Tutte le famiglie felici si somigliano, ma ogni famiglia infelice lo è a modo suo.
L’incipit di Anna Karenina di Lev Tolstoj è uno dei più celebri della storia della letteratura mondiale, ed è praticamente l’epigrafe di uno dei massimi capolavori di tutti i tempi. Il collega-rivale di Tolstoj, Fëdor Dostoevskij, riconobbe che: “Anna Karenina in quanto opera d'arte è la perfezione… e niente della letteratura europea della nostra epoca può esserle paragonato”.
Prendendo a spunto la storia di un adulterio simile a quella che Gustave Flaubert aveva descritto in Madame Bovary, Tolstoj scrive di fatto un poema dove ogni tema dello scibile umano viene trattato: in Anna Karenina si discute di politica, religione, condizioni del lavoro e dei lavoratori, la vita e la morte. Prendendo a pretesto una chiacchierata in un salotto Tolstoj sviscera un tema complesso come lo spiritismo. C’é in Anna Karenina un’universalità superiore persino a Guerra e Pace. Ma Anna è ovviamente soprattutto un gigantesco trattato di psicologia, con personaggi scandagliati sin nella più intima fibra, che non riusciamo mai davvero a inquadrare in quanto sono dinamici, sfaccettati e cambiano radicalmente durante il romanzo.
Come è noto Anna Karenina ruota attorno a due storie parallele: quella di Anna, del marito Karenin e del suo amante Vronskij e quella di Konstantin Levin e Kitty, una sorella della cognata di Anna che in precedenza era stata innamorata di Vronskij. Solitamente la critica ritiene che il personaggio di Levin sia un alter ego di Tolstoj: “Levin” è un cognome derivato da “Lev”, il nome di Tolstoj, e Levin è un possidente di campagna con idee progressiste sulla condizione dei contadini, esattamente come Tolstoj.
L’idea che Levin possa essere l’alter ego di Tolstoj è vera solo in parte. Certo, gli aspetti esteriori come il nome e il fatto di essere un possidente di campagna, coincidono. Diversi ragionamenti politici e religiosi di Levin sono quelli del Tolstoj maturo, l’uomo che ispirerà anche il giovane Gandhi col quale ebbe una corrispondenza. Ma è un autoritratto idealizzato e questo si nota soprattutto dalla descrizione del rapporto tra Levin e Kitty: pur tra alti e bassi quella rurale di Levin sarà la “famiglia felice” in contrasto con quella cittadina di Anna.
Ma sappiamo bene che la famiglia Tolstoj fu tutt’altro che felice: la moglie del grande scrittore, Sofja Tolstaja, passò in proverbio come una moderna Santippe, una moglie insopportabile e gretta che non capiva il grande marito. In realtà, se ascoltiamo la sua campana, Sofja aveva tutte le sue buone ragioni per avercela con Lev. Ed è comunque arcinota la polemica di Tolstoj contro il matrimonio che esploderà col più tardo racconto Sonata a Kreutzer. Il matrimonio fondamentalmente felice di Levin non corrisponde.
“Madame Bovary c’est moi”, aveva affermato Gustave Flaubert. Tolstoj poteva dire, con ancor maggiori ragioni, lo stesso di Anna Karenina. L’ottuso burocrate Aleksej Aleksandrovič Karenin, sembra la versione maschile di Sofja Tolstaja. Come la moglie di Lev, il marito di Anna non capisce la moglie, come Sofja non capisce il marito. Tuttavia Anna, in determinati momenti, rivaluta il marito dal comportamento paziente sin quasi al martirio: forse scrupoli di coscienza di Lev verso quella moglie magari bisbetica ma che si è sempre spesa e sacrificata per lui, arrivando persino a intercedere presso lo zar? Anna è un personaggio negativo, e in quel personaggio negativo Tolstoj maschera i suoi lati oscuri. La “malvagità” di Anna che lascia la famiglia è il rimorso inconscio di quel Tolstoj che consciamente lanciava strali contro la famiglia. La sua famiglia, che fece soffrire.
E vi è anche, nella vicenda di Anna Karenina, un sinistro presagio (forse un presentimento?) rappresentato dal treno. Anna arriva dal fratello per convincerne la moglie a non lasciarlo su un treno che investe un povero ubriaco: su quello stesso treno si era intrattenuta con la madre di Vronskij, colui che la porterà alla rovina. Come tutti sanno Anna, in un accesso irrazionale di gelosia, si getterà sotto un treno. Il treno compare, come tema fondamentale, anche nella successiva Sonata a Kreutzer.
Tolstoj morirà di polmonite nel novembre del 1910 nella stazione di Astapovo, dopo essere letteralmente fuggito dalla sua famiglia. Il treno che diede la morte ad Anna la darà anche a suo padre.
Mihi vindicta, ego retribuam mia è la vendetta, io darò la ricompensa. Questa frase da Deuteronomio 32,35 scelta da Tolstoj come epigrafe al suo capolavoro invita a non giudicare Anna, perché questo spetta a Dio. E probabilmente è un invito a non giudicare nemmeno il suo autore.