Compie 20 anni “l’utopia concreta” di aMAZElab, Arte Cultura, Paesaggio laboratorio mobile che ha attraversato l’Europa e il Mediterraneo con mostre, conferenze, performance e seminari nel nome della natura sociale della cultura. aMAZElab, Arte Cultura, Paesaggio, è un network di produzione creativa e di riflessione culturale, capace di dialogare con il territorio locale e quello internazionale, con la memoria e la contemporaneità, percorrendo luoghi inusuali dal Mediterraneo, ai Balcani, al Baltico. Un laboratorio sperimentale impegnato in ricerche sui confini come luoghi dove identità e differenza, soggetto e “altro”, s’incontrano. E insieme una piattaforma mobile e aperta alla produzione di progetti e idee, sensibile alle trasformazioni sociali e ai grandi temi della sostenibilità, della memoria, della migrazione e dei nuovi paesaggi.
L’organizzazione è stata fondata a Milano vent’anni fa, nell’estate del 2000, da un gruppo di curatori internazionali, che hanno portato nella nuova realtà la loro esperienza decennale di promotori culturali, ideando e curando progetti espositivi ed editoriali di grande successo. aMAZElab, Arte Cultura, Paesaggio, ha vinto cinque prestigiosi premi europei, tra cui il premio per il progetto Arcipelago Balkani, due premi per il progetto Atlante Mediterraneo e un premio per la diffusione di arte e cultura tra i giovani nei Paesi del Medioriente.
Si parte proprio da progetti pioneristici come Un biglietto per Baghdad, presentato nel 2009 al decimo Festival Internazionale di Aleppo, in Siria, racconto visivo di un viaggio in Iraq, terra d'origine di tutte le culture del Mediterraneo, effettuato nel 2002, durante l’embargo e gli scambi “oil for food”. Un’esperienza unica d’incontro con scrittori, artisti e gli studenti dell’Accademia delle Belle Arti della capitale irachena realizzata dribblando i controlli della polizia del regime. Le strutture della geo-politica contemporanea affondano a piene mani nelle tematiche dell’occupazione (c’è chi parla di “liberazione”), nelle motivazioni economiche, sociali e culturali. Sulla mappa delle geografie planetarie, l’Iraq si trova tra i target evidenziati in rosso. Nell’ultimo decennio, le immagini che ci giungono da questo Paese sono polverose, fortemente filtrate dai media, dalle cronache di combattimenti, attentati, embarghi. Il Paese ha vissuto lunghi periodi di esilio, in cui arte e cultura hanno assunto forme piuttosto controverse: da una parte la diaspora, con la migrazione dei più significativi talenti. Dall’altra parte un’arte spesso sottomessa al potere, con forme monumentali, omologate. Tra queste due vie, le pieghe della creatività e delle idee hanno continuato il loro percorso nelle maglie sotterranee del Paese.
Quali sono oggi le posizioni degli intellettuali iracheni? Quesito non semplice, al quale cercano di rispondere una serie di figure del mondo dell’arte. Primo tra tutti Latif El Ani, storico fotografo di Baghdad, che attraverso una significativa serie di fotografie in bianco e nero racconta di onirici luoghi archeologici, contrapposti alla crescita urbanistica della città negli anni ’60, col suo espandersi lungo il fiume Tigri. L’indagine fotografica dell’autore si sviluppa nel periodo di maggiore crescita del paese, rappresentando una società prospera, moderna e multiculturale. Proprio a questa rilevante figura della cultura irachena è stato assegnato il Premio come miglior libro fotografico a Les Rencontres Photo di Arles nel 2017. Il suo importante archivio fotografico era stato nascosto e dimenticato per oltre 20 anni, fino alla partecipazione di El Ani alla Biennale di Venezia nel 2015.
Altro autore di rilievo è il ritrattista Hadi Al Najar, artista ben conosciuto per essere stato il presidente della Society of Iraqi Photographers. Il suo più recente lavoro Beyond the City Lights mette in luce gli abitanti della vecchia città di Baghdad, con le sue viuzze strette, gli edifici di epoca ottomana, le luci soffuse. L’autore afferma che “un Paese senza radici è un Paese senza storia”. La sua infanzia si srotola sui gradini di quelle vie del centro storico di Baghdad, strade che ora sono per lo più distrutte o ampiamente trasformate.
Oltre all’Iraq, con la sua cultura millenaria, l’organizzazione aMAZElab ha ideato il progetto di “arte pubblica” Going Public, iniziato per il Festival Filosofia di Modena sui temi delle geografie e dei confini, con artisti e pensatori internazionali, e una rete di attività realizzate nello spazio pubblico sia in Italia che all’estero: Barcellona, Nicosia, Alexandria, Cairo, Istanbul, Tel Aviv, Beirut, Marsiglia, Palermo, Atene, Tangeri, Rotterdam, Kiev, Danzica, Rotterdam, Bristol, Skopie, Sarajevo.
aMAZElab ha inoltre promosso e prodotto progetti internazionali di eco-design, realizzati durante Milano Design Week. Nel 2001 ha ideato il pionieristico programma Green Island, una riflessione sulle ecologie urbane e le aree verdi liminali della città, ispirata alle teorie del noto agronomo francese Gilles Clèment. Da cui il più recente progetto Alveari urbani, per la salvaguardia degli impollinatori e della biodiversità urbana, vincitore del Premio EXPO in Città 2015 e Prince Claus Fund, con arnie disegnate da artisti e da giovani designer, installate in spazi verdi pubblici e gestite dalle comunità locali.
Oggi aMAZElab è una delle realtà culturali non profit più operose in Italia, con sede in Zona Isola Milano, uno dei quartieri più vivaci e in fermento della città. L’organizzazione continua a operare attraverso una creatività pulviscolare, diffusa, interdisciplinare, con attività e produzioni quali: progetti editoriali, magazine e pubblicazioni; esposizioni d’arte e di fotografia; rassegne di film e video proiezioni; conferenze e seminari; ricerche e corsi di formazione; meeting internazionali; tour e interventi urbani.