Arthur John Strutt1, un inglese diciannovenne, nella primavera del 1838, intraprende un viaggio a piedi verso il Sud Italia, insieme al poeta inglese, William Guglielmo Jackson, che raccoglie le lettere inviate dal giovane ai genitori che risiedevano a Roma. A Pedestrian tour in Calabria & Sicily, questo il nome originale della raccolta di lettere pubblicate in Inghilterra nel 1841 con un discreto successo. Lo scritto non pretende di essere un’opera letteraria, è più semplicemente una raccolta di lettere scritte, spesso, prima di andare a letto, dopo giornate di marce faticose; lettere-diario che avevano unicamente l’obiettivo di fissare le impressioni raccolte dal giovane pittore/viaggiatore nelle terre e tra le popolazioni del Sud Italia, allora poco visitate da stranieri a causa dei disagi e dei pericoli che un’esplorazione del genere comportava. Strutt è un puro visivo, senza preoccupazioni scientifiche, sociali, politiche. Lo interessano il paesaggio e i costumi popolari in quanto sono linee e colori, singolarità di forme e di atteggiamenti. In lui, anche, l’ossessione dell’avventura brigantesca è continua. Per il pittore la Calabria è una delle mete più desiderate, più sognate. L’album dei disegni da lui composti sembra essere in attesa della Calabria. È qui la mecca dell’artista. La perfetta aderenza alle persone e alle cose rende prezioso il libro di questo ventenne, assetato di vita e di arte.
Nel percorso di Strutt vi è anche il Cilento costiero, da Paestum a Sapri. Questa zona è descritta non soltanto come territorio povero, a tratti arretrato, ma anche per i paesaggi mozzafiato e per la gente accogliente. Egli ci offre una testimonianza nella quale, cogliendo i tratti essenziali delle cose e degli abitanti, racconta “com'eravamo” e “come apparivamo” agli occhi di un giovane pittore straniero, impegnato in un viaggio a piedi da Roma a Palermo. “Camminare da queste parti è molto piacevole” racconta ai suoi lettori inglesi questo turista ante litteram. Nell'itinerario cilentano le sue lettere sono spedite da Salerno, Paestum, Castellabate, Pioppi, Pisciotta, Camerota, San Giovanni a Piro, Sapri e Lauria.
Tutto comincia da Paestum dove i viaggiatori vengono accolti da “un pastore così irresistibilmente pittoresco che non potei sottrarmi alla tentazione di aggiungerlo alla mia collezione. Indossava un giubbetto blu e brache verdi. Da una spalla pendeva il capo più caratteristico del suo abbigliamento e cioè un giaccone di pelle di pecora sul quale era un corto e logoro mantello marrone scuro. Le gambe erano avvolte in fasce gialle. Ai piedi erano legati sandali di robusto cuoio. Coronava il tutto un leggero cappello marrone a pan di zucchero”. Nella città della piana del Sele, i due inglesi vengono attratti dalla maestosità dei templi: “Quello di Nettuno è senza dubbio il più perfetto e quello che colpisce di più sia per le proporzioni che per il colore”, scrive Strutt che nelle pagine successive racconta che, mentre disegnava i templi, gli si avvicinò “un funzionario dal naso rincagnato con un berretto lucido ed una giacca col collo rosso. Con un tono autorevole mi chiese se avevo avuto dal governo il permesso di disegnare la pianta delle rovine. Mi fu severamente proibito di continuare a disegnare. Scoprimmo però che la severità di quel tipo doveva meravigliosamente scomparire all'idea di una mancia”. Proseguendo verso il sud i due decidono di escludere Agropoli, “un villaggio che sorge su una roccia che, strapiombando sul mare, offre una magnifica veduta della baia di Salerno”. “I suoi abitanti – avverte però lo scrittore - sono di origine saracena e non godono di buona reputazione fra i loro vicini”.
I due viaggiatori tirano dritto per Castellabate: di questo luogo sono conservate due missive inviate nel 14 e 15 maggio. Dal racconto emergono dati frequenti in quasi tutte le relazioni dei viaggiatori: i mezzi del viaggio, la continua consultazione delle carte, le informazioni offerte dalle poche persone che s’incontrano sulle mulattiere, le descrizioni del loro vestiario, ma soprattutto la rappresentazione del paesaggio. Costeggiando il mare, arrivano a Castellabate inferiore (Santa Maria di Castellabate, frazione di Castellabate). Il sole, anche, è un costante compagno di viaggio amico o nemico, gradito quando illumina la scena dando al paesaggio quella luce che li rende unici, sgradito quando nei percorsi a piedi picchia con il suo calore2.
In questo piccolo borgo incontrano il barone Perrotti: infatti di buon mattino si recano nella sua residenza e riferendosi alla costa e alle torri di cui è costellata, egli dice: “È, o piuttosto era, difesa da torri, poste a brevi distanze l’una dall’altra. Esse sono molto pittoresche, sono ora tutte in rovina alcune sulle alture, altre su piccoli promontori”3. Dell’accoglienza del barone: “ci ricevette con la massima cortesia, col cappello in mano. A mezzogiorno fu servito il pranzo. Il barone assegnò a J. e a me i posti d'onore, alla sua destra e alla sua sinistra […]. Ci fu prima servita la zuppa in una enorme terrina. Per stuzzicare il nostro appetito, seguirono fettine di salame, ulive e acciughe. Vennero poi polli arrosto e asparagi, dopo di che solennemente gustammo un pezzo di burro, conservato in una vescica... dopo di che fece la sua apparizione un gran vassoio di fritto misto, e cioè verdure di vario genere, pezzetti di pane ed altre cose tutte fritte, e quindi un piatto di sostanzioso pesce anch'esso fritto. Se aveste visto con quale slancio ospitale il barone ci ha servito, voi vi domandereste come è che siamo riusciti a consumare non solo ciò, ma anche quaglie arrosto, insalata, formaggi freschi, arance ed eccellenti fichi del paese […].
Il viaggio – rigorosamente a piedi - prosegue lungo la costa, ad Ascea i due si ritrovano dinanzi “la fortezza di Castello a Mare della Bruca”, dove “scoprimmo intorno alla sua base frammenti di mura ed altre incomprensibili rovine dell'antica città di Velia; ma esse sono così mal ridotte che a me l'antica e pittorica fortezza gotica, che sorgeva in alto, sembrò molto più interessante”. A Pisciotta, invece, si imbattono in “Trenta o quaranta ragazze (tutte graziose) occupate a trasportare sulla loro testa carichi di legna da fornire a due brigantini che dovevano portarla a Napoli”.
Poi il passaggio a Camerota: “Posta sul cocuzzolo di un'altura isolata e rocciosa, esaspera lo stanco viaggiatore che continuamente s'imbatte in un burrone per discendere in una ripida salita da scalare. Tuttavia, finalmente raggiungemmo la meta, e cioè ci trovammo in un paesino squallido"4.
Al giovane Strutt è affidata anche la descrizione di Capo Palinuro: “Un promontorio roccioso che si estende per circa due miglia nel mare. Le rovine di un’antica fortezza spiccano sulla desolata sommità, mentre alcune povere capanne di pescatori trovano riparo alla base del monte, nella piccola baia che il promontorio forma con la terraferma”5.
L'ultima tappa del viaggio porta Strutt e Jackson a Sapri. Qui incontrano alcune fanciulle che incantano per il loro abbigliamento: “I loro aderenti corpetti sono allacciati davanti; le pesanti gonne di panno azzurro, troppo lunghe per i lavori di casa, vengono generalmente piegate, strette sui fianchi o allacciate con un cordone rosso, le estremità del quale ornato di fiocchi, pendono da un lato. Le gonne così sollevate lasciano esposte le gambe coperte di calzettoni di colore scarlatto; calzettoni, se così possono chiamarsi, i quali arrivano soltanto fino alle caviglie, lasciando i piedi nudi”. Dopo Sapri Strutt lascia il Cilento, un territorio dimenticato dal governo borbonico, e che solo dieci anni prima era stato protagonista dei moti insurrezionali; paesi che hanno visto pochi viaggiatori solcare i loro territori.
Tutte le descrizioni di questo giovane viaggiatore sono cronache, quasi un lavoro giornalistico privo di considerazioni personali, annotazioni di ciò che lo colpisce, che trova interessante e utile a colmare la curiosità di chi lo leggerà, ma senza giudizi, al contrario di Craufurd Tait Ramage, il viaggiatore scozzese che scrisse nel 1828 un diario dal titolo The Nooks and By-Ways of Italy. Wanderings in Search of Ancient Remains and Modern Superstitions, la cui traduzione letteraria in italiano è Angoli reconditi e strade remote d’Italia. Girovagando alla ricerca di antichità e superstizioni moderne. Strutt non sembra fare troppo attenzione alla miseria della gente del luogo: è anche vero che il suo viaggio è di una decina di anni posteriore a quello di Ramage ma sono così tanto cambiate le condizioni economiche del Cilento? È anche vero che Strutt cerca di incontrare le persone benestanti di quei luoghi, ma forse la spiegazione più plausibile è un diverso approccio verso la gente e la loro condizione. Neanche le descrizioni dei paesaggi sono analoghe: Ramage guarda con occhi attenti e critici ciò che vede rispetto a quanto non lo sia Strutt. I loro racconti sono diversi, l’uno più dettagliato e profondo, l’altro essenziale, privo di descrizioni e di emozioni.
Ciò che sicuramente li accomuna è di essere stati tra i pochi avventurosi che si sono incamminati nel Sud Italia, oltre Napoli, aprendo nuove strade al mondo continentale, le loro descrizioni, con le dovute differenze, sembrano attualissime, malgrado abbiano viaggiato nel Bel Paese, appellativo con cui si citava l’Italia, prima della sua unificazione!!!
La più sublime descrizione dell’essenza del Sud Italia è nelle parole di Goethe che scrive:
Ogni volta che la penna vuole descrivere, mi vengono sott'occhio immagini di fertilità del suolo, del mare sconfinato, delle isole vaporanti nell'azzurro, della montagna fumigante e mi mancano i mezzi per esprimere tutto questo6.
Ed è ancora Goethe a porre fine a una idea d'Italia come simbolo unicamente dell'arte e dell'antico, paese che provoca “ammirazione e meraviglia”, luogo di una esperienza descrivibile più che ineffabile, itinerario che termina a Roma, “in questa austera Roma dove si studia l'arte”. Napoli, invece, questo ”paradiso della natura”, ancora prima di essere visitata, provoca attese di “nuova possibilità”. Il Sud appare ora in una veste del tutto differente da quelle che WinckeImann o il conte Caylus o Cochin hanno, qualche anno prima, offerto ai lettori: esso è “lo spazio della seduzione”, che si lascia conoscere attraverso “la meraviglia”, lo “stupore” dice oggi papa Francesco, quale motore della vita, elemento primo da cui nasce il pensiero come riflessione e quindi come conoscenza, “meraviglia” che si accende in primis dalla osservazione dei fatti naturali7.
Note
1 Scrittore e pittore inglese nato a Chelmsford il 12 giugno 1819 e morto a Roma nel giugno 1888.
2 Craufurd Tait Ramage, un giovane viaggiatore scozzese, nelle lettere scritte durante il suo di viaggio nel Sud Italia, avvenuto nel 1828 e trascritto nel libro, tra le poche attrezzature, oltre alle cartine ha anche un ombrello, che definisce “oggetto di incalcolabile valore”, per difendersi dal sole.
3 A. J. Strutt, Passando per il Cilento, Galzerano Editore, Casalvelino 1988, p.28.
4 Ibid., p. 115.
5 Ibid., p. 113.
6J.W. Goethe, Viaggio in Italia (a cura di V. Santoli), tr. it. di E. Zaniboni, in Opere, Sansoni, Firenze 1970, pp. 247-572; p. 360.
7 Sul tema della meraviglia si veda M. Venturi Ferriolo, Giardino e Filosofia, Guerini Associati, Milano 1992.