La retorica ha fatto il suo tempo, forse, però il semplice sfogliare una vecchia rivista, vedere un film datato o ambientato nel passato ed ovviamente navigare nel web per capire (o almeno vedere) come eravamo l’altro ieri ci espone a questo rischio, al dire le solite cose scontate, che sembrano proprio il frutto dell’arte del bel parlare. Se, però, non ci limitiamo alla superficialità ma cerchiamo di vedere sotto la polvere, quindi niente gossip, commenti di sapore televisivo e simili, direi che è impossibile non notare alcuni aspetti assolutamente interessanti del processo in cui siamo immersi, quello che dal passato porta al futuro, passando dal presente. Ancora retorica? Forse...

Difficile notare come invecchiamo, non perchè non succeda, ma vedendoci tutti i giorni allo specchio (qualcuno anche nei selfie), non notiamo i piccoli cambiamenti quotidiani, che sono impercettibili. Un poco come le automobili, che deperiscono un poco alla volta senza che noi riusciamo a capirlo, così come non sappiamo rispondere al meccanico che ci chiede come sia possibile il non esserci accorti che la macchina non va diritta.

Quando, però, incontriamo qualcuno che non vediamo da tempo o ci capita a tiro qualche nostra vecchia fotografia -come fanno i social network, chissà perchè...- le cose cambiano. Se tutto ciò è vero, e naturalmente lo è, ripetere l’“esercizietto” in campi affini può darci lo stesso risultato, anche se lo scopo non è quello di notare come siamo “cambiati” (leggi: invecchiati) ma come siamo diventati altro, e non certo dal solo punto di vista fisico: le rughe ed i capelli bianchi -o spariti- non ci interessano.

La cosa non è complessa e non richiede particolare sforzo, nella “nostra” civiltà delle immagini è sufficiente confrontare qualche scatto -oggi screenshot- di una città di oggi con la stessa di alcuni decenni indietro. Non abbiamo né il tempo né lo spazio -termini non casuali, né il primo né il secondo- per effettuare indagini approfondite e a tutto tondo, limitiamoci perciò agli edifici ed alle automobili. Bastano ed avanzano, infatti, questi due “oggetti” a farci scoprire molto!

Indipendentemente dalla tipologia di supporto iconografico, e quindi oggi ovviamente aggiungiamo le novità del nostro periodo, che un tempo non c’erano -in primis i selfie ed i post- come è stato “fissato” il mondo di ieri e dell’altro ieri? Volendo cercare di utilizzare le immagini a conforto della nostra indagine, un vecchio film e/o qualche vecchia fotografia che cosa ci mostrano?

Innanzitutto, dipende dall’immagine -ovviamente- ma quello che in generale salta subito agli occhi è la quantità di questi oggetti, molto presenti. Il fattore che li accomuna è, infatti, che abbiamo costruito edifici ovunque ed invaso il territorio di automobili! Vogliamo parlarne? Non sono stati sempre gli altri! Facciamo solo un esempio: per godere di un bel panorama abbiamo fatto costruire (o ci andiamo in vacanza, non cambia molto) edifici che lo deturpano, noi però questi orrendi fabbricati non li vediamo, perchè ci siamo dentro! E gli altri? A chi interessa...

Secondo alcuni, ma non vorrei che il discorso ci portasse altrove, la soluzione -sicuramente centrata sul tema che ci siamo dati- non può che essere quella di abbattere gli “inutili” edifici storici (spesso ubicati in aree strategiche) per realizzare gli “indispensabili” parcheggi. Ecco un altro punto di unione tra i due contendenti della sfida in corso.

Inutile stupirsi, molti di noi entrerebbero anche in casa, bar, ufficio, ecc. con l’automobile se solo fosse possibile: auspichiamo un mondo di drive-in all’americana? Analogamente, dai dibattiti che si fanno con la popolazione -cioè, di nuovo noi- sulla destinazione da dare alle aree che si liberano nei centri urbani cosa emerge? In tanti ritengono che la cosa migliore da fare sia -appunto- un parcheggio, ovviamente caratterizzato dalla gratuità!

Se, però, mettiamo tra parentesi questi aspetti per passare a quelli qualitativi, non per giudicare se case ed auto siano più belle oggi o lo fossero allora, cosa scopriamo? Consideriamo l’edificazione di necessità o quella “spontanea”, ben poco è cambiato, del resto quando manca quanto basta per vivere dignitosamente c’è ben poco da giudicare. Passando all’ordinario -che non per nulla è sinonimo di banale- è difficile trovare qualcosa di interessante, a meno di non fare una ricerca specifica in questo senso, ma non è il nostro caso.

A noi, infatti, interessa molto di più quali edifici abbiano caratterizzato il secolo scorso -quindi il nostro ambiente da vivere- e pure quali fossero le automobili allora in voga -perchè anche questo è un indicatore molto valido- in modo da tentare un confronto e comprendere, senza scomodare i semiologi -ma nemmeno i sociologi- o altre figure, qualcosa di noi. Forse, la linea che unisce passato e presente potrebbe essere prolungata e darci un’idea del futuro o per lo meno della tendenza in atto.
E quindi, com’erano auto(mobili) e case (immobili) a metà del secolo scorso?

Partiamo dalle “sculture da viaggio”, come le chiamava l’inarrivabile maestro del design italiano, che, quando il design non esisteva, era già all’opera. Sicuramente, si tratta di prodotti straordinari, che ben poco hanno attinto da quanto a loro preesisteva, perchè troppe sono le differenze.

Apparentemente, è la funzione a farla da padrone: a bordo doveva esserci questa assoluta novità del motore, più o meno grande ma soprattutto da raffreddare, con il radiatore, grosso elemento da far colpire dall’aria esterna. Ecco perciò queste lunghe strutture anteriori terminanti con griglie, diversamente decorate per caratterizzare i vari marchi. In molti casi siamo però in presenza di straordinarie soluzioni per coniugare forma e funzione, veri e propri capolavori!

Oggi, dopo che di tempo ne è passato davvero molto, le automobili sono diverse, perchè migliorate in tutti gli aspetti: i motori sono più piccoli (ed erogano più potenza) mentre l’aerodinamica, che un tempo era solo un’intuizione, oggi è una vera e propria disciplina (che detta i profili dei veicoli). Sono cambiati anche i fari (basta meno per fare la stessa luce), gli pneumatici (allargati e ribassati per migliorare la tenuta di strada) e così via. Allora però queste scatole di lamiera avevano -rispetto al loro tempo- una fortissima spinta in avanti, ma oggi?

L’automobile più innovativa che possiamo trovare in strada, quindi non le concept car mostrate dai costruttori nelle fiere specializzate, hanno ben poco di rivoluzionario, anzi spesso siamo in presenza di veri e propri “manierismi”. Non scomodiamo i restyling dei modelli di successo del passato, che da soli attestano in modo indiscutibile l’assunto già esposto, ci basta vedere quelle che consideriamo “bellissime” auto odierne, frutto di piccoli ed elegantissimi miglioramenti delle solite vecchie automobili. Di nuovo, nel vero senso della parola, non generalizziamo ma la parola d’ordine è “il nulla”, con buona pace dei proverbi, ma anche dei designer.

Perfino le auto elettriche, obiettivo da parte dell’”uomo-della-strada” (mai definizione fu più azzeccata!) delle più grandi stupidaggini degli ultimi anni, mezzi che hanno una natura in gran parte diversa dai tradizionali veicoli con motore endotermico -peraltro esattamente come avviene in quelle a idrogeno- a cominciare dalla mancanza del radiatore e della relativa griglia, non sono differenti dai loro predecessori che in pochissimi elementi, esagerando -ma solo un poco- potremmo dire che non sono affatto diverse!

Pigrizia mentale? Paura che il nuovo non venga compreso, e quindi non si venda? Bisogno di agganciare l’uomo medio a qualche residuo di normalità?

Ieri -è indiscutibile- vi era la già citata forte spinta verso il futuro, dall’assoluta novità di queste scatole di latta per il trasporto umano alla sfida sulla velocità, dalla motorizzazione di massa agli status symbol, dalla riduzione dei consumi e dell’inquinamento alla sicurezza e l’elenco potrebbe continuare. Premesso che le previsioni di un tempo non si sono avverate -nel duemila secondo quelle avremmo dovuto muoverci con le macchine volanti- e quindi oggi -a più di vent’anni da questa data fatidica- i problemi del traffico terrestre avrebbero dovuto essersi spostati nel cielo, che succede, invece, oggi?

In questo periodo, non certo iniziato ieri, vi è un continuo progresso su tutti gli aspetti ma niente di rivoluzionario, anzi le poche innovazioni forti -quelle che “staccano” dal consueto- sono fatte oggetto di ogni forma di critica, generalmente basate su motivazioni esilaranti. Gli appassionati conoscono l’invenzione della carrozzeria portante, il motore trasversale e non solo, anche i più distratti invece avranno qualche ricordo delle prime auto non più berlina ma tronche, col portellone posteriore ed i sedili posteriori ribaltabili, e all’opposto quelle sportivissimee con le porte che si aprivano ad ali di gabbiano: tutte “cose” del passato!

Oggi abbiamo, è solo un esempio, calandre esagerate, per fare branding, cioè per caratterizzare un marchio, e carrozzerie opache, come i mezzi militari. Non è poco? Significa che siamo a corto di ossigeno, finita la benzina? E le case? In questo caso -la cacofonia non è casuale- assistiamo ad alcuni fenomeni dello stesso tipo ed altri molto differenti, tutti sicuramente interessanti, come spesso sono le cose brutte. Quando il mondo dell’automobile era in piena espansione -un secolo fa, ed il fenomeno è durato fino ad alcuni decenni or sono- il parallelo universo dell’architettura come stava?

Si tratta -come è ovvio- di comparti non paragonabili nella sostanza, nel loro essere più intimo, se non altro perchè da una parte abbiamo “oggetti” nati con il preciso scopo di muoversi nel mondo, mentre dall’altra troviamo “immobili”, che sicuramente in giro non ci vanno.

Anche dal punto di vista numerico, le entità sono opposte: qui la produzione in serie di oggetti necessariamente decontestualizzati, lì singoli prodotti specificatamente pensati per il singolo sito, pur se qualche eccezione non manca, dato che la produzione industriale di edifici in serie qui da noi non è mai decollata.

Pure il prezzo è diverso, niente in comune hanno le due “scale” di costo, e lo stesso riguarda la durata: tanti ritengono che la casa sia “per sempre”, mentre nessuno pensa che l’automobile possa durare molto.

Da una parte, nello scegliere il veicolo da acquistare confrontiamo il lavoro dei più grandi designer, dall’altra basta un tecnico edile di ultima serie, anzi meglio se privo di tutto -fuorchè l’abilitazione alla professione, visto che il suo timbro è necessario- che si comporti supinamente nel realizzare qualsiasi cosa gli chiediamo di fare.

Quello che ci interessa molto di più è però la “tensione” che nei diversi periodi storici ha spinto i diversi progettisti ad elaborare queste “architetture” piccole o grandi, mobili o stabili che siano.

Ed il motivo, pare scontato, è proprio la perdita di questa “volontà di rappresentazione”, è questo che spinge a guardarci indietro per cercare di capire cosa è cambiato, quello che abbiamo perso e quello che abbiamo guadagnato, magari facendo pure il bilancio, come fossimo in presenza di un conto economico.

Molte case del dopoguerra adottavano uno “stile” diverso da quello precedente, volto proprio a liberarsi di un passato triste ed ingombrante. Visti oggi, quegli edifici fanno ridere, non così le imitazioni del passato che continuiamo a costruire, con atteggiamento opposto ma non migliore, anzi. Caminetti, ferro battuto, coppi tradizionali e scuri in legno riscuotono ancora il loro successo, anche se all’interno abbiamo elettrodomestici luccicanti e nella corte le automobili che sappiamo.

La progettazione architettonica guarda perciò indietro? Certo, l’aspetto lo richiede (!) la tecnica meno, quella deve essere quanto di più evoluto sia a disposizione!
Che ci sia bisogno di qualche progetto “sbagliato”? Qualcosa cui non si darà seguito ma consentirà di porre l’attenzione su temi “futuribili” potrebbe essere utile in entrambi gli ambiti ma -evidentemente- è troppo per questi anni.

Tornando come un fuso sul tema che ci siamo dati, è innegabile come il design abbia in generale surclassato l’architettura, aspetto più evidente in passato, e anche la progettazione industriale non se la passa troppo bene.

La battaglia tra auto e casa -non essendo tale- ha in realtà ben poco senso. Invece di discutere della forma del fanale e della finestra, dovremo e dovremmo guardare avanti, ma non dal punto di vista formale, meglio: non solo da questo ma soprattutto integrando tutti gli aspetti, sia per i veicoli che per i fabbricati.

Come? Smettendo di ragionare per compartimenti stagni e progettando, realizzando e provando ad usare/abitare un pezzo del nostro “nuovo” ambiente. Si tratta, perciò, di realizzare un prototipo esteso -non un renderer o un modello in scala- per sperimentare dal vero come sarà la nostra vita futura e come potrà essere ulteriormente migliorata. Si tratta anche di business, certo, dato che acquisteremo solo quello che ci sarà utile, parametro in cui inseriamo a forza anche quello che ci fa stare bene, dal bello a crescere!

Domani, forse, non avremo più bisogno dei mezzi di trasporto come li intendiamo oggi e, naturalmente, nemmeno degli appartamenti di oggi, mentre abbiamo già capito di non aver più bisogno degli uffici, mito fino a poco fa.

Naturalmente, le ditte non anestetizzate lo stanno già facendo, gli altri contrastano il nuovo, come fosse possibile avere successo con un atteggiamento arrendevole, quasi come se viaggiassimo con il freno a mano tirato, ma il loro destino è già segnato. E noi cosa siamo? Spettatori paganti di una rappresentazione senza senso, trita e ritrita!