che è già successo (serve enunciarlo?) avrà la stessa sorte.
Guardiamoci intorno, quei palazzi grandi, costruiti al posto di piccoli edifici unifamiliari datati, sono apparentemente originali, ma rispetto a cosa, se sono tutti uguali fra loro: bicolori (uno chiaro ed uno scuro), con copertura piana (più gestibile nel rendering), volumi articolati quasi fossero un’opera d’arte (di cento anni fa), parapetti delle terrazze in muratura alternata al cristallo (qui il prodotto degli uccelli si vede meglio), incapacità di gestire i pluviali (maledetta pioggia), importanti (anzi impattanti) all’esterno ma miseri all’interno (non vorrete mica metterci qualche mobile, ma dai… e i sanitari disegnati sono impossibili da collocare nella realtà), e via dicendo.
Scendendo un poco più nel dettaglio, in ordine sparso e non quindi di importanza, cosa possiamo dirci delle vasche ad idromassaggio, che la maggior parte delle persone ha pagato profumatamente ma utilizzato una ed una sola volta? Forse servono ad essere ostentate quando gli ospiti a cena vanno a lavarsi le mani? E i caminetti? Ma chi li usa, scomodi e pericolosi come sono? Anche in questo caso, lo facciamo solo la prima volta, anche per “colorare” un poco l’interno… del resto, se non fosse così, non sarebbero in vendita quelli finti, che addirittura si possono vantare del marchio ecologico, perché la fiamma non emette alcunché, in certi casi, ma, in altri, si tratta di una luce rossa all’interno di finti pezzi di legno… In realtà, vista la dimensione (e la forma ma anche la somiglianza coi caminetti dotati di vetro) dei televisori recenti, non basta - quando serve - sintonizzarsi sul canale televisivo che trasmette ventiquattro ore su ventiquattro, sette giorni su sette, l’immagine (ed il suono/rumore) del caminetto in funzione?
Impossibile non citare il ferro battuto, che però non è tale ma prodotto in fabbrica in quantità industriale con tecnologie completamente diverse. Della manualità è rimasta solo l’immagine, a noi il compito di peggiorare la cosa con il progetto, se proprio non sappiamo come fare, per lo meno diamo la forma di un cancello a doppio battente, quelli con la parte superiore curva e più alti in centro (perché richiamano l’apertura a partire da qui!), ad un cancello scorrevole (ovviamente in un solo pezzo che si muove traslando lateralmente). Poi però non lamentiamoci dei chioschi a forma di hamburger, delle casette nel verde che sembrano funghi transgenici e via così…
La carta da parati! Abbiamo tutti presente quella di un tempo, ma davvero riuscivano a dormire in quelle camere? Citando il mitico Adolf Loos ricordo che “l’ornamento è delitto”, tanto che lo straordinario architetto proponeva, per i reati più efferati di rivestire la cella del carcere - appunto - con la carta da parati, un vero e proprio inasprimento della pena! Sono l’unico a notare la somiglianza tra questa forma di rivestimento e quelli materici tanto in voga oggi? Anche questi finché restano una novità destano qualche interesse, una volta terminata questa fase non potranno che suscitare lo stesso atteggiamento. Tranquilli, quando chiederete ai vostri ospiti cosa ne pensano vi risponderanno con una frase di circostanza, del resto come potrebbero fare diversamente? Perché dovrebbero deludervi? È una piccola bugia, ma a fin di bene….
Quello su cui poggiamo i piedi può essere esentato da questo modus operandi? Se un tempo esisteva solo la moquette, non averla era segno di arretratezza, oggi averla è molto peggio, da insalubre a crescere, gli aggettivi non mancano. Adesso - o meglio, da qualche anno, per cui siamo nella fase della maturità - è “in” il pavimento ceramico che imita il legno: lo schema è sempre lo stesso… tra qualche anno scatterà il più assoluto disprezzo per chi si sarà permesso di compiere il misfatto. Come si può pensare di copiare un materiale così caldo con uno tanto freddo?
Le luci artificiali sono un altro tema altezzoso. Spesso vediamo lampade antiche - o finto antico - collocate su edifici chiaramente di periodo successivo, il che è un errore (il percorso è dal vecchio al nuovo, prima si costruisce poi si arreda, e lo si sente), che sfocia nel ridicolo, anche a livello inconscio.
Ovviamente la stessa cosa riguarda pure certi componenti di finitura, ma non voglio commentare le finte travi e simili, nemmeno l’atteggiamento di chi sostiene che queste, collocate sotto il solaio in calcestruzzo armato, non sono finte, perché non realizzate in plastica ma con vero legno, quindi possono fregiarsi del titolo di autenticità…
Come potrebbe l’arredamento costituire una eccezione al principio? Non può e, infatti, non lo fa e non lo è! Un tempo i mobili erano per sempre, mi capita ancora di trovare quelli realizzati da mio nonno un secolo fa… oggi è diverso. Li compriamo in scatola di montaggio e dopo poche stagioni sono da buttare. Naturalmente chi volesse accelerare il processo può smontarli e rimontarli, basta una sola volta, e cambierà l’aspetto della propria cosa. Come? Ricomprando altri mobili, questi finiscono in discarica, non si possono nemmeno bruciare!
I materiali “surrogati” sono più diffusi di quello che sembra: dal polivinilcloruro - in breve il pvc - con cui facciamo serramenti simili a quelli in legno (di cui però non richiedono la manutenzione), da cui differiscono al tatto e…. al suono. Lo stesso succede ai parapetti in legno, che dopo la seconda costosissima sostituzione accantoniamo per l’alluminio, pressoché eterno e rivestito da una pellicola di livello fotografico, capace di imbrogliare chiunque, tutti saremo indotti a ritenere si tratti della tale essenza fino a quando... non tocchiamo, riscontrando così il suono e la tipica freddezza del metallo! A qualche infantilone potrebbe venire in mente la mitica favola e le case di marzapane, che però si potevano mangiare, con la plastica e l’alluminio qualche problema potremmo averlo… almeno lì il falso poteva avere qualche indubbia utilità (e piacevolezza)!
Quello che non passa - ed è l’esatto contrario di quanto abbiamo fin qui descritto - è il classico, i vecchi edifici di pregio, che hanno un sapore che le costruzioni d’oggi non possono avere. Molti hanno, infatti, recuperato edifici aventi se non questo tipo di valore almeno quello di essere legati alla tradizione, quindi non necessariamente ville nobiliari o palazzi ducali, e li hanno dotati di ciò che il vivere contemporaneo richiede, prestando tutta l’attenzione possibile per conservare le caratteristiche più tipiche. Il termine “classico”, infatti, indica un livello superiore, che si pone al di fuori del tempo mentre con “tradizione” indichiamo non il vecchio ma il tramandato, cioè tutto ciò che, appunto per il proprio valore, è stato degno di essere trasferito da una generazione all’altra fino ad arrivare a noi.
Se molti architetti “arrivati”, che non hanno problemi di budget, hanno progettato edifici di ogni tipo e sono sicuramente in grado di realizzarsi la propria casa, preferiscono le case appena descritte ai loro progetti qualche motivo ci sarà… Il futuro non ci è noto, è comunque altamente probabile che il fenomeno che vede cambiare il possesso di oggetti fisici con la possibilità di usare un servizio al momento del bisogno finirà per sostituire le “nostre” case con spazi “ibridi” da condividere. Non ha molto senso possedere un’automobile per tenerla ferma in cortile per la maggior parte del tempo, soprattutto se sono attivi servizi che ci consentono di utilizzare di volta in volta il mezzo più adatto, dalla microcar al furgone. Le nostre case subiranno lo stesso processo, non avremo più - facendo un esempio - case enormi in cui abitano pensionati che non sanno come fare per tenerle in ordine...
Abbiamo brevemente appuntato qualche spunto su quanto è stato fatto nei decenni appena trascorsi (quindi non ancora storia ma ben presente nel nostro ambiente), sul fare contemporaneo (cioè, basato sul nostro tempo, l’oggi, l’irrequieto presente), e su quanto si faceva. C’è anche una terza via: il finto antico. Ovunque sono sorte, peggio dei funghi, ville, villette ma anche condomini che presentano i tipici elementi dell’architettura rurale, non oso definirli “stilemi”: in primis l’arco, ma anche capriate, colonne, finti serramenti all’inglesina, torrette da camino del Cinquecento e molto altro. L’errore di ortografia si spreca, come non solo non fossimo in grado di produrre qualcosa di nuovo (fossimo? Non lo siamo. Punto) ma nemmeno siamo in grado di copiare senza storpiare. Ecco quindi archi a più centri sbagliati, archi a tutto sesto mal posati sui pilastri, punti di raccordo risibili, chiavi d’arco disegnate in modo sproporzionato, pilastri di supporto alle catene delle travi (che non servono, sono dannosi e meritano un attestato di stupidità rilasciato d’ufficio honoris causa) e la lista potrebbe non finire mai.
Concludendo: perché tutto ciò non passa di moda? Forse perché non lo è mai stato. Il bello cambia, ogni periodo lo esprime secondo i suoi canoni, validi fino a quando non vengono sbalzati da altri, dopo di che restano testimoni di un tempo, più o meno importante, da ricordare in toto o solo per alcuni aspetti, e come tale soggetto ad un numero di variazioni diversificato: se vale sarà mantenuto, in caso contrario sarà modificato, al limite demolito senza ricostruzione.
Il brutto, invece, non cambia, non ha mai avuto valore e rimane tale in eterno, invariabile ed anzi - forse - "migliora" con il tempo, nel senso che, parlando di ciò che dovrebbe essere il contrario di quello che è, addirittura peggiora. È l’effetto del tempo, che scioglie i semplici ed ingenui entusiasmi fino ad esaltare le oscenità che dovevano imitare (anzi essere): l’inarrivabile bello!