Il Museo Renato Brozzi di Traversetolo (Parma) è uno scrigno da gustare, sala dopo sala. Aperto per la prima volta nel 1975, all’ultimo piano del Palazzo Municipale di Traversetolo, vi rimane fino all’acquisizione - da parte dell’amministrazione - dell’intera Corte Agresti, la quale decide di farne un centro civico per ospitare biblioteca e museo, re-inaugurandolo nel 2007. Da quel momento, si sono susseguite mostre di prestigio dedicate alla figura di Brozzi, ai suoi rapporti con Gabriele d’Annunzio, nonché al panorama artistico dell’epoca.
Il percorso di visita inizia con immagini, video ed una linea del tempo biografica che illustrano la carriera dello scultore, incisore ed orafo; confluenti in una sala adibita a mostre temporanee. Salendo al primo piano, inizia l’apertura delle “scatole della memoria”. Così definite dalla curatrice Anna Mavilla, poiché ogni stanza segue la logica delle donazioni effettuate dallo stesso Brozzi, giunte all’interno di scatoloni da lui appositamente preparati. Si inizia con un ambiente in cui scopriamo la storia della famiglia, tramite ritratti della sorella, della madre e dei nonni. Fotografie relative all’infanzia di Brozzi e della loro casa. Toccante, in questo senso, il ritratto della giovanissima sorella Bianca sul letto di morte. Anche lei, come Brozzi, virtuosa musicista. Brozzi, infatti (lo testimoniano strumenti e spartiti esposti) fu pluristrumentista e melomane.
Dopodiché, si passa alla stanza dedicata alla formazione, con i primi paesaggi realizzati sotto la guida di Daniele de Strobel, che più di tutti ne indirizzerà l’avvenire artistico. Terminata la terza elementare, Brozzi conosce il pittore nella barberia del padre. Strobel lo prende sotto la propria ala protettiva e ne incoraggia l’assunzione in una fonderia artistica, dove viene indirizzano alla tecnica dello sbalzo. Sempre grazie a Strobel viene esortato a frequentare l’Accademia di Belle Arti di Parma, dove compie - in tre anni - il percorso quinquennale, conseguendo il diploma, a seguito del quale partecipa a svariati concorsi.
Nel 1906, vince il Gran Diploma d’Onore per un piatto raffinatissimo, assegnatogli alla Grande Esposizione di Milano, facendo sì che l’amministrazione di Traversetolo gli riconosca una borsa di studio di 300 lire che gli consente di trasferirsi a Roma, dove frequenta la Scuola di Nudo e la Regia Scuola d’Arte della Medaglia, che contribuiscono ad orientarne lo spiccato talento inventivo verso formule di maggiore semplificazione plastica. Frequenta, inoltre l’Accademia di Santa Cecilia, dove conosce la musicista Luisa Baccara (futura compagna di Gabriele d’Annunzio) che sarà – successivamente – il tramite del sodalizio con il Vate. D’Annunzio diverrà un committente molto esigente, come dimostra un fitto carteggio (curato da Mavilla, le cui parole ci accompagnano in questo prezioso viaggio).
Il loro rapporto, iniziato come committenza, si trasforma in un’amicizia che si prolunga nel tempo, almeno fino al 1936. Dopodiché, sottolinea Mavilla, l’ostracismo dell’architetto Maroni, occhiuto custode della privacy di d’Annunzio inizia ad allontanare lo scultore traversetolese. Brozzi se ne accorge e manda all’architetto una minuta (nel 1937), dicendogli di aver capito di non essere più nelle sue grazie, chiedendogli indietro i disegni preparatori per dei copri-termosifone destinati al Vittoriale.
Da quel momento, anche i rapporti con il Poeta si diradano e si limitano a qualche telegramma formale. Tuttavia, l’impronta di Brozzi è – ancor oggi – forte nei complementi d’arredo dell’ultima dimora di d’Annunzio, soprattutto nella Stanza della Cheli e nello Schifamondo, all’interno del quale è possibile ammirare il bassorilievo con occhio alato e veggente, con il motto “per non dormire, per non morire”, usato da d’Annunzio come stimolo al lavoro costante, quasi insonne.
La visita prosegue con la stanza dedicata alla tematica animalier, con una spiccata predilezione per gatti, tacchini e aquile, senza disdegnare la fauna esotica, con la quale entra a contatto grazie al cinematografo, che era solito frequentare munito dei propri taccuini. La stanza delle opere di committenza dannunziana include i progetti per le decorazioni dei battenti di armadi e porte del Vittoriale, i piatti del Cordiglio Francescano, in lamina d’argento. Undici esemplari, poiché d’Annunzio – molto superstizioso - non gradiva il dodicesimo posto, storicamente assegnato a Giuda. Brozzi prepara innumerevoli progetti in merito, ma d’Annunzio opta per elementi fitomorfi e cristologici: spiga, rosellina, ulivo con motti da lui ideati.
La stanza dialoga con le ultime salette del piano, interamente dedicate a d’Annunzio, all’interno delle quali sono ospitati tre cartoni relativi alle griglie per termosifoni del Vittoriale mai realizzate, i disegni per la celeberrima Coppa del Liutaio, uno dei suoi lavori più noti e presenti nella collezione del Vittoriale. La coppa viene ideata a seguito della misteriosa caduta di d’Annunzio da una delle finestre della dimora, sulla quale mantiene sempre grande riserbo, pur volendosi sdebitare con il medico di fiducia Dottor Duse. Da qui la richiesta a Brozzi di una coppa per le gare di canottaggio di cui il medico era appassionato, oltre ad essere presidente dell’Associazione Canottieri di Salò.
Fra le teche si effettua un viaggio nel tempo, passando dalla targa donata ad Arturo Toscanini, alle spille ed agli anelli in rosso fuoco e bleu di Francia, colori del Vittoriale (protagonisti di molteplici prove sottoposte da Brozzi a d’Annunzio) e gemelli da polso riportanti il motto: Suis viribus pollens. Una vera e propria chicca è rappresentata dal progetto per angelo dell’astinenza. Prima del posizionamento della tartaruga Cheli (regalatagli dalla Marchesa Casati Stampa ed apparentemente morta per un’indigestione di tuberose. Il carapace fu, successivamente, modellato in bronzo dal Brozzi) aveva chiesto a Brozzi di realizzare una statuetta di angelo femminile adolescente con una bomba in mano, da porre al di sopra del capo dei commensali, inclinata a 45 gradi; ma il progetto si rivela troppo pericoloso per essere ancorato al semplice basamento di un tavolo.
Ritornando sui nostri passi, ammiriamo gioielli finissimi, progetti per un servizio destinato a Casa Savoia, la copia in bronzo del trofeo per gare motonautiche Martini & Rossi, commissionato da Teo Rossi a rappresentare la lotta con la velocità, sull’acqua. Le tre aquile raffigurate, gareggiano con la velocità con le sembianze di Medusa ed una – in particolare - indica la scaltrezza del vincitore nel riuscire a fermare le altre con il dispiego delle proprie ali, ponendo per prima le zampe sulla testa di Medusa.
Mirabile anche la base per candelabro liturgico per il Castello Negrotto Cambiaso, nel Monferrato. La famiglia Cambiaso commissiona a Brozzi una base per la loro cappella gentilizia, completa di corredo d’altare. La commissione si protrae per anni, a causa dei molti cambiamenti di idee dei committenti, e lo scultore consegna l’opera nel 1938, anziché nel concordato 1937. La Marchesa decide, per questo, di non pagarlo, dando origine ad una causa che vedrà Brozzi riottenere l’oggetto, ma non il pagamento. L’opera rimane nel suo studio fino alla morte e viene donata dalla sorella al Tesoro del Duomo di Parma, nel 1970.
Si susseguono: la stanzetta dedicata ai ritratti, dove cogliamo la maestria nel carpire dettagli significativi dei personaggi ritrattati; fino ad arrivare alla sala dedicata agli amici, con un’opera curiosa nella quale Brozzi è incluso negli assidui frequentatori del Caffè Greco, a Roma. Celebre per la vivacità artistica che lo contraddistingue a cavallo tra i due secoli.
Al piano superiore, si è accolti da un angolo atto a ricreare il laboratorio dello scultore con una pietra da lavoro, bulini per cuoio (Brozzi era solito creare anche le scatole contenitive dei suoi trofei), nonché basette di marmo.
La zona dei gessi ed al lavoro preparatorio è l’anticamera dell’ultima sezione dedicata al rapporto con Traversetolo. Partendo dalla pergamena donata nel 1913, anno in cui restituisce le già citate 300 lire, affinché vengano destinate ad altri giovani talentuosi; passando per i progetti relativi all’oratorio parrocchiale, alle scuole elementari e medie ed al tempietto di San Rocco; terminando con le toccanti immagini dell’ultima mostra tenutasi nel 1961. Nel 1962 rientra, definitivamente, a Traversetolo dove muore l’anno successivo.