Un giorno, seduto sul divano, davanti a me ho notato le mie scarpe vecchie e consumate. Erano poste sul pavimento in una posizione che sembravano guardarmi. Le ho trovate irresistibili e ho pensato di riprodurle in ceramica, una riproduzione più vera del vero che non lascia dubbi sul soggetto ritratto. Perché? La domanda mi ha girato per la testa finché ho capito che fa parte di quegli oggetti simbolici che ci vogliono interrogare sul senso della vita e sulla sua transitorietà.
(Giampaolo Bertozzi)
Lo scorso settembre in occasione del Festival Filosofia 2022 gli artisti Bertozzi & Casoni hanno presentato in anteprima l’opera “Nelle tue scarpe. Un’epifania”, un altro capolavoro della loro pratica artistica con la quale hanno ridefinito le regole della ceramica a livello internazionale. Ricordiamo la pratica artistica di Bertozzi & Casoni dove immagini della realtà, nella sua bellezza e nel suo degrado, sono copie di un originale ormai perduto, testimonianze di un tempo che non c’è più, che è già passato. Quello che mi è sempre piaciuto della pratica di Bertozzi & Casoni è la loro capacità, unica, di raccontare la fragilità della condizione umana, una condizione che caratterizza gli uomini di tutte le culture in tutte le culture. Nel mondo occidentale abbiamo cercato di superare questa fragilità, questa finitezza. Blaise Pascal nei suoi Pensieri scriveva “L’uomo è solo una canna, la più fragile della natura; ma una canna che pensa. Non occorre che l’universo intero si armi per annientarlo; un vapore, una goccia d’acqua bastano a ucciderlo. Ma, quand’anche l’universo lo schiacciasse, l’uomo sarebbe pur sempre più nobile di quel che lo uccide, perché sa di morire, e la superiorità che l’universo ha su di lui; mentre l’universo non ne sa nulla. Tutta la nostra dignità sta, dunque, nel pensiero. In esso dobbiamo cercare la ragione di elevarci, e non nello spazio e nella durata, che non potremmo riempire. Lavoriamo, quindi, a ben pensare: ecco il principio della morale.” Ora al di là della soluzione che nella nostra cultura abbiamo trovato alla fragilità della condizione umana, mi piace tornare nuovamente a quel tema perché il risvolto può anche essere diverso.
Dimmi, o luna: a che vale
al pastor la sua vita,
la vostra vita a voi? dimmi: ove tende
questo vagar mio breve,
il tuo corso immortale?(Giacomo Leopardi, Canto notturno di un pastore errante dell’Asia)
Vi ricordate il pastore di Leopardi che si interroga sulla mortalità dell’uomo di fronte alla grandezza del cielo e della luna? Se ci pensiamo bene è la fragilità di quell’uomo a renderlo umano, così uguale a noi. È perché sono fragile che provo emozioni, è perché sono fragile che cerco l’incontro con l’altro. Aprendoci e rispecchiandoci nella fragilità dell’altro riscopriamo la nostra capacità di prenderci cura di noi, dell’altro, in altri termini di essere umani. È questo è un po’ il senso di mettersi nei panni o nelle scarpe di un altro, di fare i passi che ha fatto qualcun altro prima di giudicare. Una sensibilità che acquisisce una connotazione particolare in questo periodo post-pandemico, dove gli anni dell’epidemia hanno messo a dura prova la nostra relazionalità ma per certi aspetti l’hanno anche potenziata. Pensate quanta profondità possa nascondersi in una scultura di ceramica policroma. È per questo che mi piace segnalare nuovamente il Museo Bertozzi & Casoni, la prima mostra permanente d’arte contemporanea dedicata alla ceramica voluta da Franco Stefani, Fondatore e Presidente del Gruppo System, che è ospitato nel salone del piano terra della Cavallerizza Ducale di Sassuolo. Un mondo di bellezza e meraviglia dove non si entra nel fragile mondo della porcellana come ne Il mago di Oz, qui si entra nel nostro mondo, nella nostra intimità profonda e da lì possiamo osservare meglio anche noi stessi, come non l’abbiamo mai fatto anche davanti ad uno specchio.
Chi siamo? Da dove veniamo? Dove andiamo?