La storia narrata da Apuleio, noto scrittore, filosofo e oratore dell’antica Roma, nei racconti Le Metamorfosi, parla di Psiche, mortale dalla bellezza eguale a Venere, e della sua relazione con il Cupido divinità dell’Amore.
Il racconto metaforico di questa donna, che diventa sposa senza sapere chi veramente sia suo marito ed affronta delle prove guadagnandosi l’immortalità, è il tema centrale che avvolge e penetra le mura di una delle più belle ville storiche di Roma, Villa Farnesina, custode di opere del famosissimo Raffaello Sanzio e testimone della passionale storia d’Amore tra il suo proprietario e una cortigiana.
Agostino Chigi era un ricchissimo banchiere proveniente da Siena e fece costruire la sua dimora romana nei pressi del fiume Tevere nei primi del Cinquecento, accogliendo nella sua sontuosa abitazione le più insigni personalità del suo tempo e abbellendola di volta in volta commissionando nuovi lavori ad artisti famosi tra cui il più rinomato è sicuramente Raffaello Sanzio al quale si devono molti degli affreschi presenti sui muri interni.
Il progetto era stato ideato e messo in opera dall’architetto Baldassarre Peruzzi e risulta una delle più prestigiose ed armoniose realizzazioni del Rinascimento italiano, un’opera in cui il progetto architettonico e la decorazione pittorica si condensano in un’unica, magnifica sintesi, oggi di proprietà dell’Accademia Nazionale dei Lincei, fortunatamente risparmiata dai variegati cambi di proprietà e dalle numerose vicende storiche che l’hanno accompagnata nel corso degli anni.
Le faccende amorose del proprietario furono alla base del ricco programma decorativo, infatti morta la moglie, recatosi a Venezia per riscuotere alcuni debiti, vi conobbe una fanciulla di umili origini, Francesca Ordeaschi, e preso dalla passione volle circondarsi di bellezza, tanto da affrescare il nido del suo amore con opere stupende, realizzate da artisti di elevato livello tra cui sommi maestri come Raffaello, Sebastiano del Piombo, Giovanni Antonio Bazzi, tutti lavori impeccabili e stupendi da sfoggiare durante eventi mondani e cerimonie.
Lo stesso banchetto nuziale fu un evento memorabile, ma non meno ricchi e fastosi, specie nei suoi ultimi anni di vita, erano stati altri conviti durante i quali Agostino Chigi aveva accolto nella sua nuova dimora principi, cardinali e lo stesso pontefice e si era esibito nel mostrare in ogni modo la sua ricchezza, i cronisti dell’epoca ricordano per esempio che nel 1518, in occasione del battesimo del primogenito Lorenzo Leone furono lanciati nel Tevere piatti, bicchieri e brocche in oro e argento, ovviamente sottolineando però che alcuni avessero il dubbio che vi fossero reti predisposte al successivo recupero degli oggetti.
La Loggia è la parte centrale non solo dal punto di vista architettonico ma anche considerando il valore artistico, qui Raffaello, per rendere più evidenti le sue capacità creative, non si accontentò di raffigurare scene isolate, ma volle ricorrere a una narrazione vera e propria, legata da una trama allusiva alle nozze prossime e altro non poteva scegliere che la favola classica di Amore e Psiche, già impiegata nel Quattrocento per immagini di argomento nuziale.
Per rendere l’ambiente allegro e festoso, l’artista trasformò la Loggia d’ingresso in un ideale prolungamento del giardino dove veniva rappresentata la vegetazione che avvolgeva supporti artefatti con al centro due finti arazzi con le scene finali: il sontuoso Convito degli Dei, in cui la fanciulla ingiustamente offesa viene infine accolta, e Le nozze di Amore e Psiche, culmine simbolico dell’intero ciclo e della storia narrata.
Un’altra sala prende il nome dall’affresco della ninfa Galatea ad opera di Raffaello Sanzio che la dipinse con tratti delicati e dolci, in contrasto con il corpo rigoglioso, dove è trasportata sull’acqua in un cocchio formato da una conchiglia trainata da delfini e figure mitologiche.
Nell’inverno 1511-1512 Sebastiano del Piombo, uno dei maggiori talenti pittorici veneziani, dipinse le scene mitologiche delle nove lunette con varie scene tratte delle Metamorfosi di Ovidio, la decima fu invece decorata da Peruzzi con una gigantesca Testa di giovane che fece nascere una leggenda sulla rivalità tra Raffaello e Michelangelo Buonarroti.
Sono i primi anni del 1500 e Raffaello Sanzio e Michelangelo Buonarroti sono considerati i due più illustri pittori in circolazione a Roma, la leggenda narra che Michelangelo sapendo Raffaello impegnato negli affreschi di Villa Farnesina ed essendo curioso sul lavoro del proprio rivale, era riuscito ad intrufolarsi di notte nella sala e vedendo uno spazio vuoto volle lasciare la sua firma sapendo che Raffaello si sarebbe sicuramente arrabbiato, ma il pittore che comunque nutriva della stima per l’antagonista ordinò che la Testa di Giovane fosse lasciata al suo posto e non venisse toccata.
Al primo piano, luogo in cui Chigi tenne il suo banchetto di nozze, si trova la Sala delle Prospettive, uno dei primi esempi di prospettiva nella pittura, opera dello stesso architetto Peruzzi, il quale affrescò sulle pareti vedute prospettiche aperte con finti colonnati su scorci urbani e campestri, estensione delle logge decorative del pian terreno, e dove nel corso dei recenti restauri, tra le colonne, è venuta alla luce la sarcastica scritta, correttamente datata e in lingua tedesca con caratteri gotici, che registra il passaggio dei Lanzichenecchi: “1528 – perché io scrittore non dovrei ridere: i Lanzichenecchi hanno fatto correre il Papa”, una delle vicende storiche che hanno deturpato e impoverito il luogo.
Talvolta non ci rendiamo conto che in Italia anche semplici palazzi sono intrisi di storia e di opere artistiche oltre ad essere essi stessi maestose rappresentanze architettoniche da visitare al più presto.