Daniele Perini, ideatore e conduttore televisivo del programma di spettacolo, giornalismo e attualità “A tambur battente show” registrato all’Antoniano di Bologna e in onda su canale tv Europa, è quel che si suol dire un uomo di gran cuore. A lui e a uno sparuto manipolo di intraprendenti anziani si deve la fondazione nel lontano 1984 dell’associazione “Amare Ravenna”.
Per quale motivo ha fondato quest’associazione?
“Amare Ravenna” è un’associazione di volontariato, apolitica e senza fini di lucro. Insieme ad alcuni amici ho desiderato fortemente creare questo sodalizio con l’intenzione di fornire un supporto adeguato e responsabile alla Terza Età. Il mio obiettivo era ed è progettare e realizzare esperienze positive, capaci di avvicinare fra loro le persone, dando origine a una comunità solidale e partecipativa, in cui ciascuno possa stare bene, sentendosi a proprio agio.
Come nasce la sua profonda affezione nei riguardi degli anziani?
Da ragazzino i miei genitori lavoravano. Non avevano il tempo e la possibilità di seguirmi, così trascorrevo tutto il giorno con gli ospiti di una casa di riposo. Loro mi offrirono rifugio e mi diedero ascolto. Ben presto diventarono i miei interlocutori principali, i miei compagni di giochi. Ricevetti tanto affetto e, senza accorgermene, restituì loro affetto. Da questi anziani imparai parecchio. Probabilmente non a caso conobbi mia moglie, che fa l’infermiera, proprio in una casa di riposo.
Scelga uno tra i mutamenti socio-demografici di questi ultimi decenni che ritiene particolarmente significativo.
L’allungamento della vita. La società occidentale è in continua evoluzione. In questi ultimi decenni stiamo assistendo a una rivoluzione, una pacifica rivoluzione che interessa tutti noi: nella maggior parte dei casi viviamo più a lungo dei nostri genitori. La vita media dei nostri nonni si aggirava attorno ai sessant’anni. Chi raggiungeva questo traguardo era considerato anziano. Adesso, ci si ritrova spesso ad avere il vicino di casa che a novant’anni vive da solo, oppure è assistito da figli che ne hanno una settantina. In una società in crisi, con ben poche certezze smantellate da cambiamenti climatici, alluvioni, covid, guerre e malattie facilmente trasmissibili, dati alla mano forse il fatto che la vita media si sia allungata è una delle poche sicurezze date ai cittadini.
Abbiamo anche la fortuna di possedere una fetta di esistenza da utilizzare a nostro piacimento: dedicandoci a noi stessi, ai nipoti, al gioco delle carte, ai corsi di pittura, cucito, scacchi. La vita è strana. Ci sono persone ricchissime, con patrimoni immensi, che muoiono nel fiore dell’età, e nonnini con una pensione minima che raggiungono cento e più anni.
Che significato dà alla parola “anziano”?
Essere anziani non è una questione di età anagrafica, ma di mentalità. È fondamentale non perdere mai la curiosità. Essa è strettamente connessa al desiderio di vivere e di apprendere. Gli algoritmi dei nonni si devono adeguare a una società che non appartiene loro. Una società in rapida e continua evoluzione. Ciò per molti è difficile, complicato. La difficoltà nell’utilizzo di tecniche informatiche, l’ignoranza di alcune competenze di base e la conseguente emarginazione di parecchie persone dipende dal fatto che non hanno voluto apprendere certe nozioni del sociale.
Se ti dicono: “Vai in pensione. Stai qui, non ti muovere, è normale che si muoia il giorno dopo.” Occorre cercare gli strumenti per coinvolgere i nonni, per non lasciarli ai margini della comunità. Dobbiamo aiutare gli anziani a riappropriarsi di un proprio luogo, di un proprio posto nel mondo. Se li coinvolgiamo, difficilmente muoiono. Poi, quando la morte arriva, essa è diversa. La morte dei nonni innamorati dei nipoti, dei nonni che hanno una vita piena, è una morte serena. Amare ed essere amati dai propri cari, significa essere ricordati anche dopo la morte. Dona pace, conforta lo spirito. La morte della persona che si è sentita sola, emarginata, abbandonata, è una morte dolorosa, in grado di coinvolgere sia il dolore fisico sia l’aspetto spirituale.
Quanto si ritrova nell’espressione: “Bisogna prendersi cura dei nonni” ?
Questa frase mi rappresenta appieno. In Italia bisognerebbe trovare nuove forme di socializzazione, che permettano di mantenere il più possibile l’autosufficienza. In Francia gli anziani si sono già associati in cooperative, amministrate dagli stessi anziani, alcuni dei quali pienamente in grado di gestire la struttura, dove andranno a vivere. Inoltre, quando i problemi di salute e le malattie croniche sono gestibili, un valido aiuto può essere offerto anche da telecamere, digitalizzazione e intelligenza artificiale. Questi supporti tecnologici permettono di accudire gli anziani a casa propria; senza contare i legami di vicinato e le nuove forme di welfare.
Cosa ne pensa dell’attuale figura del nonno?
La figura del nonno è profondamente mutata. Non è quella che conoscevamo fino a qualche decennio fa. L’anziano che favorisce il dialogo tra i componenti del nucleo familiare, integrando le relazioni tra le generazioni e mantenendo attivo lo scambio tra padri e figli, non c’è quasi più. Sono ben pochi i nonni rimasti nelle famiglie come punto di riferimento. La famiglia stessa, intesa come quella di alcuni decenni addietro, va scomparendo, disgregandosi, ed è proprio in queste circostanze che il nonno resta l’unico punto di riferimento, l’unico porto sicuro, ove andare in caso di bisogno, di sostegno.
I bimbi, che vivono accanto ai nonni, sono più sicuri. I fanciulli, che crescono con i nonni, vivono una vita reale. I ragazzini, che passano ore e ore giocando al computer e navigando sui social, hanno una vita artificiale. Avere anziani come vicini di casa è una benedizione. Quando anche il nonno, però, delega le proprie mansioni alla società, è la fine, vengono a mancare due tasselli fondamentali: il passaggio di valori e la memoria storica.
Che opinione ha dell’aspetto pensionistico?
Occorre rimodulare la cessazione dell’età lavorativa. Il passato ci propone esempi illustri in merito. Beethoven scrisse la Nona Sinfonia, ritenuta uno dei capolavori della storia della musica, fra il 1822 e il 1824. Aveva più di cinquant’anni, un’età considerevole a quell’epoca. Michelangelo dipinse la Cappella Sistina, una delle opere d’arte più studiate al mondo, in tarda età. Per tornare ai giorni nostri, il Santo Padre viaggia, fa una vita stressante, eppure non è più un giovanotto; il nostro Presidente della Repubblica pure.
C’è un elevato numero di anziani che fa politica, che si impegna nel sociale. Di conseguenza, chi lo desidera, potrebbe continuare o ritornare a lavorare anche fino a settant’anni, ovviamente con ritmi consoni all’età e al proprio stato di salute. In tal modo avrebbe l’opportunità di trasmettere le proprie esperienze e le proprie conoscenze a giovani apprendisti. In poche parole, di sentirsi ancora vivo, ancora utile alla comunità.
Nelle città dovrebbero nascere delle botteghe, dove i nonni insegnano i mestieri artigianali agli adolescenti. L’import-export del made in Italy per il PIL nazionale è una voce importante, una notevole fonte di guadagno. In Germania esistono già aziende in cui i neolaureati apprendono conoscenze e tecniche artigianali dagli anziani: questo proficuo, sinergico scambio di saperi, è bellissimo.