Sinuhe, nel linguaggio comune, è quasi sinonimo di “egiziano”. Tutto questo è dovuto al celeberrimo romanzo Sinuhe l’egiziano dello scrittore finlandese Mika Waltari pubblicato nel 1945 e ambientato nell’epoca del “faraone eretico” Akhenaton (1351 a.C.-1336 a.C.) e dei suoi immediati successori Tutankhamon, Ay e Horemheb, quest’ultimo deuteragonista del romanzo. Sinuhe, il medico che resta intrappolato negli intrighi politico-religiosi della cosiddetta era amarniana e che viaggia come agente segreto verso Babilonia e verso il regno degli Hittiti (nel libro allegoria dei nazisti) per carpire i segreti della loro “arma di distruzione di massa, quel metallo chiamato ferro, è considerato dai più un personaggio moderno calato in un’epoca antichissima.
In realtà non è così: Sinuhe è uno dei personaggi più antichi della letteratura mondiale, protagonista di quello che si può definire il romanzo più antico della storia dell’umanità: Le avventure di Sinuhe risalente al periodo del Medio Regno.
In realtà il Sinuhe del romanzo egiziano non è lo stesso Sinuhe del romanzo di Waltari: questo è evidente per il fatto che il romanzo del Sinuhe originale risale più o meno al 1960 avanti Cristo; quindi, precede di settecento anni l’età di Akhenaton nella quale si muove il medico di Waltari. E che non siano la stessa persona lo rende noto lo stesso Sinuhe di Waltari, che narra in prima persona le sue avventure, dicendo che questo nome gli fu dato in onore del personaggio più antico, la cui storia era molto amata dalla madre adottiva Kipa.
Ma vi sono somiglianze tra i due: il tema del viaggio e dell’esilio. Il Sinuhe di Waltari passa molto tempo fuori dall’Egitto, rimpiangendo sempre “l’acqua del Nilo”. Il Sinuhe originale fugge dall’Egitto in preda alla paura quando, venuto a conoscenza della morte del faraone e del rischio di una guerra civile, viene preso da paura. Sinuhe riparerà in Siria, e sposerà la figlia di un principe locale. Solo dopo molti anni il nuovo faraone, Sesostri, lo richiamerà offrendogli una tomba. Il Sinuhe di Waltari, dopo aver vagato ed essere tornato in Egitto per mettersi al servizio di Akhenaton, verrà esiliato definitivamente dal nuovo faraone e suo ex amico Horemheb.
Il tema del viaggio e del rimpianto accomunano il personaggio antico e quello moderno. Sinuhe, ancora prima di Odisseo, rappresenta il viaggiatore. E come il Sinuhe originale ritrova la pace nel ritorno in patria come l’Odisseo di Omero, così il Sinuhe moderno, simile all’Ulisse di Dante, è destinato ad errare per sempre.
Un terzo scrittore si occupò di Sinuhe, e parliamo del Premio Nobel egiziano Nagib Mahfuz, uno dei più grandi scrittori arabi di tutti i tempi, nel racconto breve Il ritorno di Sinuhe. Mahfuz riprende il Sinuhe originale, che ritorna in patria. Ma l’inquietudine moderna non può prevedere il lieto fine del romanzo originale, e Sinuhe ritrova una donna che amò e dalla quale fuggì. Costei, a differenza di Penelope, non ha atteso l’Ulisse egizio, che ora cerca di soffocare il rimpianto.
Sinuhe avrebbe potuto, come archetipo, sostituire Odisseo se per secoli e fino alla conquista napoleonica dell’Egitto e al ritrovamento della stele di Rosetta non avessimo perso del tutto conoscenza di questa grande civiltà. Thomas Mann definì Le avventure di Sinuhe uno dei più grandi romanzi di sempre. Sinuhe è l’uomo eterno, nei suoi viaggi, nel suo partire e ritornare fisicamente e metaforicamente, nelle sue nostalgie e nei suoi amori.
Perché io, Sinuhé, sono un uomo e come tale ho vissuto in tutti quelli che sono esistiti prima di me e vivrò in tutti quelli che esistono dopo di me. Vivrò nelle risate e nelle lacrime degli uomini, nei loro dolori e nelle loro paure, nella loro bontà e nella loro cattiveria, nella loro debolezza e nella loro forza. Come uomo, vivrò eternamente nell'uomo e per questo motivo non ho bisogno di offerte sulla mia tomba o immortalità per il mio nome. Questo è ciò che ha scritto Sinuhé, l'egiziano, che ha vissuto da solo tutti i giorni della sua vita.
Così Waltari conclude la sua opera. E questa rappresenta Sinuhe, l’Ulisse egizio che abbiamo ritrovato.