Di fronte l'imperversare dei conflitti con la loro devastante potenza e la nostra altrettanto devastante impotenza molti pongono la stessa domanda: dov'è l'ONU?
Ebbene l'ONU degli stati armati, confinari, burocrati e venditori d'arma impediscono all'ONU l'azione coercitiva, il frapporsi tra le parti. Esercitano semplicemente il diritto di veto. Non resta che l'azione crocerossina, postuma o di prevenzione degli stessi conflitti che per l'appunto è realizzata da fondi, programmi ed agenzie ONU.
La storia di Giorgia è la storia di una persona che ha abitato questo mondo parallelo, di tessitura delle ferite del mondo violento. Scrivo di una giovane donna di nemmeno 50 anni che ci ha lasciato di recente. Sei lingue (arabo, inglese, francese, portoghese, italiano, spagnolo), una fila lunghissima di competenze come cooperazione internazionale, sviluppo sostenibile ma soprattutto parità di genere. Una vita dedicata alla promozione della donna.
Scrive di lei Fran O'Grady che è stato il Capo dei progetti UNMAS-United Nations Mine Action Service in Iraq e dell'UNOPS-United Nations Project Office for Project Services in Ucraina: “Ho lavorato a stretto contatto con Giorgia nel suo ruolo di Consulente di genere e diversità. Per tutto il tempo, sono rimasto enormemente colpito dal talento, dalla convinzione e dall'energia che Giorgia riversa in tutto ciò che fa: il fatto che ciò avvenga in modo rispettoso serve ad amplificare il serbatoio di esperienza e la vasta conoscenza tecnica che possiede. Un altro dei principali punti di forza di Giorgia è che "ascolta attivamente" e disinteressatamente i "bisogni" degli altri nel contesto dell'ambiente in cui lavora e adatta il suo approccio di conseguenza, cosa che l'ha vista costruire forti legami all'interno del team, e soprattutto con le controparti nazionali”. Ora, per chi non è dell'ambiente sembra una referenza come molte altre ma chi conosce O'Grady sa che questo scritto non è affatto per tutti.
Un'altra guru che ci parla di Giorgia è Elena Ferreras – team leader in Libano. Che scrive ( e qui vi risparmio le lunghe lodi sulle competenze): “È un piacere lavorare con lei, in quanto è una professionista emotivamente intelligente, socievole e fiduciosa, orientata ai risultati, gestisce bene lo stress e sa come gestirlo”. Sottoscrivo appieno. Nelle lunghe e fortunate cene che ho avuto con la mia famiglia con Giorgia ho notato come lei in primis chiedesse di tutto ai ragazzi e poi, solo al dolce, si poteva parlare dei suoi viaggi o avventure.
Paesi. Tenetevi forte. Ha lavorato negli Stati Uniti, Iraq, Mozambico, Londra, Bosnia ed Erzegovina, Tunisia, Giordania, Turchia, Nepal, Etiopia, Libia, Marocco. Aggiungerei Italia. Giorgia, come molte cooperanti, fu costretta dal Covid al rimpatrio in Italia. Nella sua città Trento si era sin da subito impegnata come volontaria dando la disponibilità alla piattaforma “Trento si aiuta”, creata per fornire un supporto in particolare agli anziani e alle persone sole, dalla spesa all’acquisto di medicinali e all’ascolto. E lei passò dal redigere piani Paese post conflitto, all'ascolto dell'anziano della porta accanto. Avevamo appena vissuto il Conte 1 con i decreti sicurezza e la criminalizzazione statuale dell'immigrato di colore e delle ONG. Nel Paese v'è stato uno duro scontro tra il Ministro dell'Interno Matteo Salvini e Carola Rackete, la capitana di Sea Watch, impegnata nel salvar migranti.
Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella scelse non casualmente la cooperante Giorgia Depaoli dimostrando all'Italia che si può cooperare oltremare e nel contempo in patria. Nominandola Cavaliere della Repubblica ha riabilitato la cooperazione internazionale, le ONG, la professionalità e il volontariato. Un atto politico di altissimo livello e nonviolento che, peraltro, non inficiava con l'attività di governo ma difendeva valori costituzionali (art. 2 e seguenti).
Ma arriviamo all'oggi. All'Ucraina. Ad uno dei Paesi visitati da Giorgia nei mesi prima del conflitto. Il 9 aprile ha tenuto uno speech a “PenSIero Riformista”. Lo possiamo trovare qui. Sottolineo solo un passaggio che merita tutta l'attenzione politica. Ella scrive: “Le riforme si attuano tramite azioni e queste tramite spesa. Per questo l’approccio di genere dovrebbe diventare parte integrante non solo delle riforme e politiche pubbliche ma anche della spesa pubblica. Penso alla finalizzazione del bilancio pubblico (nazionale e territoriale) che dovrebbe essere un bilancio di genere (che mette in luce appunto come si garantiscono le pari opportunità (per donne e gruppi emarginati) tramite il bilancio pubblico (ad esempio, vedere riflesse nel budget pubblico azioni legate al cambiamento climatico con “lenti di genere”) o il gender sensitive procurement (appalti sensibili al genere), ad esempio, nell’ONU (ma anche in Svizzera) i punteggi negli appalti vengono dati anche sulla base delle pari opportunità nelle ditte che partecipano agli appalti e/o se dimostrano di avere “equal pay for job of equal value” (stesso salario per lavori di pari livello).
Poi ci chiediamo l'ONU dov'è. È a scrivere altissimi programmi politici da implementare a livello statuale. È a supportarci con ricerche scientifiche, report, classifiche la nostra azione riformista. È a controbilanciare populismo e sovranismo sorretti da molti slogan e poco studio. È a dar possibilità e opportunità a persone come Giorgia di rendere semplicemente più abitabile questo nostro mondo.