Il Laboratorio di Restauro Polimaterico dei Musei Vaticani da più di dieci anni si dedica alla tutela di una delle più preziose raccolte etnografiche del mondo conservata ed esposte nel Museo Etnologico Anima Mundi; circa 80.000 opere non convenzionali di rara bellezza e immenso valore culturale e spirituale.
Il laboratorio si avvale di otto professioniste specializzate in diverse classi di materiali, che si prendono cura di beni atipici e complessi, realizzati in materiali organici e inorganici, prevalentemente di origine extraeuropea, operando secondo un approccio integrato e interdisciplinare e in stretta collaborazione con la Direzione, con il Reparto Etnologico, il Laboratorio per la Diagnostica e la Conservazione, l’Ufficio del Conservatore e gli altri laboratori di restauro dei Musei Vaticani.
La scelta di dedicare le nostre specializzazioni ad una tipologia di beni così particolare è stata ed è una sfida professionale che ci appassiona ogni giorno di più motivandoci a ricercare nuove strategie di intervento, in una visione plurale e olistica della conservazione che integri le metodologie di conservazione tradizionali con l’utilizzo di tecnologie avanzate.
Lavorare nel Museo Etnologico Anima Mundi, a stretto contatto con studiosi di tutto il mondo, ci insegna ogni giorno ad interrogarci sulle più corrette modalità di comprensione dei popoli della Terra che trovano rappresentanza nelle collezioni, seppur continuando ad apparire così “lontani” ai nostri occhi.
Le diverse scuole di pensiero che oggi animano il dibattito sul patrimonio multiculturale promuovono con sempre maggiore convinzione una riflessione comune per valorizzare il rapporto tra il patrimonio e i popoli del mondo, orientando il confronto su ciò che ci unisce e su ciò che ci differenzia, nella prospettiva della tutela della diversità culturale.
Confrontando le esperienze e gli approcci interdisciplinari a livello internazionale, abbiamo iniziato ad articolare il concetto di conservazione, iniziando anche ad esplorare nuovi linguaggi, più inclusivi, capaci di attribuire rinnovati significati ai patrimoni e al recupero di ognuno di questo oggetti, che deve necessariamente implicare il coinvolgimento delle comunità di provenienza secondo modelli di conservazione partecipata del patrimonio.
Si tratta per noi di un avvicinamento eticamente responsabile alle innumerevoli esperienze creative che questi oggetti testimoniano, teso a far rivivere tradizioni secolari e saperi tecnici identitari in molti casi dimenticati, che attualmente costituiscono il patrimonio di storie e memorie più prezioso e difficile da conservare e trasmettere, come nel caso delle lacche orientali. Questo approccio all’intervento conservativo ha finito inevitabilmente per mettere in alcuni casi in discussione anche modelli culturalmente e storicamente determinati, ponendo all’attenzione di tutti la questione della tutela e dell’autenticità degli oggetti di interesse etnologico.
Attraverso una continua collaborazione tra storici, scienziati, antropologi e restauratori si è giunti alla elaborazione di una metodologia condivisa, indispensabile sia negli interventi di manutenzione ordinaria che negli interventi di restauro conservativo. Così, a partire da approfondite indagini conoscitive e dall’analisi storica dei contesti di provenienza, è stato possibile elaborare nuove e più idonee metodologie di intervento, guardando alla conservazione, dunque, come a una disciplina in continuo divenire capace di gestire tale complessità. Un lavoro delicato, di ricerca di equilibri, finalizzato così alla realizzazione di interventi critici, con uno sguardo interrogativo sull’oggetto da conservare e un grande sforzo interdisciplinare, che ha liberato le potenzialità delle collezioni del museo.
Tutto questo è stato possibile grazie all’apporto del Laboratorio per la Diagnostica e la Conservazione ed il Restauro, che svolge un ruolo determinante nei Musei Vaticani per lo studio dei materiali, in relazione ai contesti geo-culturali, e dei prodotti biocompatibili utilizzati nella pratica della conservazione e del restauro.
Nella consapevolezza che polimaterico significa spesso anche policulturale, e che la conservazione e il restauro del materiale etnografico nascono dalla tutela e dal rispetto per le culture di tutto il mondo nella loro imprescindibile integrità, abbiamo appreso che la conservazione è un mezzo di trasformazione del reale, capace di incidere direttamente nei processi sociali e contribuire alla crescita civile dei territori in cui essa è sostenuta e promossa. Lo stupore e la meraviglia di fronte alla creatività dell’uomo ci hanno spinto a guardare oltre i nostri confini geografici; oggi, il profondo rispetto per i valori immateriali di un patrimonio di sapienza e variegata bellezza, ci guidano nello studio e nella ricerca, indispensabili per la sua salvaguardia e trasmissione.