Dalla prima edizione a stampa del 1480 circa, il Regimen Sanitatis Salernitanum è pubblicato, quasi sempre nella versione breve, in molte città europee e tradotto in varie lingue: si contano «nel 1852 33 traduzioni (o nuove edizioni di traduzioni) in tedesco, 14 in francese, 9 in inglese, 9 in italiano, una in ceco, una in polacco e una in olandese». E con le traduzioni, esso diventa patrimonio della cultura di ciascun paese che lo attualizza e lo lega alla propria storia: il genius loci si interseca con gli aforismi, come appare evidente dalla lettura delle prefazioni o dall'esame delle incisioni che talvolta adornano i frontespizi. Questo testo è la traccia, non solo degli interessi di ciascun paese per un genere particolare, ma anche di un possibile percorso iconografico dell'editoria europea nei vari secoli, percorso che, attraverso le immagini, spesso incontra altre discipline: il teatro, la religione, la storia, la letteratura, solo per citarne alcune.
Corredato da voluminosi commenti, il più famoso è quello attribuito ad Arnaldo di Villanova, seguito da quello di Renato Moreau, dottore parigino; di Zacharia Silvio, dottore di Rotterdam; di Giovan Francesco Lombardi; di Reginald Bruytsma, dottore di Mechlin e, più noti di tutti, Giovanni Curio e Giacomo Crellio, due dottori di Erfurt.
Le prime edizioni sono stampate a Colonia, Lovanio, Besançon, Lione, Strasburgo, Venezia, Parigi, insieme a Londra e a Francoforte, tutte città sedi di prestigiose Università o, come nel caso di Venezia, al servizio dello Studium padovano, oppure al centro di importanti vie di comunicazione, come Strasburgo.
Da qualche anno sono stati censiti gli incunaboli, i primi libri stampati a caratteri mobili, del Regimen Sanitatis in possesso di molte biblioteche: fino al 1505 se ne contano 33 edizioni. In poco più di venti anni, dunque, agli albori della stampa, questo testo ha già un pubblico così vasto da richiedere che Giovanni di Westfalia, a Lovanio per circa cinque anni ne ristampi un’edizione l'anno.
Gli artigiani e una parte del basso clero, taluni signorotti pressoché ignoranti, una parte dei grandi mercanti di poca istruzione sono esempi del «popolo» dei lettori che inizialmente acquistano il Regimen Sanitatis Salernitanum. In queste pagine essi non avvertono il disagio di una formazione culturale rudimentale. Le loro conoscenze frammentarie non si integrano con l’ordine degli studi del «Quadrivio», che permette di padroneggiare i segreti dei numeri e delle armonie, dottrinali e fisiche, o del «Trivio», essenziale alla comprensione della filosofia.
I libri saggi, i libri degli umanisti non hanno niente che possa attirare questo pubblico. Il Regimen, invece, permette loro di avvicinarsi attraverso una forma popolare a dei contenuti non popolari, senza che essi avvertano l’esclusione dalle élites intellettuali e dai loro saperi enciclopedici. Questo scritto è anche un testo «sovrappopolare»: i suoi versi latini, facili da memorizzare, sono stati recitati da generazioni di medici. La sua funzione, dunque, è anche di semplice consultazione per coloro che non vogliono fare della medicina una professione. A ciò si aggiunge la possibilità di ricavare anche informazioni sanitarie, preziosissime in un'epoca nella quale è veramente difficile reperire medici o chirurghi: per i piccoli interventi, ad esempio, è in uso servirsi di cerretani, barbieri e anche di carnefici, come pure degli speziali per la preparazione dei medicamenti.
Qualunque tipo di intervento che comporta un'azione manuale diretta sul corpo non viene considerato, infatti, degno dell'interesse di un medico che ha il solo compito di diagnosticare malattie e prescrivere rimedi. Per la maggior parte della gente il barbiere-chirurgo è la figura medica più accessibile, l'unica forma di assistenza medica disponibile e anche la sola a cui sono soliti rivolgersi. Al barbiere vengono richieste prestazioni multiple che vanno dalla medicazione di ferite, fratture, slogature, cancrene, al cavar denti, al salasso, una cultura popolare di rimedi esterni, di unguenti, di balsami che affondano le proprie radici anche nella fiducia verso quei rimedi vegetali atti a recar sollievo al corpo ferito e violato.