Cosa hanno in comune il mondo dei commerci e quello dell’arte museale?
Per rispondere a questa domanda, bisognerebbe indagare la natura umana e la sua complessità. Però, qualcosa mi dice che esiste una comunione tra le apparenze materiali e l’antica arte della filosofia.
Quest’ultima, infatti scruta il senso delle cose e della vita, tenta di trovare risposte, e poi offre visioni dilatate, aiuta il pensiero a diventare critico, ad andare oltre ciò che vediamo, placa in un senso lato le nostre necessità.
Pensare a due anime, a due mondi e al loro comune denominatore, sforzarsi di capire il nesso tra materia e spirito, potrebbe essere un esercizio utile per menti che desiderano brillare. La nostra natura umana ci porta a valutare desideri e urgenze meramente “umane”, vale a dire tangibili. La materia poi si fonde con il corpo e con quella condizione che ci condanna al declino: la salute e la sua instabilità. In questa mescolanza di tratti s’insinua un altro elemento che ci caratterizza: il valore e il sentimento, il cosiddetto pathos.
Il marketing e le sue strategie fanno un po’ come la filosofia: sono alla continua ricerca di risposte, e di esperienze da proporre al consumatore. In una fase più ampiamente evolutiva che arriva fino ai nostri giorni, il mondo della materia, attraverso il marketing vuole emozionare, offrire soluzioni materiali, ma anche sollievo per l’anima e i suoi bisogni.
Forse, è proprio su questi presupposti e concetti che nascono i musei aziendali. Si tratta, certamente di una trovata geniale – senza per questo abbandonare la sua vocazione commerciale - un museo aziendale vuole non solo promuovere, ma anche raccontare una storia, scoprire la propria identità. Lasciare che quest’ultima si mescoli con il visitatore-cliente e la sua storia, suscitando emozioni.
Il valore del tempo in un museo è centrale. Ecco come cose inanimate prendono forma e si trasformano in identità e memoria. Un luogo dove rivivono cimeli e modi di fare, può accoglierci così come conserva e tramanda, come diffonde il suo patrimonio culturale, che diventa essenza allargata e condivisa.
Musei aziendali italiani
La cultura dei musei aziendali nasce nel Novecento, esattamente nel secondo dopoguerra. L’Italia, grazie alla sua ampia tradizione industriale e manifatturiera, nonché culinaria, ha al suo attivo un discreto numero di musei che celebrano il “saper fare” nostrano.
Tra i più importanti, possiamo ricordare il Museo Ducati, il museo aziendale dedicato all’Alfa Romeo, Museo Branca e Spazio Strega, il Museo Ferrari. Ma questi sono solo alcuni fra tanti.
Museo Perugina, una storia italiana
Tra questa vastità di esposizioni, un posto particolare lo occupa il Museo Perugina. La società nata nel 1907 come laboratorio di confetti ha attraversato tutta la storia italiana e ben due guerre. Il primo negozio, la prima tavoletta di cioccolato e il bacio sono solo alcune delle tappe di un’impresa che continua a essere un emblema del Made in Italy, anche se di italiano oggi resta ben poco.
Le tappe memorabili di Perugina
Nel 2007 per celebrare il centenario dell’attività, nasce la Casa del Cioccolato, un percorso ricco di emozioni che attraversa la fabbrica, il Museo, la scuola di Cioccolato con i corsi dei Maestri Pasticcieri. Nel 2008, invece l’azienda apre l’asilo nido Perugina, mentre l’anno successivo grazie al progetto Sole Amico vengono installati parchi fotovoltaici per autoprodurre energia solare a zero emissioni.
Perugina alle prese con il Secondo dopoguerra
Dopo una serie di vicissitudini nasce all’interno dell’azienda, il Consiglio di fabbrica, con l’intento di creare partecipazione. I frutti di quell’esperienza sono arrivati nel tempo: parità uomo-donna, investimenti per l’ambiente, borse di studio per i figli dei dipendenti, maggiorazione turno notturno e festivo, opera assistenza superstiti e circolo sociale.
Nel 1967 Paolo Buitoni, amministratore delegato guidò l’impresa attraverso grandi conquiste. Nel 1969 avviene la fusione con Buitoni e nel 1972 la società IBP - Industrie Buitoni Perugina entra in borsa.
L’ombra delle multinazionali
Nel 1988 Nestlé Italiana Spa acquista Perugina e lancia il marchio in Europa. Nel 2007 venderà gli impianti di produzione di San Sisto alla compagnia svizzera Barry Callebaut.
La storia che segue la svendita della Perugina non è edificante, né degna di ciò che l’azienda ha rappresentato per tanti anni in termini di conquiste.
Per gli abitanti di San Sisto, la Perugina resterà un simbolo di emancipazione e di cultura, di progresso in anni bui, e il grande sentimento di appartenenza non abbandonerà mai quei luoghi. Oggi, al posto della ex fabbrica ci sono edifici fatiscenti, e San Sisto non è più come prima, ma un sito industriale senza anima, dove il cioccolato è sinonimo di produttività e profitti. Il Museo Perugina non si trova qui, ma a Perugia, e un caso vuole che l’indirizzo sia - Viale San Sisto presso stabilimento Nestlé.
Resta un nome, come spesso accade alle cose belle, una casa vuota e il vero valore che ha traslocato.