Qualche anno fa, in un momento di furore creativo particolarmente prolifico, non riuscivo a sfuggire all’idea, non originale ma abbandonata, o perlomeno sottostimata da tempo, di raccontare qualcosa con parole e immagini unite su di una stessa pagina in modo da amplificare l’effetto esplicativo delle parole con delle immagini, e approfondire il significato di disegni, foto o acquerelli con racconti e poesie. Questa delle storie illustrate è una cosa vivissima nell’editoria per bambini e nonostante in tempi passati fosse assai comune anche nei libri per adulti è praticamente scomparsa, probabilmente perché figlia di una società più semplice e ingenua che non aveva ancora visto tutto quello che noi vediamo quotidianamente, e forse anche un po’ per questioni economiche… illustrare la carta stampata costa troppo quando ci sono le parole che possono correre da sole.
Dal guazzabuglio di impertinenti stimoli che mi bersagliavano in quel periodo successe quindi che emerse una poesia che mi spinse a sua volta a realizzare delle immagini e queste immagini mi chiesero una consequenzialità che desse corpo a una storia, e la storia non accettava di essere muta, volle parlare e volle anche essere musicata…
Fu così che mi sentii finalmente libero solo dopo che tutto quello che mi aveva assediato era riuscito alfine a invadermi e io, per difendermi, avevo concretizzato un breve film di animazione assai rudimentale che esprimeva però con tutta la forza e la sensibilità possibile ciò che una poesia può racchiudere.
Questa poesia fu quindi il primus movens di una storia intera che si sviluppò breve ma intensa in una “operina” che viene introdotta da un personaggio che rievoca la propria infanzia e i pavor che possono accompagnare quel periodo. Attraverso queste insicurezze il bambino trova il modo di superare i momenti di buio creando delle storie in cui i personaggi sono animali umanizzati, che vivono però sentimenti e contrasti tipici della società umana.
Il protagonista di questi accadimenti è Vic Guasila, un coniglio umanizzato che vive appunto le sofferenze degli uomini, la solitudine, il dileggio, la prigionia, l’amore non corrisposto.
La poesia si chiama paradossalmente “Poesia” ed è qui di seguito riportata… Il brano musicale che fa da colonna sonora è un regalo dell’amico Paolo Fresu e si chiama Chat Pitre, il Gatto Pietro… sembrava scritto apposta… Grazie Paolo!
Il corto venne selezionato al Festival dei Corti di Ravenna “Corti da Sogni”, e a “Sedici Corto” Festival dei Corti a Forlì col titolo di “Poesia - Declaration at Didong” e questa è la poesia da cui l’idea di mescolare parole acquerelli e musica è nata:
Mi fosse dato di bruciare
Per te
Non su un rogo
Come una strega
Ma nel cielo
Come una meteora
E la luce creasse meraviglia
Nel mondo tutto
E i bagliori lanciassero lampi
All'orizzonte della notte
E l'ardere possente mio
Scaldasse il tuo cuore
Al mio passaggio
Come cometa
Lontana nel cielo
Ma vicina nell'animo
E il luccichio ormai distante
Nello spazio
Creasse un eco
Di ricordi
E di desideri
Così vasto
Da invitare mille
Altre meteore
A seguire la mia iperbolica
Caduta nel buio
Per te mirabolante e folle
Come il sangue
Che corre scalmanato
In me
Pensando a te.