Impossibile dimenticare i personaggi creati dalla penna di Desy Icardi o l’accuratezza nelle ricostruzioni storiche. I suoi libri ci prendono per mano e ci conducono in epoche diverse, alla scoperta di emozioni apparentemente sopite. In questa intervista ci svela come nascono i suoi romanzi e l’amore per la letteratura.
I due lavori da lei pubblicati sono davvero unici nella loro abilità di trasportare il lettore in epoche diverse, con apparente facilità. Come ci si trova a balzare da un'era all'altra durante la scrittura?
La parte più semplice della contestualizzazione storica è il documentarsi (anche se può essere un’operazione molto lunga), quella più difficile è invece rendere l’atmosfera di ogni epoca. Una volta che, per così dire, le scenografie storiche sono saldamente allestite, balzare dall’una all’altra non è un problema, anzi, è piuttosto divertente. Ne L’annusatrice di libri (Fazi editore 2019) mi muovevo tra gli anni Trenta e Cinquanta con uno scarto temporale di vent’anni, ne La ragazza con la macchina da scrivere (Fazi 2020) il salto è stato di mezzo secolo, dagli anni Quaranta agli anni Novanta; in entrambi i casi mi sono sentita a mio agio nel saltabeccare da un decennio all’altro e questo perché ad accompagnarmi c’erano i miei personaggi che, proprio come me, agivano su diversi piani temporali.
Dalle due opere traspare un grande amore per la parola scritta. Ci sono autori che considera particolarmente significativi per il suo percorso letterario?
Ho trascorso l’adolescenza in compagnia dei classici francesi, inglesi e russi. Il motivo di quest’orientamento letterario è piuttosto banale: le edizioni “Mille lire” che da ragazzina acquistavo in edicola, insieme ai fumetti. Sono molto legata anche alla letteratura italiana, ovviamente, ma prediligo quella del Novecento. Dopo i vent’anni ho scoperto la letteratura sudamericana e il realismo magico, ed è stato un colpo di fulmine. Insomma, credo di avere avuto un percorso letterario ricco, ma molto caotico, del quale non rimpiango neppure una pagina.
Qual è il suo rapporto con Torino e quali sono state le sfide nell'inserirla nei romanzi?
Nessuna sfida, quanto piuttosto una scelta “di comodo”. Nei miei romanzi le atmosfere legate ai luoghi sono più importanti dei luoghi stessi, e Torino è l’unica città che conosco tanto profondamente da potermici orientare sia a livello spaziale che emotivo. Per mia fortuna la città che meglio conosco è ricca di angoli pittoreschi, leggende bizzarre e infinite suggestioni sia storiche che artistiche. Col tempo, spero di riuscire a spingere la mia penna al là delle antiche mura romane di “Augusta Taurinorum”.
Come si destreggia tra scrittura, regia e recitazione? Pensa che ogni disciplina nutra l'altra, in qualche modo?
Assolutamente sì: la recitazione e la scrittura di testi teatrali hanno migliorato il mio modo di scrivere i dialoghi, la regia mi ha insegnato a organizzare la narrazione e il cabaret, o stand up comedy che dir si voglia, mi ha permesso di infondere nelle mie storie un velo d’umorismo.
Possiamo già chiederle se sta lavorando a nuovi progetti?
In realtà ne sto continuando uno “vecchio”, sto infatti scrivendo il terzo episodio di una pentalogia sensoriale della quale fanno parte L’annusatrice di libri e La ragazza con la macchina da scrivere. Il mio progetto prevede cinque romanzi, indipendenti tra loro ma legati dalla ricorrenza di alcuni personaggi, ognuno dei quali dedicato a uno dei cinque sensi. Ne L’annusatrice di libri ho celebrato l’amore per la lettura attraverso l’olfatto, ne La ragazza con la macchina da scrivere ho raccontato la scrittura non dal punto di vista creativo bensì tattile, e nel romanzo al quale sto lavorando volgerò lo sguardo, o meglio l’orecchio, al senso dell’udito.