Spesso mi sono chiesto quali sono le motivazioni per cui, fra le tante, meravigliose terre del Pianeta che ho attraversato, il Borneo è stata quella che mi ha conquistato al punto da indurmi a realizzarne la prima dettagliata e completa guida dell’intera isola.
Quest’enorme isola, la terza per estensione nel mondo e grande due volte e mezzo l’Italia, è un contenitore di grandi bellezze e offre infinite possibilità d’interesse a tutti i tipi di viaggiatori. Tutto qui è superlativo: la flora, ad esempio, supera di cinque volte quella dell’intero continente africano, ed è di vitale importanza per la salute dell’intero pianeta.
Per molti aspetti il Borneo è un’entità separata dal resto del sud-est asiatico, tanto da sembrare un “continente” a parte, con una propria economia basata su legname e petrolio e una storia distinta dominata da guerre tribali, rajah bianchi e potenti sultanati. Questa guida vuole essere uno strumento utile per tutti coloro che si apprestano a visitare l’isola, in modo particolare a quanti si muovono in autonomia, senza il supporto di altri, con l’intento di “fare proprie” altre culture, altri stili di vita, e vivere il “viaggio” in libertà, come protagonisti e non come semplici spettatori.
Nel perlustrare per anni le diverse provincie del Borneo ho riscontrato di persona che gli habitat e le popolazioni che ne sono parte integrante si sono fusi nel tempo con le storie di uomini eccezionali, europei che in periodi diversi hanno subito, come me, il fascino di una foresta lussureggiante e misteriosa, popolata da genti estremamente interessanti sotto il profilo antropologico e umano. Fra i tanti pionieri mi ha particolarmente colpito la figura di Odoardo Beccari, celebre naturalista dell’800.
Nato a Firenze nel 1843, fin da giovanissimo, Odoardo si rivelò un appassionato botanico e ottenne nel 1864 la laurea in Scienze naturali all’Università di Bologna, dove conobbe Giacomo Doria, illustre patrono del Museo Civico di Storia Naturale di Genova. Insieme decisero di raggiungere il Borneo, dove l’abbondanza e la varietà della flora e dei suoi abitanti rappresentano un laboratorio a cielo aperto senza eguali nel mondo. Prima di imbarcarsi da Southampton, Beccari passò un periodo di studio al Museo Britannico di Londra, dove conobbe il botanico Sir William Hookers, Charles Darwin e James Brooke, il primo rajah bianco del Sarawak. Beccari e Doria giunsero a Kuching il 9 giugno 1865, ospiti del rajah Charles Brooke e della consorte, ma l’anno successivo Giacomo Doria fu costretto a tornare in Italia per problemi di salute, lasciando il compagno di spedizione a continuare da solo la ricerca scientifica. Beccari si adattò benissimo alla vita nella giungla e durante i tre anni di permanenza, trascorsi in gran parte nella foresta, visitò vaste aree del Sarawak e del Kalimantan raccogliendo un’incredibile varietà di materiale inedito sull’ambiente animale e vegetale; raccontò minuziosamente di popolazioni e costumi, oltre a tratteggiare realistici spaccati della vita sociale e politica del rajah bianco Charles Brooke, nipote di James.
Odoardo Beccari è stato descritto come un uomo di bell’aspetto dotato di straordinaria intelligenza, coraggioso e generoso, austero, lavoratore scrupoloso e instancabile. Nel 1868, piegato dall’ennesimo attacco di febbre malarica, fece ritorno in Italia. Negli anni che seguirono esplorò Etiopia, Nuova Guinea, Molucche, Sumatra, Celebes, e sostò di nuovo brevemente nel Borneo. Al rientro in patria venne accolto con tutti gli onori dalle accademie zoologiche più prestigiose d’Europa e divenne direttore del Giardino Botanico del Museo di Firenze. Tuttavia, data la sua intolleranza per la vita d’ufficio si dimise presto appartandosi nei suoi studi.
Nel 1897, la moglie di Brooke, Margaret, durante una delle abituali vacanze italiane, si recò a Firenze da Beccari e lo convinse a radunare le informazioni raccolte nel Borneo in una pubblicazione. Gli appunti collezionati nel Sarawak fra i 21 e i 25 anni vennero così ordinati in una trascrizione letteraria circa trent’anni più tardi. Nel 1902, il lavoro di Beccari fu pubblicato con il titolo Nelle foreste di Borneo (nella versione inglese: Wanderings in the Great Forest of Borneo), un diario di viaggio avventuroso e un prezioso vademecum sulla vita in quell’isola diventato un classico da ormai un secolo. Un riconoscimento ufficiale è giunto anche dal Merdeka Palace Hotel di Kuching, che ha dedicato a Beccari il proprio ristorante con cucina italiana.
Odoardo si mosse in un contesto storico e culturale che diede vita al proliferare di viaggiatori e di avventurieri che dalla vecchia Europa partivano per scoprire nuove terre e culture diverse dalla loro. Uomini i cui destini si incontrarono in virtù della loro ansia di conoscere, di mettere in gioco la loro audacia e la loro vita. Individui in parte dimenticati dalla storia ma che hanno dato un contributo straordinario allo sviluppo della scienza aprendo nuovi orizzonti alle generazioni successive.
Esiste, infatti, un nesso tra il nostro presente, con i contrasti, le contraddizioni, la presenza così influente della tecnologia in una società globalizzata, e la seconda metà dell’Ottocento. Viene da pensare che questo periodo sia connotato da eventi difficilmente comprensibili oggi, per i quali può sembrare anacronistico trovare valori assimilabili alla nostra società. La storia e la scienza ci hanno insegnato che la passione e il desiderio non rappresentano la verità; tuttavia, le imprese di quei pionieri, fra cui molti italiani, hanno ancora oggi un grande valore. Quei viaggiatori, pur con le loro passioni e i loro desideri di affermazione, qualcosa di vero e di attuale ce lo hanno lasciato, in eredità. Odoardo Beccari fu figlio del Risorgimento profondamente segnato dai moti rivoluzionari indipendentisti, dall’Unità d’Italia, dal colonialismo e dal “positivismo” che hanno fatto da sfondo alle storie di uomini eccezionali generando fermenti, passioni e ideali, individuali e collettivi, mettendo in circuito i sogni e le aspirazioni di individui dalle più disparate provenienze culturali, sociali e che fino ad allora avevano svolto attività molto diverse fra di loro: scienziati, viaggiatori, avventurieri, commercianti, giornalisti, scrittori, tutti attratti da nuovi mondi da cui attingere nuove opportunità e conoscenze in tutti i campi e in particolare in quello scientifico, naturalistico e faunistico, ma anche in quello antropologico ed etnologico. Una sete di conquiste, di scoperte e di avventure che in tanti pagarono con la vita o con gravi malattie tropicali.
Questo fenomeno determinò un cambiamento epocale nei costumi e nelle scelte di vita, nelle tendenze e nella moda e il viaggio divenne uno straordinario mezzo per amplificare sogni, fantasie e conoscenze. I nuovi continenti, Americhe, Asia e Africa, il Polo Nord e la Terra del Fuoco offrirono alla ricerca una moltitudine e una varietà di animali e piante mai viste fino ad allora. Animati da una curiosità inquieta furono straordinari interpreti del pensiero positivista che fondava le sue ragioni sul “materialismo” e con esso il progresso delle scienze naturali e della biologia che si concretizzarono nella organizzazione dei dati raccolti sul campo.
Il colonialismo favori enormemente questo esodo scientifico, le popolazioni dominate e asservite diventarono dei trofei assieme al vasto repertorio di strumenti di caccia e di vita degli aborigeni, ma anche le armi e gli animali esotici imbalsamati cominciarono a entrare nei salotti dell’alta società italiana ed europea di allora, mentre venivano allestite mostre e rassegne. I giornali di quel tempo facevano sfoggio di immagini e racconti avventurosi mentre fiorivano filoni letterari che avevano come sfondo terre lontane. Siamo nel 1900 quando esce la prima edizione del celebre libro di Salgari La tigre di Mompracem in cui vengono descritti paesaggi del Borneo con dovizia di particolari da uno scrittore che nel Borneo non ci andò mai. Questo è un esempio significativo delle suggestioni create dai racconti di giornalisti e scrittori, sulle imprese realizzate dagli scienziati di allora come Odoardo Beccari, Alfred Russel Wallace, anch’egli ospite dei Brooke, e Charles Darwin che ispirarono molti esploratori italiani nelle loro spedizioni in angoli diversi del pianeta. Fu proprio in occasione di quei viaggi che Darwin e Wallace elaborarono la teoria sulla evoluzione della specie creando una vera e propria rivoluzione scientifica e culturale.
Il XIX e la prima metà del XX secolo sono stati, dunque, caratterizzati da filosofie di pensiero che hanno aperto nuovi orizzonti geografici e incontri con culture diverse dalle nostre e fra di loro; un tempo che ci appare lontano e fuori dai nostri parametri di vita. Del resto, alcuni antropologi affermano che dalla seconda metà del ‘900 ad oggi il mondo ha vissuto una trasformazione paragonabile allo sviluppo di 6/7 secoli. Le nuove invenzione tecnologiche, la diffusione dei media e delle tecnologie d’avanguardia ci hanno consentito di collegare la realtà alla virtualità per cui oggi riusciamo a conoscere un luogo prima ancora di averlo attraversato e vissuto. Il tempo e lo spazio sono dimensioni della vita che si sono modificate in modo esponenziale e che spesso sfuggono al nostro controllo. Sono cambiati i sogni, i desideri, le aspettative, gli stili di vita mentre il bisogno di avventura resiste ma diventa sempre più estremo e auto-celebrativo. Non riesco a immaginare gli scenari futuri; mi è chiaro, però, che i viaggiatori e i ricercatori di oggi hanno ereditato da coloro che ho citato una piccola parte del loro desiderio di andare oltre il “conosciuto”, di esplorare, toccare con mano i luoghi e le vite di uomini e di donne diversi.