Per gran parte della storia dell’arte le donne hanno avuto un posto solo accanto ai loro uomini comparendo così come madri, mogli, sorelle, figlie, ancelle, ecc. Difficile ricordarci il nome di un artista donna anche se queste non sono mai mancate. Pensiamo per esempio a Iaia o Aristarete nel mondo greco oppure ad Artemisia Gentileschi fino ad arrivare a Charlotte Salomon e Frida Kahlo. Per avere una buona presenza di artiste donne dobbiamo aspettare gli Anni Novanta del Novecento ed ancora oggi a parità di carriera un’artista donna viene pagata un 15% meno dei colleghi uomini. È in questo ambito che si inserisce la mostra Women curata da Luca Nannipieri alla Marco Orler International Gallery di Milano. In mostra opere di nove tra le più influenti artiste a livello globale.
Quando sono nata, pensarono che fossi morta. Paul arrivò per primo, dieci minuti prima di me. Quando fu il mio turno, fui buttata fuori, piccola e gialla con gli occhi chiusi. Non piansi. Ma al momento della mia nascita in questo mondo, in qualche modo ho sentito che era stato commesso un errore.
Così si presenta Tracey Emin in Strangeland, biografia scritta nel 2006. Emin è nota per le sue opere che mescolano arte e vita, tanto mescolate da rendere difficile capire il limite di demarcazione di questi due ambiti. Ma, probabilmente, non è nemmeno questo l’aspetto più interessante della sua opera, quanto piuttosto il profondo dell’anima, le sue più intime sofferenze che Emin racconta attraverso il suo corpo e le sue parole, siano queste ricamate, dipinte o al neon. Emin usa il linguaggio verbale come un’arma per destabilizzare l’osservatore.
Esiri Erheriene-Essi è una pittrice figurativa inglese le cui opere raccontano scene di vita popolare tra amici o parenti realizzate traendo ispirazione da eventi storici, da esperienze di vita personale oppure dalla consultazione di album di famiglia. Utilizza tele di grande formato (quasi a misura d’uomo), in cui inserisce figure dai colori molto vivaci, rappresentazioni di storie d’archivio mai tramandate, tenute nascoste o scordate.
Jenny Holzer è una delle più note artiste concettuali americane, la sua pratica artistica è incentrata sulle modalità in cui le parole manipolano o influenzano le persone. È per portare questo messaggio - che è anche un invito all’autodeterminazione - l’artista ha posto le sue opere sui cartelloni pubblicitari di Times Square piuttosto che su MTV. Numerose in tal senso le serie prodotte dall’artista negli anni e che sono diventate iconiche a livello globale: Truisms, Inflammatory Essay, Servival Series, Living, ecc.
Cosa intendevi per arte quando hai scelto la tua strada? Giocavo con grande serietà, a un certo punto i miei giochi li hanno chiamati arte.
Maria Lai è un’artista concettuale famosa sia per i lavori tessili che per la pratica partecipativa. Ricordo infatti una delle opere di arte relazionale più toccanti: Legarsi alla montagna reinterpretazione di una antica leggenda del paese, *Sa Rutta de is'Antigus * (La grotta degli Antichi), che era stata ripresa da un fatto realmente accaduto ad Ulassai nel 1861. Un giorno crollò un costone della montagna che travolse un'abitazione, all'interno della quale morirono tre bambine; un'altra per inseguire un filo azzurro che volava in cielo era uscita dalla grotta poco prima del crollo ed ebbe così salva la vita. Maria Lai unì con un filo celeste lungo 27 km le case del paese e il soprastante monte Gedili.
Lasciai a ciascuno la scelta di come legarsi al proprio vicino. E così dove non c’era amicizia il nastro passava teso e dritto nel rispetto delle parti, dove l’amicizia c’era invece si faceva un nodo simbolico. Dove c’era un legame d’amore veniva fatto un fiocco e al nastro legati anche dei pani tipici detti su “pani pintau”.
L’artista americana Sherrie Levine è una delle maggiori esponenti del “Appropriation Art”: si appropria di opere di predecessori uomini per analizzarne il ruolo nel mondo dell’arte ed evidenziare il concetto di differenza di generi.
Joanna Pousette-Dart è una pittrice americana conosciuta per le sue tele sagomate che trasmettono un senso di equilibrio momentaneo che da un momento all’altro può degenerare. Il suo lavoro si basa su diverse ispirazioni, tra cui i paesaggi del sud-ovest americano, l'arte islamica, mozarabica e catalana, la pittura paesaggistica e la calligrafia cinese e l'arte maya, nonché il modernismo dell'inizio e della metà del XX secolo.
Grazia Varisco è figura di spicco dell’arte cinetica e programmata, unica esponente femminile e co-fondatrice del Gruppo T insieme a Colombo, Anceschi, De Vecchi e Boriani. Le sue opere spaziano dalla correlazione fra tempo e spazio a quella tra caso e programma, ma non disdegnano la percezione e il confronto fra opposti, la concezione del divenire, la transitorietà e la provvisorietà. I materiali utilizzati sono spesso magneti, vetri, fogli di carta o ferro, elementi semplici che esortano il fruitore a prendere parte all’esperimento percettivo, regalandogli così un’esperienza unica.
Niki de Saint Phalle è un’artista francese conosciuta soprattutto per le sue Nanas rappresentazioni femminili a grandezza naturale e tonalità caleidoscopiche. Sculture ampie e prorompenti con glutei, seni ed addomi accentuati da fiori, cuori, ecc. Indimenticabile la Nana realizzata a metà Anni Sessanta in Svezia: una gigantesca Nana incinta di 28 metri di lunghezza stesa sul dorso come in procinto di partorire. Nel seno sinistro dell'opera venne installato un piccolo planetario mentre nel seno destro si trovava un bar; i visitatori entravano nell'opera passando per la vagina…
Infine Kiki Smith che trova ispirazione nel Medioevo cristiano, nella protoscienza e nel Surrealismo, per rappresentare le ossessioni e le lacerazioni dell'umanità. Nelle rappresentazioni di Smith la donna è fragile e delicata ma capace di ribellarsi e di far valere i propri diritti e la propria identità.