“Si presentava bene, aveva i capelli molto neri, era molto immediato, studiava tanto, un primo della classe. Riservato, un po’ nevrotico, ma lo siamo tutti. La sua parte potente, quella che l’ha portato alla morte, era la capacità verbale. Immediato, sintetico, una sorta di mitragliatrice. Per chi gli capitava contro in un dibattito non c’era scampo. Questo era Mauro. Chi era preso di mira da lui non era contento. All’una i trapanesi correvano a casa per vederlo al tg locale che ridicolizzava la mafia e i mafiosi”.
Compagno di università e movimento studentesco di Mauro Rostagno, ucciso nell’88 in Valderice da chi non era contento, dopo varie vite prese tutte in maniera forte, come disse Adriano Sofri, Gianni Palma descrive l’essere umano che incontrò ragazzo nel ’66, a Trento, e ritrovò morto in Sicilia, a 46 anni. E quel Mauro ammazzato dalla mafia era il Mauro di una volta, del Sessantotto: “Un animale da battaglia. Politico, morale, sociale. Un leader carismatico, fin troppo carismatico”.
Palma, del Gruppo d’iniziativa per il ricordo di Mauro Rostagno che si sta impegnando per erigere un monumento a Rostagno, racconta quell’eccesso di carisma e il gigioneggiare perché lo vide a Milano, dopo la svolta spirituale all’orientale, vestito di bianco con gli occhi bistrati “non era il Mauro migliore, mi creda”. O un giorno del ’68, al lago di Caldonazzo durante un seminario, circondato da persone adoranti, soprattutto donne, e forse una gli pettinava i capelli: “Erano solo dei passaggi, come quando voleva suonare la chitarra o ballare. Non era la sua connotazione. La sua connotazione era in un’assemblea con un microfono, Mauro era un leader, gli altri sparivano. Trascinatore. In grado di parlare in dialetto con gli operai. Con la capacità di distinguere le cose importanti da quelle secondarie, capacità di chi ha una visione di tipo organizzativo potente. A Trento, in realtà, eravamo fin troppo organizzati. Troppi facevano politica e potevamo contare su più persone del sindacato stesso, infatti dopo il Settanta molti andarono via. La nostra linea era radicale, ma non violenta. I katanga di Capanna a Milano, invece, se qualcuno non era d’accordo con loro lo picchiavano”.
Sarà un masso di porfido di dodici tonnellate a ricordare Mauro Rostagno, non un grammo di meno per un uomo così presente nella vita sua e degli altri. Un masso scelto da Jannis Kounellis (1936-2017) durante un sopralluogo di un paio d’ore in una cava. Palma ha incontrato due volte l’artista greco naturalizzato italiano: ”Una persona carismatica, aveva conosciuto Mauro. Generoso, e con noi è stato molto generoso. A ottant’anni era tanto richiesto, ancora sulla cresta del successo, andava spesso a New York, era impegnatissimo, e ci ha concesso il suo tempo; aveva già fatto il disegno per il monumento, ma è venuto a Trento nella primavera del 2016. Poi è tornato in gennaio, con un freddo pazzesco: ha visto un sacco di massi in questa cava enorme, dedicandoci tempo, tanto che il proprietario della cava, colpito, ha offerto la colazione. Si è comportato molto bene, Kounellis, non è da tutti: l’opera sarà dedicata a lui oltre che a Mauro”.
Una trave di acciaio a X di diciotto metri sosterrà il macigno di porfido. Un’opera di dimensioni da antica Roma che proprio nelle vestigia antiche del centro di Trento, castrum romano, ha “inciampato”. Il monumento avrebbe dovuto essere collocato accanto alla facoltà di Sociologia, la prima a essere occupata dagli studenti stufi di come funzionava il mondo, dove Rostagno cominciò le sue vite pubbliche (sarà stato pirotecnico anche in quelle precedenti?) a duecento metri da piazza Duomo, dove appena si scava spuntano resti romani con seguenti blocchi dovuti ai patemi d’animo archeologici noti a ogni cittadino italiano.
E allora, per evitare questi continui impedimenti e divieti, per non sciupare quattrini in tentativi vani, il Gruppo d’iniziativa in ricordo di Mauro Rostagno ha deciso di scegliere un quartiere limitrofo alla città, le Albere. Ce lo racconta Gianni Palma: “C’è un grande prato, sorto dove prima c’era la fabbrica Michelin che non c’è più. Abbiamo fatto tanti scioperi insieme con i sindacalisti amici, quindi è un luogo della memoria. Ora c’è il Muse, il museo della scienza progettato da Renzo Piano, e anche la biblioteca universitaria nuova, tutta di vetro. Dopo la decisione, abbiamo spedito una lettera al sindaco Alessandro Andreatta, che ha seguito il nostro percorso, ai tecnici del servizio edilizio del comune. La delibera per erigere il monumento nel vecchio posto era stata già approvata, questa dovrà essere ripresentata”.
Anche agli eredi di Kounellis sarà presentato le Albere. Un grande prato in città che guarda le montagne.