Anna Onesti realizza con le sue opere delle “nuvole di carta” sapientemente dipinte e montate su strutture leggere di bambù, creazioni con radici antiche, fragili e dinamiche, capaci di coniugare con grazia i valori materiali e immateriali dell’arte orientale. Gli aquiloni sono nati per volare nell’aria e nel vento, attraversati dalla luce naturale, raccontano la ricerca continua di leggerezza e di movimento, un atto di libertà che alleggerisce l’anima.

La carta, nella sua accezione più completa è la protagonista del lavoro artistico di Anna Onesti, in particolare quella prodotta in Oriente, ottenuta dalla lavorazione artigianale del midollo dell’arbusto del gelso della carta. Un prodotto naturale con caratteristiche di elasticità, robustezza e trasparenza che si è formato attraverso i gesti e la sapienza di un’antica tradizione artigianale e che non deve essere dimenticata. Le sue opere, tramandano tecniche di lavorazione e colorazione della carta tesuki-washi, esaltano la bellezza di uno dei materiali da cui siamo maggiormente circondati e che lega la sua sopravvivenza, come la nostra, al rispetto dell’ambiente da cui nasce.

La passione dell’artista è testimoniata dalle sue parole: “l’Oriente era per me il luogo delle fiabe, un territorio lontano e totalmente altro, ricco di possibilità e di avventure. Una sorta di sogno mitico che è diventato poi un itinerario alla scoperta di me stessa e del mondo quando ho avuto l’opportunità di studiare in Giappone, dove ho approfondito le conoscenze sia delle tecniche di fabbricazione della carta di produzione artigianale che delle pratiche legate alla sua decorazione.”

Anna Onesti esprime in tutte le sue creazioni un profondo contatto con la natura, sia nella scelta di materiali e colori, ma anche nelle forme proposte che ad essa attingono.

Molte sono state le mostre in cui ha esposto le sue creazioni, il primo evento “Immagini del cielo”, si è tenuto nel 2005 presso il Museo di Geofisica di Rocca di Papa. Poi “Scrivere il cielo”, mostra tenutasi a Roma nel 2009 presso l’Istituto Giapponese di Cultura, dove grazie agli auspici della scultrice Maciko Kodera ha esposto i suoi aquiloni accanto a quelli di uno dei maggiori costruttori di tako giapponesi il maestro Toshiharu Umeya, artista che porta nelle sue opere la tradizione figurativa dell’Hokkaido.

L’anno successivo poi la mostra “I Colori del Vento”, allestita nei suggestivi spazi dei Magazzini del Sale di Cervia, dove erano esposte sue creazioni accanto a quelle dell’artista francese Therese Uguen; con una bella performance di volo degli aquiloni sulla spiaggia di Pinarella di Cervia. Poi nel 2013 “In volo”, presso lo spazio romano di Tralevolte, occasione in cui il gruppo degli aquilonisti romani Greko Kyte e il gruppo Millepiedi di Foligno hanno fatto volare gli aquiloni nella piazza di San Giovanni in Laterano.

Poi nel 2017 “Nuvole di Carta”, quando gli aquiloni sono stati allestiti nello straordinario spazio del Salone d’Ercole del Castello di Racconigi. Infine, aperta fino al 27 giugno nella Dipendenza della Casina delle Civette, la mostra “Un mondo fluttuante. Opere su carta di Anna Onesti, dove gli “Aquiloni” sono esposti accanto agli Arazzi” e mostrati nella loro colorata trasparenza anche in volo in uno speciale evento che si è svolto nei Giardini di Villa Torlonia.

Nel mondo contemporaneo, globalizzato e disattento ai particolari quale messaggio portano i tuoi aquiloni fluttuanti?

Il messaggio è nei materiali stessi: la carta artigianale, i colori naturali, il bambù, uno stare in queste materie preziose perché semplici e uniche il cui sviluppo dipende molto dalla qualità dell’ambiente e dal suo giusto equilibrio ecologico. Materie che con le loro particolarità e le loro polivalenze, hanno tutte le caratteristiche per adattarsi ad un mondo tecnologico molto diverso da quello delle loro origini, questo sentimento antropologico della materia è ciò che impedisce la disattenzione1.

I miei aquiloni, che amo definire “Nuvole Di Carta”, sono anche un atto di libertà, la possibilità di poter vedere danzare le mie opere libere nel cielo montate su strutture dinamiche e leggere mi ha portato sempre più verso la ricerca della leggerezza e del movimento permettendomi ancora una volta il contatto con la natura: con l’aria. Gli aquiloni ci riportano anche indietro, al nostro personale inizio: all’infanzia. Questo tornare al gioco, all’avventura io lo ritrovo anche nell’uso della carta, grande è la fascinazione del viaggio che la carta ha fatto dalla Cina per tutto l’Oriente fino alla Sicilia, alla Spagna per radicarsi così profondamente nel nostro Paese. La sua storia sa di esotismo, viaggi, coraggio e intraprendenza, come sa di intraprendenza l’aquilone che sfida il vento e anche una sfida è usare i colori naturali2 sulle carte orientali sottili e tenaci.

Creare dei “veli dipinti” senza appesantire la materia, dipingere delle forme compiute vive e significanti ispirate alla natura ma in cui la natura nasconde anche le sue insidie, gli ostacoli della materia. I colori di origine vegetale con il loro sottile respiro aprono le porte ad un rinnovato rapporto con gli elementi naturali e chiamano alla creazione di forme generatrici un “alfabeto dei semi” fatto di fiori e forme fitomorfe che permettono di esprime pensieri arborescenti, per far che bella sia la parola detta e la parola dipinta. Questo forse è entrare e uscire dalla globalizzazione, ampliare i propri orizzonti, l’aria: uno sguardo dal di fuori3e poi la terra: il lavoro e le tecniche, la materia e la natura con le sue sfide.

Tintura

Esistono delle modalità codificate con cui si può legare, cucire, piegare, attorcigliare o pressare il tessuto per poi tingerlo, queste pratiche erano usate fin da tempi antichi in Africa come in Oriente. Alcuni procedimenti, derivati dalla tradizione giapponese, sono: lo shiborizome, dal verbo “shiboru” che significa premere, stringere e in cui la carta viene tinta dopo essere stata stretta, legata o cucita, l'arashi shibori, dove la carta prima di essere tinta è arrotolata, legata e poi stretta intorno ad una struttura tubolare, le trame così ottenute richiamano a suggestioni di pioggia e vento e infatti “arashi” è il termine giapponese per indicare la “tempesta” e l'itajimezome, tecnica in cui la carta viene tinta dopo essere stata piegata e poi stretta, serrata. Questi procedimenti, impedendo la penetrazione del colore, salvano le aree che non devono essere tinte lasciando inalterato il colore del materiale originario che nel mio caso è il colore naturale della carta. Tra i colori usati il blu dell'indigofera tinctoria (ai), il rosa dei fiori del cartamo (benibana), il viola del legno del Brasile (suwo), il rosso delle radici di robbia (akane), il giallo dell’albero di Amur (kihada), il bruno dei frutti dell'ontano (yashiya), il verde delle noci di galla (fushi).

Aquiloni

In tutti i Paesi del mondo gli uomini hanno sempre cercato modi e mezzi per comunicare con i loro dei e in Oriente furono gli aquiloni a rappresentare il contatto fra la terra e il cielo, qui l'aquilone ha conservato ancora oggi qualcosa di sacro e magico. In Giappone l’aquilone prende il nome di tako e il suo ideogramma assomiglia a quello di kaze, il vento, che per il volo degli aquiloni rappresenta l’elemento vivificante. Un maestro aquilonista giapponese è in grado di dare vita a numerosissime tipologie ognuna diversa nella forma, che spesso è legata a specifiche aree di provenienza territoriale.

Ecco l’aquilone quadrato hamamatsu, che prende il nome dalla città nella prefettura di Shizuoka dove si svolge nel mese di maggio un’importante festa degli aquiloni. Quello a losanga tosa, dalla forma semplice ed aerodinamica, che prende il suo nome dalla antica denominazione di Kochi, prefettura nota ancora oggi come importante zona di produzione cartaria. Il rokkaku, aquilone di forma esagonale usato spesso nelle competizioni. L'edo, di forma rettangolare, che nel nome rievoca il periodo storico in cui gli aquiloni acquistarono un particolare valore per la bellezza delle decorazioni. Non solo su queste tipologie orientali è basata la costruzione di queste mie forme volanti ma anche sui nostri tradizionali aquiloni a losanga, che nella forma sono quelli più vicini ai ricordi dei nostri giochi infantili.

Note

1 "Si dice che la carta sia realizzata dalle persone, ma sarebbe meglio dire che è la benedizione della natura a produrre carta", Sōetsu Yanagi (1898-1961), The Unknown Craftsman: A Japanese Insight into Beauty, Kodansha International, New York, 1989.
2 “La nostra percezione visiva del colore è mutata in profondità da quando ci troviamo, non già circondati, ma immersi nel mondo artificiale. Fra i colori naturali e quelli prodotti dall’industria non esiste continuità, ma differenza, scarto, distanza.” Alberto Boatto (1929-2017), Di tutti i colori, Editori Laterza, Roma-Bari 2008.
3 “…fare il punto sulla nostra collocazione dentro uno spazio cosmico, astronomico, e non solo angustamente geografico”. Alberto Boatto (1929-2017), Lo sguardo dal di fuori. Cappelli, Bologna, 1981 - nuova edizione Castelvecchi, Roma, 2013.